E’ interessante conoscere oggi come sono nate, e quando, le evidenze della coesione sociale e personale, quelle stesse evidenze che sono crollate; per scoprire, eventualmente, come possano rinascere.

La religione pagana era un fatto politico e civico; nel mondo greco-romano si ignorava la vera conversione personale. L’essenza della religione consisteva nel formalismo, nella pratica esteriormente rispettata delle cerimonie imposte dall’uso, nell’osservare i valori umani: dare agli dèi, alla patria ciò che era loro dovuto. Qualche eco con i nostri tempi già qui si intuisce, trattandosi del fenomeno umano della religiosità, dell’ideale e della sua riduzione. La santità stessa era esteriore, riguardava il culto. La conversione filosofica era solo per pochi, per intellettuali o per chi, come oggi gli uomini della cosiddetta cultura, legittimava dubbi sulla natura di Dio e del destino dell’uomo. Soprattutto non era rimedio ai mali di cui soffre l’umanità. 



La conversione al giudaismo si imbatteva nel fatto che gli Ebrei in tutte le circostanze ostentavano la pretesa di essere un popolo privilegiato, con diritti esclusivi.

Perché il cristianesimo è riuscito là dove sono falliti tutti i tentavi di trasformazione e di conquista degli spiriti antichi? Che cosa hanno provato non solo i primi discepoli di Gesù Cristo, come Paolo ed Agostino, ma gli schiavi, la povera gente, i commercianti o gli imprenditori, nella loro conversione e nel divenire membri della Chiesa cattolica? 



Due grandi ragioni: la liberazione dalla fatalità (oggi controbilanciata nella fiducia nella tecnica e nella scienza) e dal “venir meno”, dalla dolorosa debolezza umana, ciò che la Chiesa chiama peccato. Una liberazione che conduceva alla vera libertà dell’animo e alla santità interiore (o personalizzazione) come inaugurazione e permanenza in un’esistenza nuova.

Il Centro Culturale di Milano ha ben pensato di mostrare tutto questo con un ciclo di incontri a cura di padre Francesco Braschi, presso lo storico Teatro Colonne di San Lorenzo a Milano,

Per raccontare persone e momenti di persone per i quali la misericordia fu un incontro e uno scontro; per sorprenderne i primi momenti sociali e personali, in cui entrò nel mondo e nelle sue strutture. Come dice il titolo, Una bellezza disarmata entrò nel mondo antico, echeggiando il recente libro di Julián Carrón.



Il bel libro, sempre da rileggere, di Gustave Bardy La conversione al cristianesimo nei primi secoli ha messo bene in luce le novità scaturite dal senso cristiano della vita, notate anche dai non credenti. Eusebio, uno dei padri a tema nel ciclo di incontri, testimonia che in tempi di carestie o di guerre i cristiani “erano i soli a mostrare compassione e carità“. Ciò che è degno dell’uomo è reso possibile nel nome di Gesù Cristo. 

Ma l’autore nota anche che le conversioni al cristianesimo non venivano tollerate dalla mentalità dominante, dallo Stato. Che si fermava, come oggi, alla saggezza e alla potenza di questo mondo, rimanendo in fondo estraneo alla verità e al valore dell’esperienza cristiana. Essa viene riconosciuta solo da chi ne osserva la testimonianza, curioso, e, in fondo, bisognoso.

La vita cristiana è unica e paradossale, si pone in una “differenza di potenziale” con il mondo (autentico e meno), rinnova e pone nuove mete prima impensabili all’esistenza umana. Crea la mentalità e il costume sociale informando la vita normale e sviluppando una civiltà della verità e dell’amore. Il paradosso cristiano sta nel fatto di basarsi su un logos, su una ragione che offre un orizzonte totalizzante e dona un senso e un gusto nuovi. Una sfida da raccogliere anche oggi.