All’interno del cospicuo numero di testi usciti in questi mesi in vista del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre sulla riforma Renzi-Boschi, ne troviamo uno che ha caratteristiche particolari. E’ Oltre il sì e il no. Dialogo sulle riforme (Editoriale Scientifica, Napoli), che racchiude un serrato e approfondito confronto tra due importanti costituzionalisti, Alessandro Mangia e Andrea Morrone, stimolati a riflettere dalle puntuali domande di Giorgio Zanchini, che cura il volume.



Le posizioni dei due esperti sono subito dichiarate: Morrone voterà Sì perché ritiene che il progetto migliori le condizioni delle nostre istituzioni e tenti di risolvere alcuni dei problemi che rendono il nostro Paese una democrazia non ancora compiuta; Mangia voterà No perché l’accoppiata con l’Italicum e il quesito unico e onnicomprensivo consegnano una riforma fatta male, nel metodo e nella sostanza, inutile nel migliore dei casi, o utile solo a chi, al di fuori del Paese, vuole un governo di esecuzione di quanto viene deciso altrove. Questa iniziale trasparenza si offre al lettore e si mantiene per tutto il volume, senza però bisogno di inutili forzature. Lo stile è piano, l’argomentazione puntuale, il confronto intelligente e pacato.



Nel corso del dialogo si affrontano le principali modifiche che la riforma introdurrebbe, dal superamento del bicameralismo paritario alla rappresentanza delle istituzioni territoriali, dai nuovi procedimenti legislativi al risparmio (vero o presunto), dalla legge elettorale alla questione dei pesi e contrappesi, dagli interventi sulle garanzie (il Presidente della Repubblica, la Corte costituzionale) al sistema delle fonti del diritto.

Il lettore che si sia già formato una propria idea in ordine al voto del 4 dicembre non faticherà a riconoscersi nella posizione dell’uno o dell’altro, potendo facilmente veder rafforzate le proprie convinzioni. Il lettore che un’idea se la sta formando troverà molti spunti di sicuro interesse.



Ma il pregio principale del volume non consiste — ad avviso di chi scrive — in questo, quanto nell’analisi, insieme ampia e attenta, del “contesto” in cui questa proposta di revisione è nata ed è stata portata fino al punto attuale.

Vengono infatti ripercorse le vicende principali del dopoguerra, sempre con grande attenzione al quadro internazionale. Si esamina la parabola della élite politica e della classe dirigente del nostro Paese, come fattore di debolezza in gran parte indipendente dai presunti difetti del quadro istituzionale disegnato dalla Carta. Si tracciano e si riconoscono i confini della riflessione propria del giurista, spesso differente da quella del politologo o dello scienziato sociale. Si affrontano, soprattutto, quei fatti formalmente extracostituzionali che hanno inciso in profondità sulla nostra Costituzione, a partire dal ruolo di organismi sovranazionali (la Banca centrale, le istituzioni europee, gli attori del mercato in grado di controllare flussi finanziari di ingenti entità, ecc.) e di vicende solo apparentemente lontane dal merito dell’attuale riforma (il trattato di Maastricht, la moneta unica, l’obbligo di pareggio del bilancio, la normativa sul bail-in, ecc.). 

Com’è naturale, poi, sono proprio la diversa considerazione, il differente peso e la specifica rilevanza attribuita anche a questi fattori extracostituzionali a determinare l’atteggiamento dei due intervistati di fronte al dubbio di fondo, che dà altresì il titolo all’intero volume: oltre il sì e il no.

Morrone è consapevole del lungo lavoro di attuazione che si imporrebbe in caso di vittoria del Sì, il quale rappresenterebbe un punto di partenza, cui dovrebbero seguire svariati atti normativi di concretizzazione. Ma l’approccio resta al fondo ottimistico, poiché il futuro del Paese dipenderà dalla concreta realizzazione di un disegno che, sia pure a linee larghe, è però a suo giudizio tracciato nella riforma costituzionale in discussione, mediante un obiettivo che si reputa chiaro.

Mangia esprime invece una idea più pessimistica, dal momento che il futuro del nostro Paese, come di altri, dipenderà in misura sempre maggiore da eventi di livello e portata tali che solo in misura limitata potranno venir condizionati dalle scelte e dalle vicende interne all’ordinamento. Con l’aggravante, nel nostro caso, di una classe dirigente di modesta qualità, ciò che concorre a spiegare i gravi difetti di una riforma che, se approvata, non farà che accelerare il grave percorso involutivo di quella stessa classe politica e, con essa, del Paese intero.

Se c’era bisogno di un rafforzativo in ordine alla delicatezza del passaggio che ci attende fra tre settimane, questo dialogo sulle riforme lo offre senz’altro, contribuendo a farci comprendere la “storicità”, nel bene o nel male, del voto popolare del 4 dicembre.