Numerose le celebrazioni degli 800 anni dalla firma della Magna Charta, che il re d’Inghilterra John Lackland fu costretto a concedere ai baroni del Regno d’Inghilterra, propri feudatari diretti, presso Runnymede, il 15 giugno 1215. In occasione di una commemorazione tenutasi nel Surrey il primo ministro Cameron ha ribadito l’importanza storica della Charta che ha dato forma al mondo, aiutando a promuovere giustizia e libertà ed alterando per sempre “l’equilibrio fra i governati e il governo”.
Ma qual è la vera eredità di questo documento e quale fu la sua reale portata storica? Solo quattro delle clausole che furono redatte fra i baroni medievali e il sovrano sono ancora da ritenersi valide, a detta dei giuristi. Molti di essi sostengono che più che il dettato delle clausole in vigore, alcune chiaramente obsolete perché rispecchiano il periodo in cui la Charta fu redatta, quello che conta è lo spirito di democrazia che dal 1215 sarebbe stato infuso nella common law. Sir Edward Coke, il più grande giurista della tarda età elisabettiana e dell’età Stuart, ne utilizzò i principi fondativi nelle battaglie per resistere allo strapotere di Carlo I, trasformando la Magna Charta idealmente da elenco di norme feudali a documento fondativo della democrazia inglese, e poi non solo inglese.
La guerra d’indipendenza americana e la Dichiarazione di indipendenza del 1812 dei neonati Stati Uniti d’America sono state forse il caso storicamente più eclatante di “esportazione” della rifondata Magna Charta negli States, dove essa è oggetto di profonda ammirazione, icona di democrazia assieme alla Declaration of Indipendence del 1776 e alla American Constitution (e suoi sviluppi) del 1787.
Il fatto che l’anniversario degli 800 anni coincida con la richiesta del governo inglese di riscrivere le relazioni della Gran Bretagna rispetto alla convenzione europea sui diritti umani aggiunge pregnanza di attualità a quello che potrebbe apparire come una semplice commemorazione.
Ma un esempio della vitalità dirompente di questa vecchia pergamena è il progetto, lanciato nel 2014, di sir Tim Berners-Lee, l’inventore del world wide web, di creare una Magna Charta online, per proteggere l’indipendenza del web e di quanti lo usano dagli attacchi dei governi e delle grandi corporazioni, per arrivare a creare una “costituzione” globale — un “bill of rights”, una serie di principi che possano essere sostenuti dalle istituzioni pubbliche.
La Dichiarazione dei diritti di internet, con 14 articoli su diritto alla privacy, neutralità della rete e libertà d’informazione ed espressione, recentemente presentata alla Camera dei deputati italiana, dovrebbe in novembre giungere in Brasile all’Internet Governance Forum 2015, al cospetto proprio di Tim Berners-Lee. Per tutelare, forse proprio attraverso una Magna Charta di internet, quello che sembrerebbe essere oggi il bene di maggior valore: la conoscenza.