Ci vuole un soprassalto di simpatia. “Se sperimenti fin da piccolo che il matrimonio è un legame a tempo determinato, inconsciamente per te sarà così”. Ecco una delle frasi che Papa Bergoglio ha seminato in vista del Sinodo sulla famiglia, confidando che il buon seme cada su terreni altrettanto buoni. Le parole chiave di questa frase, o come oggi si dice i tag, sono: matrimonio, legame, tempo determinato, inconsciamente. Inconsciamente è senza dubbio una parola freudiana, considerato che lo scopritore della “terra incognita” detta (pensiero) inconscio — aggettivo dunque, non sostantivo — è Sigmund Freud.
Giacomo B. Contri, settantaquattrenne psicoanalista doc, il primo dei lacaniani in Italia, nel 2014 ha conferito a Papa Francesco il titolo di socio honoris causa della Società Amici del Pensiero-Sigmund Freud. La notizia rimbalzò nell’ottobre scorso fino a Settimo Cielo, il Blog informatissimo di Sandro Magister. Motivo del conferimento, la frase di Papa Francesco nell’intervista a De Bortoli per il Corriere delle Sera (5 marzo 2014): “Non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia di papa Francesco. Quando si dice per esempio che esce di notte dal Vaticano per andare a dar da mangiare ai barboni in via Ottaviano. Non mi è mai venuto in mente. Sigmund Freud diceva, se non sbaglio, che in ogni idealizzazione c’è un’aggressione. Dipingere il Papa come una sorta di superman, una specie di star, mi pare offensivo. Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha amici come tutti. Una persona normale”.
Pensieri in linea con Freud, e anche con Crozza, che nel suo sketch “Papa Francesco e il frigorifero”, ha ottimamente rappresentato la caricatura del super-altruismo: il bersaglio da cui con poche semplici frasi il Papa si è brillantemente sottratto.
Al suo rientro dal viaggio nelle Filippine il Papa si trattenne con la stampa parlando con altrettanta efficacia dell’ideologia post-moderna del gender, di cui squarciò il velo con due semplici mosse qualificandolo come nuova colonizzazione — in America Latina di colonizzazione se ne intendono —; nell’udienza del 15 aprile scorso è tornato a farlo usando il termine di rimozione (verbo squisitamente freudiano) della differenza sessuale. “Rischiamo un passo indietro, la rimozione della differenza infatti è il problema non la soluzione” ha detto il Papa. Dopo il pugilistico uno-due, mandato a segno in surplace, la sua analisi è proseguita a braccio, come uno che se ne intende di suo, che non ha bisogno dello spin doctor, o del suggerimento dell’iper specialista: “mi chiedo se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza perché non sa più confrontarsi con essa”.
Osservazione elementare — se la si sa fare — che riconduce le forme moderne della crisi dell’alleanza uomo-donna ad una difficoltà vissuta come insormontabile, trasformatasi in inibizione prima, in preclusione poi, e ultimamente in teoria filosofica sistematizzata con ambizioni politiche. Non a caso il Papa la prende alla lontana, da Adamo e Eva addirittura: «Così — ha affermato nell’udienza del 29 aprile parlando del diritto alla parità salariale della donna, tema del bel film We want sex del regista Nigel Cole (2010) — facciamo la brutta figura di Adamo, che per giustificarsi di aver mangiato la mela ha risposto al Signore: Lei me l’ha data”.
Il pensiero del Papa irrita i radical chic di Confindustria che delle nuove frontiere omosex (e spiccioli) hanno fatto una tamburellante linea editoriale, ma spiazza anche i fan della famigli(ol)a tradizionale, i critici dell’emancipazione femminile, i pro-life ad ogni costo, gli atei-cristiani, o teo-con che dir si voglia e i nostalgici del “glorioso futuro alla spalle” convinti che in altri tempi, magari non quelli storici, ma almeno quelli biblici, le cose (tra uomo e donna) andassero benone. Niente da fare. O meglio tutto ancora da fare, è la tesi del Papa. L’avventura di Adamo e Eva non è alle spalle, ci sta davanti e inizia daccapo ogni giorno, tra uomini e donne che provano e riprovano la messa a punto del loro legame.
“Possiamo dire che senza l’arricchimento reciproco in questa relazione — nel pensiero e nell’azione, negli affetti e nel lavoro, anche nella fede — i due non possono nemmeno capire fino in fondo che cosa significa essere uomo e donna”. Il Papa punta sul vantaggio, su uomo&donna soci di una società aperta al bene comune: “i cristiani non si sposano solo per se stessi: si sposano nel Signore in favore di tutta la comunità, dell’intera società”. Punta “su un soprassalto di simpatia per questa alleanza”. Sarà il fascino per la riuscita del rapporto uomo&donna a rimettere in gioco una bussola per i moderni perplessi. Cercarne le tracce, e trovarne, nell’esperienza, nella letteratura, nel cinema, valorizzare le riuscite, stimolare con la critica, è il compito proposto dal Papa agli intellettuali chiamati a farsi organici al successo dei destini individuali di uomini&donne. Il Papa li invita a non trattare il legame matrimoniale come se fosse un tema “diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta”.
Compito non facile, dunque. Per non perdersi (d’animo) suggerisco di iniziare con la lettura della serie di articoli di Angela Pucchetti dedicati alle grandi storie d’amore milanesi: Ottavio Missoni&Rosita Jelmini, Kirizia&Aldo Pinto, Andrèe Ruth Shammah&Franco Parenti eccetera. Magari per continuare con Agassi&Steffy Graff, Bill Gates&Melinda Ann French, senza dimenticare Bill de Blasio&Chirlane McCray… Altri suggerimenti saranno i benvenuti. Buona ricerca a tutti.