In questi ultimi decenni il tema della fuga dei nazisti dopo il 1945 è stato oggetto di romanzi e di film. In qualche caso, alcuni autori si sono avventurati lungo i non facili percorsi del lavoro storico con esiti deboli, per diversi motivi. Da una parte, l’analisi delle fonti è stata parziale, e non è stato possibile effettuare delle valide analisi comparate o dei riscontri con un metodo a rete. Dall’altra, mentre gli storici più vicini alle università hanno preferito circoscrivere i loro studi (anche per questioni di tempo e di costo), dall’altra, alcuni romanzieri e giornalisti hanno inteso delineare un “quadro storico” inserendo, però, degli elementi “a effetto”, dei dati — cioè — capaci di attrarre il lettore verso una piacevolezza di racconto. Tale situazione ha avuto come epilogo quello di alimentare confusione (nel migliore dei casi), inesattezze (con ampia frequenza), errori evidenti (in molteplici situazioni), e totali silenzi (nel peggiore dei casi).



Per questione di spazio, ci si limita ad affrontare solo l’ultimo aspetto: quello dei silenzi. I silenzi più gravi riguardano due elementi: quello dei profughi, e quello delle politiche a favore dei nazisti in fuga. Per anni, la realtà dei profughi (milioni) è stata mescolata a un discorso più generale di crollo del Terzo Reich, e di abbattimento dei regimi a questo collegati. Solo in tempi recenti, alcuni studiosi hanno avuto il coraggio di scrivere esattamente ciò che avvenne soprattutto all’est, con l’avanzata dell’esercito russo, a danno delle popolazioni civili, ciò che si verificò in Francia e in altri Paesi con riferimento alle migliaia di esecuzioni sommarie, ciò che si operò nei campi di internamento post-bellici, e ciò che si decise a livello politico sul versante del governo moscovita e di quello jugoslavo.



In realtà, a questo silenzio, già gravissimo, si aggiunse quello che servì a coprire le molteplici decisioni che a livello politico servirono a proteggere le fughe dei criminali nazisti. Solo con la recente desecretazione di molteplici documenti, sono emersi una serie di atti che attestano la protezione accordata dall’amministrazione Usa a più di mille nazisti utilizzati in chiave anti-sovietica. La stessa amministrazione americana chiuse gli occhi sulle atrocità commesse da alcuni scienziati giapponesi (che avevano condotto esperimenti di guerra batteriologica su cavie umane) pur di acquisire i risultati delle ricerche. Ma questo è solo un aspetto. Si dovrebbe infatti ricordare il ruolo della Spagna, quello della Svizzera, quello dell’Argentina, quello di Paesi del Medio oriente ostili ai nuovi insediamenti ebraici e agli inglesi… 



In tal senso, non è difficile affermare che le figure più negative del regime hitleriano ebbero sostegni, aiuti e accoglienza attraverso delle filiere che non si identificano con la fantomatica Odessa, ma più concretamente si possono individuare con quelle amministrazioni alleate che ebbero interesse a utilizzare il bagaglio tecnico-scientifico che i nazisti recavano con sé. D’altra parte, alla stessa Germania Ovest fu possibile mettere in piedi il nuovo sistema di intelligence utilizzando soggetti che avevano militato nel Terzo Reich.

Queste nuove coordinate storiche sono importanti da evidenziare perché dimostrano come per anni si è voluto vedere in taluni ecclesiastici, e soprattutto in organismi vaticani, fino ad arrivare allo stesso Pio XII, dei registi occulti di manovre effettuate sottobanco per favorire le fughe dei criminali nazisti. Tale tesi, che è stata ampiamente utilizzata in diversi libri, e che ha trovato lettori molto interessati agli “scoop” del momento, è stata in dieci anni di lavoro smontata poco alla volta da Pier Luigi Guiducci, docente universitario di storia della Chiesa. Guiducci, attraverso una rete mondiale di referenti scientifici, è riuscito ad acquisire le fonti utilizzate da precedenti scrittori e a dimostrare le continue “forzature” mirate a confermare la tesi iniziale: quella di una colpevolezza vaticana, ed ecclesiastica in generale. In particolare, con una pazienza che non è facile trovare nel modo degli storici, ha saputo ricostruire la mappa dei luoghi utilizzati dai nazisti per avvicinarsi agli imbarchi italiani, dimostrando che la vera “via dei conventi” fu un itinerario seguito in realtà da quelle migliaia di profughi che essendo privi di vestiti, documenti, cibarie, e denaro si rivolgevano alle strutture ecclesiali per ottenere protezione gratuita. L’opera di Guiducci, in definitiva, capovolge degli schemi di riferimento che erano ormai stati dati per inamovibili, pone nuovi interrogativi (perché l’Argentina non ha mostrato tutti i suoi documenti? Perché la Germania non ha desecretato il fascicolo Eichmann? Perché la Spagna ha esitato a fornire dati su alcuni ex-nazisti? eccetera), e dimostra che la Chiesa — insieme ad alcuni organismi umanitari internazionali — fu tra i pochi organismi che rivolsero attenzione, aiuto, sostegno, difesa, a migliaia di profughi (specie a coloro che non potevano più tornare indietro).


Pier Luigi Guiducci, “Oltre la leggenda nera. Il Vaticano e la fuga dei  criminali nazisti”, Mursia, Milano 2015