Mi ha rallegrato fino alla commozione la decisione di Papa Francesco di istituire anche per i cattolici la “Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato”, da fissarsi ogni anno il 1° settembre. Perché si tratta di un’iniziativa colma di significati coraggiosi e consolanti. Questa data, infatti, già dal 1992 aveva visto una simile iniziativa da parte di Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli. A solo un anno dalla sua elezione alla cattedra di S. Andrea “il Primo Chiamato” (così viene ricordato nella Chiesa bizantina il fratello di S. Pietro) aveva voluto richiamare l’attenzione di tutti su una dimensione essenziale per imparare nuovamente un cristianesimo capace di “fare pace”, integralmente, con ogni creatura di Dio.



I 23 anni passati da allora sono stati anni di grande cambiamento e progresso nei rapporti tra Costantinopoli e Roma: ricordiamo i viaggi di Bartolomeo in Vaticano e di Giovanni Paolo II e dei suoi successori al Fanar, ma anche la crescita dei rapporti personali che per la prima volta nella storia di una millenaria divisione hanno visto Bartolomeo presente a momenti fondamentali per la vita della Chiesa cattolica come, ad esempio, ai funerali di Giovanni Paolo II e alla celebrazione per l’inizio del pontificato di Papa Francesco. Contemporaneamente a questi gesti di positivo intreccio nella vita delle Chiese, in questi 23 anni il patriarca Bartolomeo ha offerto un ricco e profondissimo magistero relativamente alla cura per il Creato, al quale si è voluto ricollegare espressamente Francesco nelle prime pagine dell’enciclica “Laudato si'”.



E le frasi di Bartolomeo citate nell’enciclica sono di essenziale importanza per comprendere il senso della giornata del primo settembre. Scrive infatti Francesco, citando Bartolomeo: “Bartolomeo ha richiamato l’attenzione sulle radici etiche e spirituali dei problemi ambientali, che ci invitano a cercare soluzioni non solo nella tecnica, ma anche in un cambiamento dell’essere umano, perché altrimenti affronteremmo soltanto i sintomi. Ci ha proposto di passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere, in un’ascesi che «significa imparare a dare, e non semplicemente a rinunciare. E’ un modo di amare, di passare gradualmente da ciò che io voglio a ciò di cui ha bisogno il mondo di Dio. E’ liberazione dalla paura, dall’avidità e dalla dipendenza». Noi cristiani, inoltre, siamo chiamati ad «accettare il mondo come sacramento di comunione, come modo di condividere con Dio e con il prossimo in una scala globale. E’ nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta»” (Laudato si’, n. 9).



La cura per il creato, dunque, davvero è qualcosa che dobbiamo imparare, e possiamo farlo solo innanzitutto nella preghiera, per evitare ogni moralismo riduttivo: perché l’ecologia in accezione cristiana non è affatto semplice rivendicazione o accusa o contrapposizione in nome di una natura che troppo spesso rischia di essere idolatrata, bensì cammino di crescita nella libertà di donarsi e nella liberazione dalla paura e dalla dipendenza. E che è possibile solo quando la relazione che Dio stabilisce con noi diviene per noi paradigma della relazione con i fratelli, come una vera comunione “orizzontale” (con il prossimo) perché “verticale” (con Dio).

Con questa sua iniziativa, Francesco mostra come il compito di Pietro sia anche quello di “confermare i suoi fratelli” mostrando loro dove e come Dio agisce e attraverso chi Dio agisce. Ancora si realizza per noi quello che accadde all’inizio: fu Andrea a conoscere per primo Cristo e a condurre da lui Pietro, ma poi Pietro seppe accogliere il dono fattogli dal fratello Andrea con una totalità, e una apertura, che gli valsero una particolare amicizia da parte di Cristo. 

Che un Pontefice romano riconosca in un’iniziativa della Chiesa ortodossa un bene prezioso, da condividere e proporre per tutta la Chiesa cattolica, non è solo un atto di cortesia. E’ un gesto concreto che offre un altro tratto di cammino comune e possibile fin da ora in vista dell’unità della Chiesa, come ha sottolineato lo stesso Francesco, quando ha affermato che con “il caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo” condividiamo “la speranza della piena comunione ecclesiale” (Laudato si’, n. 7).

Infine, dobbiamo ricordare che la scelta del primo settembre non fu casuale, da parte di Bartolomeo: da sempre, infatti, questo giorno (l’antica Indizione) segna l’inizio dell’anno liturgico bizantino, e dunque un momento nel quale si ricomincia, si apre una pagina nuova nella storia in cammino verso Cristo. Non è affatto cosa da poco che questa pagina nuova, da quest’anno, venga aperta insieme nel segno di una comune cura per la realtà creata. E nel desiderio che presto l’ambito della comunione possa esserci ridonato, nuovo e completo.

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