“Molti hanno parlato di tragedia greca. Io rispetto le norme che disciplinano l’Eurozona. Ma Sofocle ci ha insegnato che esiste un momento in cui il diritto degli uomini vale sopra la legge. Questo è uno di quei momenti”, queste sono le parole che Alexis Tsipras ha pronunciato davanti al Parlamento Ue.
Come i lettori del sussidiario certo sapranno, nella tragedia di Sofocle, Antigone, si contrappongono due visioni del diritto, o della legge. Antigone, che contro l’editto di Creonte dà sepoltura al cadavere del fratello Polinice, trasgredisce infatti il divieto del tiranno di Tebe, il quale per questo la condanna a essere rinchiusa in una caverna, dove Antigone si suiciderà. Quando Creonte si rivolge ad Antigone chiedendole: “Conoscevi l’editto che vieta proprio ciò che hai fatto?”, Antigone afferma di conoscerlo ma di aver trasgredito questa norma, questa legge scritta, “perché questo editto non Zeus proclamò per me, né Dike, che abita con gli dei sotterranei. No, essi non hanno sancito per gli uomini queste leggi; né avrei attribuito ai tuoi proclami tanta forza che un mortale potesse violare le leggi non scritte, incrollabili, degli dei, che non da oggi né da ieri, ma da sempre sono in vita, né alcuno sa quando vennero alla luce”.
Per Antigone rendere gli onori funebri al fratello è più forte di qualunque editto o legge dello Stato. Si contrappongono così due diverse concezioni della giustizia, il cui conflitto è senza soluzione, ossia finisce in tragedia. Antigone antepone infatti alle leggi scritte di Creonte le leggi non scritte, ossia i principi etici sentiti dalla persona come inviolabili, imprescindibili, in un certo qual senso, “naturali”. La concezione della giustizia di Creonte è quella del rispetto e della subordinazione dell’individuo alla legge dello Stato che ben si riflette nell’affermazione del tiranno secondo cui “chi è onesto con i propri familiari sarà giusto anche con i suoi concittadini”. Non a caso Hegel, che definiva Antigone “celeste”, privilegiava la legge scritta, la legge dello Stato, la legge del potere politico, rappresentata nella tragedia da Creonte, più evoluta, secondo il filosofo tedesco, rispetto al diritto famigliare rappresentato da Antigone, pur considerandolo anch’esso legittimo.
Queste diverse e contrapposte concezioni non trovano, e non potevano trovare composizione in Sofocle: Antigone si suicida, Emone, figlio di Creonte e suo fidanzato, si toglie la vita e così pure Euridice, moglie di Creonte. Creonte sopravvive, è vero, ma riconosce, troppo tardi, la catastrofe a cui ha portato il suo comportamento.
Una catastrofe, e una tragedia, che oggi nessuno Stato, nessuna Comunità europea, può permettersi di ignorare.