“Il Dono inatteso della misericordia”, così si intitola il convegno annuale della Fondazione Russia Cristiana che si svolgerà tra il 7 e il 9 ottobre a Milano e a Seriate e tra il 21 e il 23 novembre a Mosca. Il tema è quello così scottante dei migranti, di fronte al quale l’Europa contemporanea rischia di arenarsi tra l’indifferenza e il rifiuto e, in entrambi i casi, nella completa incomprensione di cosa sia la misericordia. E così, tra mancanza di memoria e scarsa lucidità rischiamo di perdere un’altra occasione per affrontare e vincere la crisi che ci tormenta.
È innanzitutto una questione di mancanza di memoria, perché non è la prima volta che l’Europa deve affrontare ondate di migranti. E proprio qui una fondazione che si occupa della Russia ha qualcosa da dire, perché proprio dalla Russia venne la prima grande ondata di profughi del XX secolo: dopo la rivoluzione del 1917 e la guerra civile, fu un’ondata decisamente superiore a quella attuale da un punto di vista numerico. E l’Europa di allora, che viveva una crisi ben peggiore della nostra, all’uscita dalla prima guerra mondiale e all’alba del formarsi delle grandi dittature e dei grandi totalitarismi, seppe rispondere a quella sfida: accolse i profughi e ne trasse una enorme ricchezza, da quella dei tanti sconosciuti che ricominciavano dal niente e mostravano che si poteva vivere anche dopo una tragedia come quella della rivoluzione e della guerra civile, a quella che venne all’Europa dalla presenza tra i profughi di quelle che poi si rivelarono come alcune delle personalità più significative del cristianesimo contemporaneo, filosofi come Berdjaev, teologi come Bulgakov, santi come madre Maria di Parigi, morta martire a Ravensbruck.
E allora, oltre alla poca memoria, ci vuole davvero poca lucidità per non capire che la misericordia è un dono non solo per chi la riceve, ma anche per chi la offre.
E non cerchiamo attenuanti alla nostra disattenzione nascondendoci dietro la scusa che chi arrivava allora in Occidente era pur sempre cristiano e non si tirava dietro una catena spaventevole di attentati. Certo i migranti di allora erano cristiani, ma per lo più erano “ortodossi”, e le virgolette non sono casuali, perché la stagione dell’ecumenismo non era ancora iniziata e i non cattolici erano allora guardati con sospetto: se non proprio come estranei o eretici erano visti come persone la cui fede andava messa tra virgolette, per non dare l’impressione che la loro ortodossia fosse una fede autentica, ortodossa, appunto.
Gli attentati, poi, non erano certo come quelli di adesso, ma i profughi si portavano dietro le operazioni della polizia segreta sovietica, che avrebbe continuato a fare attentati e rapimenti sino a dopo la fine della seconda guerra mondiale; e quegli attentati tenevano desto lo spettro della rivoluzione mondiale che avrebbe dovuto cambiare il mondo in maniera non meno radicale di quella che temiamo adesso di fronte alla minaccia del fondamentalismo.
Quello che oggi ci appare un mondo vicino e tranquillo era tutt’altra cosa. La minaccia e la paura di cambiamenti radicali c’erano anche allora, eppure l’Europa reagì in maniera diversa: superò la paura dalla quale sono caratterizzate oggi le varie reazioni di indifferenza o di intolleranza, e seppe darsi gli strumenti adeguati per far fronte a un fenomeno che si presentava con una novità ben superiore a quella che possiamo percepire oggi.
Quella massa di profughi si presentava, ad esempio, come priva di qualsiasi documento legale, perché lo Stato dal quale venivano, l’impero russo, non esisteva più; e si inventò allora un passaporto appositamente per loro, il “passaporto Nansen”: oggi sembra la cosa più banale del mondo, ma prima semplicemente non c’era e con la sua invenzione risolse un numero inimmaginabile di problemi, per i profughi russi e, per lunghi decenni, per tutti quelli che sarebbero venuti dopo di loro.
E la creatività di cui dette prova l’Europa del tempo destò, ridestò, quasi per imitazione, la creatività e le energie degli stessi profughi, come dimostrò madre Maria di Parigi che, per non lasciare senza risposta la solidarietà con la quale era stata accolta insieme ai suoi connazionali, fondò a sua volta un’associazione di assistenza ai profughi e agli emarginati, chiamandola “Azione Ortodossa”, con un nome che ha un’evidente assonanza con i vari movimenti di azione cattolica che stavano allora sorgendo nel resto dell’Europa.
E ben presto i profughi di cui si occupava questa nuova associazione cessarono di essere i russi e vennero sostituiti dagli ebrei perseguitati dal nazismo; e nacque allora una nuova ondata di solidarietà e poi di santità.
Ma il movimento che aveva portato a quella santità, come alla genialità di Nansen, non era partito da una situazione tranquilla, dove tutto era privo di rischi e ogni strumento era già dato per risolvere ogni problema; il primo passo, in una situazione dove tutto era nuovo e minaccioso, era stato il guardare all’altro senza paura e come una possibilità per vivere a pieno la propria umanità.