“L’iniziativa di Cristo si identifica con chi Egli sceglie e afferra. Il Metropolita Antonij di Suroz è stato scelto per evidenziare l’iniziativa di Dio in una situazione di 3 milioni di russi che dopo la rivoluzione si trovano in Europa senza patria, dopo la diaspora di chi aveva perso tutto. La sua figura è stata suscitata anche per la nostra crescita“. Così ha introdotto la mostra mons. Francesco Braschi, dottore della Biblioteca ambrosiana e presidente dell’associazione Russia Cristiana.
“Dio ci ha permesso oggi di incontrarci“: così iniziò il metropolita Antonij una sua predica, ci ha ricordato Aleksandr Filonenko che ha sottolineato come in questa affermazione ci sia tutta la sua teologia dell’incontro. Filonenko ha poi ricordato un’altra frase del metropolita: “Ogni incontro viene da Dio, perché ogni incontro è l’istante in cui le persone si trovano faccia a faccia, a volte per un brevissimo istante, ma nello stesso tempo anche per sempre, poiché, quando ci si incontra con il cuore, con fede, carità, con una speranza comune, nel segno della comune croce, nella luce della comune vittoriosa resurrezione che verrà, ormai non ci si può più separare, le distanze terrene non separano più le persone“.
Negli interventi che si sono succeduti è emerso un filo rosso, un fatto che ha suscitato lo stupore e la commozione di chi ascoltava: un inaspettato parallelismo, una consonanza vera di vita e di fede tra il metropolita Antonij, vescovo ortodosso in Inghilterra, e don Luigi Giussani. Non solo nella loro testimonianza, ma in ciò che hanno generato, un popolo che esprime la sua cultura e la sua concezione della vita nel Meeting di Rimini.
Si tratta infatti di un’amicizia che è nata e si è rafforzata qui al Meeting, prima con la mostra su Dostoevskij poi nella mostra sui martiri del XX secolo. Un’amicizia in Cristo che permette di vivere tutto, anche la guerra che si sta consumando in Ucraina.
“Sia Antonij che Giussani hanno cercato dopo la seconda guerra mondiale di rifondare l’Europa” ha detto Constantin Sigov, aggiungendo che la grande domanda che dobbiamo porci è: “Siamo testimoni che Cristo è la risposta? Non c’è un’altra strada: o noi testimoniamo l’assenza di senso o la presenza di senso. Perciò siamo chiamati al martirio perché martire è il testimone, il punto non è il sangue, ma la testimonianza di chi dice di non avere paura, perché Cristo è la risposta alla nostra mancanza“.
Il poeta Dimitrij Strotsev ha ricordato un altro tratto che accomuna Giussani e Antonij, cioè il fatto che entrambi credono nella parola poetica e questo perché “il discorso poetico deve riproporre sempre una novità che ci colma di stupore. Così Cristo ci arriva come una novità inesauribile. Mai perdere la capacità di stupirsi“.
L’incontro è stato quindi la testimonianza, che la stessa mostra esprime, di cosa genera l’amore a Cristo, centro di tutto: la gioia, la baldanza, la gratitudine e un popolo che questo amore sa vivere anche nel terzo millennio.
Sovvengono infine le parole che Giovanni Paolo II pronunciò qualche anno fa: “Voi non avete patria perché voi siete inassimilabili a questa società“, e il commento che fece al proposito don Luigi Giussani: “Non ha patria colui che riconosce la presenza di Cristo — una presenza diversa da tutte le altre — nella propria vita, talmente riconosce questa presenza che è essa stessa a determinare la modalità di veduta, la modalità di percezione, quindi la modalità di giudizio è la modalità di comportamento. È’ una Presenza che penetra tutto il tempo, come il significato penetra ogni istante e ogni brandello di cosa“.