Forse non è tra i personaggi Disney che nel corso degli anni, anzi dei decenni, sono stati più amati dal pubblico, come il virtuoso Topolino o il simpaticissimo Paperino, ma Paperon de Paperoni, il papero più ricco del mondo, ha indubbiamente il suo fascino e possiede uno zoccolo duro di ammiratori entusiasti. Così Milano gli ha voluto dedicare una mostra, che resterà aperta fino a settembre, allo Spazio WOW-Museo del fumetto, Viale Campania 12, dove si potranno ammirare diverse opere – tra cui parecchie tavole originali – che illustrano la vita e le opere del papero uscito nel 1947 dalla fantasia della Walt Disney, e in particolare dal grande artista Carl Barks, che di Paperone fu il creatore, con il nome originale di Scrooge Mc Duck.
Scrooge richiama immediatamente a una delle fonti di ispirazione di Barks, Il Cantico di Natale, una delle opere più celebri dello scrittore inglese vittoriano, cantore dei buoni sentimenti, della filantropia, della solidarietà. Valori che nella spietata Inghilterra vittoriana che arricchiva pochi fortunati e che vedeva enormi masse di poveri sopravvivere a stento nei tuguri dei grandi centri industriali come Londra, Birmingham, Liverpool, Glasgow, non era superfluo ricordare e sottolineare. Il personaggio di Scrooge/Paperone della Disney vide invece la luce nell’America del dopoguerra, che si era lasciata alle spalle il capitalismo virtuoso con radici calviniste dell’800, nonché il welfare state rooseveltiano.
Nel mondo del nuovo capitalismo rampante, finanziario, speculativo, la figura di Paperon de Paperoni era tutto sommato obsoleta fin dall’inizio. Paperone era la memoria storica del sogno americano dell’800, dell’emigrante che giungeva nel Paese delle opportunità. Zio Paperone, bisogna sottolinearlo, è infatti un emigrante. Nato in Scozia (e ciò ne spiegherebbe la proverbiale avarizia) da famiglia poverissima, dopo aver iniziato a dieci anni a lavorare come lustrascarpe, emigra negli States a cercare fortuna. La sua ricetta è molto semplice: per sfuggire alla miseria occorre diventare ricchi. Più facile a dirsi che a farsi, ma la storia del nostro papero è lì a dimostrare che ce la si può fare. Soprattutto ci mostra che è possibile farlo in modo assolutamente onesto. Paperone ha fatto tutti i suoi fantastilioni in modo assolutamente onesto, senza mai rubare, senza prendere tangenti, senza evadere il fisco. Una moralità cristallina, la sua, come gli era stata insegnata dai suoi vecchi, nella povera ma dignitosa Scozia. Paperone è l’esempio di ciò che le persone potrebbero ottenere se messe in grado di guadagnarsi da vivere attraverso il loro talento e la loro creatività.
Il segreto del successo di Paperone sta nel duro lavoro, nella dedizione a esso, nel risparmio. Utopia fumettistica? Eppure è quanto diceva la prima enciclica sociale della Chiesa Cattolica, la Rerum novarum, scritta quando Paperone era un ragazzo impegnato nella corsa all’oro del Klondike. E visto che la madre di Paperone, Piumina O’Drake, aveva evidenti origini irlandesi, non è da escludere che il giovane papero di Glasgow fosse nato nella fede cattolica.
I principi di Dottrina sociale della Chiesa cattolica si può dire che in affondino le proprie radici nell’esperienza benedettina dell’Ora et labora, ed espressi modernamente nella dottrina di Papa Leone XIII arrivavano a sostenere che era necessario trasformare i poveri – i proletari secondo il lessico marxista – in proprietari, in una visione che di fatto superasse le idolatrie moderne delle ideologie che idolatrano il successo, il denaro – come avviene nel capitalismo – o lo Stato e i suoi percorsi di autoesaltazione, dimenticando che i governi dovrebbero esistere per il benessere dei governati, e non per se stessi.
Da questo punto di vista bisogna ammettere che il percorso di Paperone non coincide esattamente con la Dottrina sociale: Paperone è un individualista, è una persona, un piccolo papero che ha sfidato il mondo e ce l’ha fatta, ma è rimasto orgogliosamente solo, blindato nel suo deposito, che è una sorta di versione moderna di un castello medievale. Egli, trapiantato in America, non ha perso le sue virtù e i suoi vizi di scozzese: lo sostiene l’orgoglio, il senso dell’onore, il desiderio di riscatto per se stesso e per la sua famiglia, anticamente nobile e prestigiosa, ma in seguito decaduta per causa di spregiudicati arrivisti, di intriganti avversari che avevano saputo usare ogni mezzo pur di eliminare i probi Mc Duck/de Paperoni.
Forte dell’esperienza del passato, Zio Paperone non intende perseguire la malinconica dignità dei vinti. Per questo non si può non amarlo, nonostante la sua avarizia, nonostante la sua scarsa sensibilità nei confronti dei meno fortunati, a cominciare dal nipote Paperino. Non si può non ammirare la sua determinazione e la sua straordinaria curiosità: quella che lo ha portato a cercare tesori preziosi in ogni parte del mondo. Questo è stato il più avventuroso e affascinante dei metodi usati per arricchire, ed è simbolicamente la manifestazione del genio umano che cerca, che indaga, che viaggia alla ricerca di beni preziosi da recuperare.
Forse solo un pretesto per realizzare fumetti avvincenti, ma anche una metafora dell’irrequieto spirito umano in cerca di un bene che possa soddisfare pienamente la sete del suo cuore.