Sabato 4 luglio 1925, alle sette di sera, entrava in paradiso il beato Pier Giorgio Frassati, l’incorruttibile, il Robespierre della Compagnia dei Tipi Loschi, nome che aveva dato al gruppo di amici con i quali, raggiunta la laurea in ingegneria, intendeva stringere una fraternità “che non conosce confini terreni e limiti temporali”. 



Sono passati novant’anni da quel giorno in cui quel giovane senza patria, chiamato in casa il puro folle, lasciava la sua patria terrena, Torino, per entrare “nella sua vera Patria a cantare le lodi di Dio”. Il tema della patria di Pier Giorgio è stato quest’anno il tema dell’annuale settimana che i Tipi Loschi di Grottammare (San Benedetto del Tronto) hanno dedicato a Pier Giorgio Frassati. Gesù ha conosciuto l’estraneità della sua patria, nella quale non ha potuto compiere alcun prodigio; anzi si meravigliava dell’incredulità dei suoi compaesani. Questo è il giorno in cui dobbiamo chiederci qual è la nostra vera patria. La patria è il luogo umano che ci da i natali, dove viviamo la nostra vita terrena con i suoi affetti, le sue gioie e i suoi dolori, ma seguendo l’insegnamento di san Paolo dobbiamo ricordarci che non è questa la patria definitiva. 



Chi si accontenta della patria del mondo vivacchia; chi anela alla vera patria vive. Risuonano ancora le parole del beato Frassati che Papa Francesco ha rilanciato il 21 giugno scorso ai giovani accorsi a Torino per trascorrere con lui ore indimenticabili. A questi giovani il Papa ha ricordato che  “è brutto vedere un giovane ‘fermo’, che vive, ma vive come — permettetemi la parola — come un vegetale: fa le cose, ma la vita non è una vita che si muove, è ferma. (…) a me danno tanta tristezza al cuore i giovani che vanno in pensione a 20 anni! Sì, sono invecchiati presto… (…) quello che fa che un giovane non vada in pensione è la voglia di amare, la voglia di dare quello che ha di più bello l’uomo, e che ha di più bello Dio, perché la definizione che Giovanni dà di Dio è ‘Dio è amore’. E quando il giovane ama, vive, cresce, non va in pensione. Cresce, cresce, cresce e dà”.



Ecco descritta in queste parole l’affascinante vita del beato Frassati, nato a Torino il 6 aprile 1901 da una famiglia dell’alta borghesia e morto a 24 anni il 4 luglio 1925 per una poliomielite fulminante contratta in una delle soffitte di poveri che egli andava a visitare quotidianamente. Egli era un universitario, ma non si limitava allo studio o alla carriera. Per lui essere universitario voleva anche dire uscire tutte le sere sia a Torino che a Berlino per andare a servire i poveri. 

La figura del beato Frassati cresce sempre di più nel tempo, modello per tutti i giovani e gli adulti che non si accontentano di vivacchiare ma vogliono vivere intensamente la realtà della patria terrena e di quella celeste. Questo significa vivere controcorrente, come ha ricordato sempre il Papa. Nello stesso pomeriggio, parlando ai Salesiani Papa Francesco ha ricordato che alla fine dell’ottocento c’erano le condizioni peggiori per andare avanti. C’era la massoneria, c’erano i mangiapreti… eppure quanti santi e sante sono nati a Torino perché sono andati controcorrente. Pensando a don Giovanni Bosco, pensando al beato Pier Giorgio Frassati, pensando al vangelo che questa sera viene proclamato in tutte le chiese del mondo, pensando ai martiri di oggi chiediamo la grazia di innamorarci di quella vera patria che ci porta a non scartare nulla di quello che siamo chiamati a vivere in questa patria.