Agatha Christie consigliava: “L’assassino lasciatelo parlare. Prima o poi racconta tutto”. E’ un motto che potrebbe venire in mente ai critici dell’ex leader di Mani pulite, Antonio Di Pietro, vedendo la spregiudicata ricostruzione dello sceneggiato 1992. Che cosa racconta la serie tv che (già trasmessa da Sky) ora va in onda “in chiaro” su La7 (e che l’ex pm da Mentana non sembra aver contestato)?
1. Vediamo Di Pietro confidare che in realtà egli si muoveva da tempo — già prima di Mani pulite — per cercare elementi al fine di incastrare Bettino Craxi ed evitare il suo ritorno a Palazzo Chigi.
2. Di Pietro agisce di sua iniziativa o su mandato esterno alla Procura? Mistero. Di certo lo sceneggiato mostra un Di Pietro sicuro di sé e che opera spavaldamente all’insaputa del Procuratore capo, Francesco Saverio Borrelli, di cui non si fida e che nella fiction appare nella fase iniziale mediocre e tremolante (è solo a partire dall’assassinio di Falcone che Borrelli è tratteggiato in modo un po’ più rispettoso e retorico).
3. Tra i principali collaboratori di Di Pietro abbiamo individui senza scrupoli: quello “positivo” ricorre all’illegalità per costruire prove contro gli inquisiti; quello “negativo” usa l’inchiesta per corruzione e arricchimento personale (sarà ammazzato dai berlusconiani con piena soddisfazione del telespettatore).
4. Dopo circa un anno di indagini il pool è come preso dal panico: ancora non ha in mano nulla contro Craxi.
5. Scatta allora l’operazione “non poteva non sapere” e cioè si prende di mira l’ex segretario del Psi, Giacomo Mancini, e (ci pensa l’agente fuorilegge “buono”) lo si spaventa attraverso il Corriere della Sera minacciando di incriminarlo come “fondatore” del sistema delle tangenti.
6. E’ così che Mancini è filmato in Procura raggomitolato e inchiodato sulla sedia con a fianco l’avvocato (non era una “deposizione spontanea”?). Viene a lungo “torchiato” dal pool. Deve dire che Craxi “sapeva”. Resiste. Gherardo Colombo — “poliziotto buono” — lo sollecita: “Lo faccia per il bene del suo partito”. Resiste. Ma Di Pietro non molla e incalza: “E’ vero che sapeva?! Sapeva?!”. Alla fine la regìa ritrae l’ex segretario, per altro rancoroso verso Craxi, che crolla: “Sì! Sì!”.
7. A questo punto sulla base del crollo-delazione di Mancini, senza nessun riferimento specifico, Di Pietro si precipita nell’ufficio di Borrelli e ottiene la firma dell’avviso di garanzia contro il segretario del Psi. In Procura saltano i tappi di spumante e lo sceneggiato si conclude con l’assassino berlusconiano che fuma soddisfatto annunciando: “Sarà uno splendido 1993!”.
Verità o boiata? Di certo non siamo di fronte a una ricostruzione con ambizioni di verità storica. Lo sceneggiato è soprattutto un “affare” tra Sky e la lobby del tabacco. A occuparsi di 1992 è infatti chi prima di approdare a Sky era alla British American Tobacco curando in Italia i rapporti istituzionali ed in particolare la promozione di vendita dei “sigari toscani”.
E’ così che Di Pietro (che nella realtà non fuma) è l’eroe sempre in scena come accanito consumatore di sigari nostrani e nel corso degli episodi vediamo il giovane agente “buono”, Pastore, convertirsi da non fumatore “represso” (ha paura di essere sieropositivo) in “libero” fumatore (non ha l’Aids e diventa tutto sesso e sigarette).
Per il resto si tratta di una fiction che sul modello di House of Cards — la successione “orizzontale” degli avvenimenti di quell’anno seguita in “verticale” secondo storie parallele — mette in scena un gruppo di giovani all’attacco di un mondo di vecchi “bolliti” secondo lo schema Di Pietro/Topolino che dà la caccia a Craxi/Gamba-di-Legno (con storie d’amore tra agenti di Mani pulite e figlie di imprenditori suicidi): sceneggiatura da cartone animato con scene di nudo. Gli autori hanno evidente difficoltà a tirare avanti la storia e pertanto i tre giovani protagonisti — il poliziotto dipietrista, il deputato leghista e il pubblicitario berlusconiano — vengono continuamente cacciati e recuperati da Di Pietro, dal capogruppo di Bossi e da Dell’Utri.
Ma in definitiva 1992 è uno spettacolo che può piacere e avere successo nel senso che rispecchia “lo spirito del tempo” che vi era all’epoca (e in parte ancora oggi) e cioè ben rappresenta la generazione della “fine della storia”: crollata la montagna anche la valle scompare, si vive in un eterno presente dove l’avvenire è un cielo bianco che si confonde con il pavimento. In un mondo assurdo la verità e la giustizia non hanno più importanza, quel che conta è lasciare un segno della propria potenza e del proprio arbitrio. La costruzione di una prova falsa può essere un atto eroico.