Un libro a cura dello studioso Frank McDonough, The Gestapo: The Myth and Reality of Hitler’s Secret Police’, a più di settanta anni dalla fine della seconda guerra mondiale, rivela particolari inediti fino a oggi del nazismo. L’autore ha avuto modo di analizzare documenti riservatissimi archiviati a Dusseldorf che ritraggono nei dettagli che cose era la famigerata Gestapo, la polizia segreta di Hitler, autrice di violenze e crimini orribili. La prima cosa che spicca in questo studio è che uomini capaci di tanta brutalità non erano delinquenti di strada dai bassi istinti ma in gran parte laureati, alcuni anche specializzati in dottorati vari, appartenenti alla classe più alta della società tedesca. Dunque persone in grado di comprendere pienamente i loro crimini. L’altro spunto interessante è che invece dell’immagine che tutti ne hanno conservato, quella di una sorta di polizia orwelliana che era in grado di spiare e controllare ogni cittadino, gli appartenenti alla Gestapo su una popolazione di 70 milioni di tedeschi erano solo 16mila, un numero molto sparuto. Infatti, si legge nel libro, la polizia segreta nazista incappò in molte disattenzioni e incapacità. Nessuno o quasi sa ad esempio che dal 1938 al 1944 nella Germania hitleriana esistevano gang di ragazzi che si opponevano al nazismo, autentici gruppi sullo stile delle gang di strada americane che odiavano il rigido controllo militare nazista e si facevano beffe di questo controllo. Anche i loro nomi si ispiravano ai miti americani: i Pirati, i Navajo, i Raving Dudes. Questi bulli anti nazisti furono definitivamente sconfitti solo quando nel 1944 tredici di essi vennero impiccati pubblicamente a Colonia. La terribile Gestapo ignorò completamente l’attentato poi fallito a Hitler da parte di alcuni alti ufficiale tedeschi del 1944. Ma naturalmente la Gestapo era abilissima a torturare e massacrare ebrei, cristiani, zingari e tutte quelle minoranze a cui il nazismo dava la caccia. Nel libro ci sono molte pagine che raccontano la brutalità degli interrogatori a base di torture operati dai poliziotti. L’ultimo aspetto sconcertante di questa storia è che, a parte i massimi capi come Adolf Eichmann, moltissimi membri della Gestapo al termine della guerra riuscirono a riciclarsi con incarichi di alto rango nella nuova Germania. Werner Best, il capo amministrativo della Gestapo, inizialmente condannato a morte, ebbe la pena ridotta a dodici anni e uscì dal carcere nel 1951. Una legge varata in quegli anni permise a tutti i membri sopravvissuti della Gestapo che potevano provare di essere entrati nella polizia tedesca prima dell’avvento di Hitler nel 1933 e poi trasferiti nella Gestapo, di accedere a qualunque lavoro, nonostante si potessero essere macchiati di crimini. Molti aprirono studi legali o addirittura ottennero la pensione.