E’ noto a coloro che hanno letto il testo di Paul Claudel L’annuncio a Maria che l’antefatto da cui tutto il dramma nasce è il tentativo da parte di Pietro di Craon, malato di lebbra, di possedere con la forza Violaine, la giovane figlia di Anna Vercors, mentre si trova ospite presso la loro casa di Combernon. Ma la fanciulla, delicata e forte, gli resiste e nel Prologo lo saluta con un bacio, quando egli parte alle prime luci dell’alba: è il suo perdono e la sua benedizione.
Così, nel cuore di un medioevo convenzionale, come annota l’autore, un atto violento dà inizio a una storia di amore e di dolore, che implicherà il cambiamento di tutti i personaggi, da Pietro a Violaine, da Anna a Mara, l’altra figlia, a Giacomo Hury, l’uomo a cui Violaine è stata promessa in sposa.
Letteratura, si dirà. Sì, e grande letteratura, nata dalla vita.
Nei nostri giorni confusi non sono poche, purtroppo, le violenze sulle donne, spesso maturate in famiglia, spesso con esiti tragici.
L’episodio pubblico della notte di Capodanno a Colonia è stato imponente, non fosse altro che per il gran numero di donne molestate e in qualche caso violate da uomini eccitati per svariati motivi e determinati a far propria una facile preda. E’ facile immaginare l’umiliazione di donne che, prima ancora che essere malmenate e ferite, sono costrette a prestare il proprio corpo indifeso alla voglia altrui. Non in una casa o nello scompartimento di un treno, non in un tram affollato o in un’automobile che rallenta la sua corsa. Non al chiuso, dove spesso le ossessioni si comprimono e diventano gesti brutali. All’aperto a Colonia, sotto il cielo illuminato dalle luci della festa. Non in privato, quando è così difficile opporsi, ma in un grande rito collettivo che sembra proteggere il singolo. Invece no. Qui il legame sociale non è servito da tutela. Si direbbe che abbia aizzato ancor più lo squallore e la viltà delle azioni.
Potranno essere organizzate tutte le manifestazioni del mondo contro la violenza sulle donne, si potrà deprecare in tutti i modi e con tutti i mezzi i comportamenti di cui si avvalgono gli uomini di ogni latitudine e di ogni etnia, ma non sarà gridare e spargere fiumi di parole a far cambiare rotta. A meno che tali iniziative comuni non portino con sé un approfondimento deciso, per tutti, uomini e donne, della coscienza individuale della propria dignità. Il che sembra semplice, come tutte le dichiarazioni di principio; in realtà è un vero e proprio lavoro e richiede tempo, attenzione e fatica. Un lavoro per scoprire la propria purezza spirituale e la propria altezza morale, un lavoro lungo tutta la vita.
Nell’opera di Claudel ciò è rappresentato da quello che accade ai personaggi.
Anna Vercors decide di partire per la Terrasanta, come ringraziamento per quanto ha avuto dalla vita e come penitenza per il male del mondo. Certo di non tornare, affida la figlia Violaine e tutti i suoi averi a Giacomo Hury. Ma, contro ogni previsione, fa ritorno a Combernon, trovandola stranamente deserta.
Violaine fa talmente suo il dolore di Pietro che contrae la lebbra, creduta a quel tempo punizione del peccato impuro; l’apparenza è così imponente che Giacomo non può che prendere atto di un evidente tradimento, ripudia Violaine e la conduce nel lebbrosario, dove dovrà trascorrerà tutta la vita. Mara riesce nell’intento di sposare Giacomo e ha da lui un’unica figlia. La bimba muore e sua madre corre da Violaine, ormai cieca e divorata dalla malattia, imponendole di far rivivere la piccola. Il miracolo avviene, ma poco dopo Mara, rosa dalla gelosia, colpisce a morte la sorella.
Pietro, che lavora di nascosto a causa del suo male, guarisce in modo misterioso. Può dunque riprendere con libertà il suo compito di costruttore di cattedrali. Proprio lui trova Violaine morente e, immune dal contagio, la riporta a Combernon. Nella grande sala comune, cuore della casa, Violaine muore alla presenza di Anna, che ne loda la semplice grandezza, e di Giacomo, che scopre l’atto omicida di Mara; e in nome di colei che è appena spirata, la perdona. Sugli uomini e sulle cose si stende la pace di chi accoglie la volontà di Dio, come Maria all’annuncio dell’angelo.
Le vicende esterne si intrecciano con la consapevolezza dei personaggi, che matura fino alle estreme conseguenze: per Pietro il male diventa occasione di lavoro non solo del suo genio, ma espressione del popolo cui appartiene; per Violaine l’amore per Giacomo si trasforma nella lunga fedeltà alla sua croce, che la rende feconda; per Anna la forza del sacrificio scelto diviene umile accettazione del posto assegnato da Dio; e Mara, possessiva e violenta, alla fine è costretta a cedere all’evidenza del bene. Così, in modo sorprendente, dal dolore nasce l’amore.
L’intreccio tra fatti, quali che siano, e coscienza di sé che ne deriva, immaginato da Claudel con grande finezza è realizzabile oggi da gente comune, come noi siamo? In condizioni mutate siamo tutti all’ombra delle grandi cattedrali che i secoli hanno lasciato a custodire la nostra riottosità. Nessuno può dire quando sorgerà l’alba di un giorno di pace e di giusta convivenza. Forse quello che viviamo è il tempo di una lunga notte insonne, in cui non è dato scorgere luce. Ma ciascuno può accendere il suo cerino o la sua pila e attendere, magari in una maldestra preghiera, il farsi avanti del giorno. La speranza è quella di vedere un filo di luce, come scriveva Shakespeare in tempi non meno violenti: “Gli occhi grigi del mattino sorridono alla cupa notte”.