Il dono è imprevisto e imprevedibile. Una sorpresa stupefacente dal primo sguardo in poi, in ciascuno degli sguardi successivi. Non crediate di poter aprire questo libro di Marina Ricci senza essere risucchiati con tutto voi stessi; non crediate di poterlo aprire rimanendone estranei ed esterni, come si può osservare da lontano uno spettacolo televisivo. Govindo. Il dono di Madre Teresa attirerà tutto voi stessi e vi commuoverà. Nel raccontare la storia di un dono ricevuto Marina Ricci fa un dono a tutti noi e ci porta per mano a stringere anche noi la mano di Govindo, il piccolo bambino indiano adottato e ricevuto da Marina e dalla sua famiglia “in dono” da Madre Teresa.
La storia inizia nel 1996, con un viaggio di lavoro in India, un viaggio per raccontare la malattia di Madre Teresa agli ascoltatori del Tg5, il telegiornale del quale Marina a quel tempo era la vaticanista. Un viaggio accettato quasi con indifferenza, con la sufficienza di chi avrebbe tante altre cose da fare. Poi, come in ogni altra cosa che le capita, troviamo l’autrice gettare il cuore oltre l’ostacolo. Diventa così protagonista, o meglio coprotagonista rapita in un’avventura che, svoltato ogni angolo, svela sempre nuovi e più grandi orizzonti. Con il viaggio ha il via anche la storia dell’adozione del piccolo Govindo. Iniziata la narrazione, non lascerete il libro fino all’ultima pagina e, alla fine, vi ritroverete coinvolti in una vicenda che continuerà a farvi compagnia e ad essere presente dentro di voi.
Difficile mettersi in competizione con Marina Ricci nel raccontare emozioni. Si possono però descrivere alcuni frammenti di questo libro. Il primo frammento è composto dai viaggi in India, continente lontano, immenso, straripante di vita, che incute soggezione e i suoi angoli di nuda povertà. Poi la presenza di Madre Teresa, che appare sempre pronta a irrompere nelle pagine per rimanere ogni volta invece invisibile e sullo sfondo: una protagonista capace di dare origine a tutta la vicenda senza comparire mai in primo piano, senza dire mai una parola, ma parlando con la bocca degli altri, proiettando al posto suo sulla scena le sue Sorelle della Carità. Un po’ come l’autrice del libro e protagonista della storia che sa essere presenza materna e discreta, lasciando tutta la scena al nuovo figlio. Tommaso, il marito, è di un’accoglienza disarmante. Ed è anche colui che sa interrompere la commozione della narrazione e strappare un sorriso quando, sebbene invidiato da tutti i lettori maschi, in un incontro ravvicinato in Piazza San Pietro non riconosce Penelope Cruz alla quale invece sorride “furbetto” (come scrive la madre) Govindo. Tommaso sa conquistarsi poi l’affetto di tutti noi con le pagine finali del libro.
Protagonisti indiscussi di questo testo sono i fratelli di Govindo: Maria, Angela, Cristina e Luigi. Non solo protagonisti ma anche autori di pagine che fanno della storia una narrazione a più voci, un altro motivo che rende questo libro bello per meriti che vanno oltre la forza della storia raccontata.
Su Govindo, il bambino che compare come una meteora e scompare come una stella cadente che riempie di sé e della propria assenza tutto il cielo, le pagine indimenticabili sono tante. Vogliamo citare la più semplice di tutte: quella che lo descrive mentre corre sui pavimenti di casa come un qualsiasi irrequieto monello. Perché quello che racconta il libro è questo: non la straordinarietà di un’adozione, ma la normalità dell’irrompere nell’esistenza di un dono, che la cambia. E la forza motrice del cambiamento non sono le difficoltà, spesso apparentemente insormontabili, di una malattia inarrestabile. Nulla di più conclusivo delle parole iniziali con le quali l’autrice apre il libro: “Amo mio figlio. Piccolo e scuro. Ferito nella carne e nell’anima. Amo il suo sorriso e i suoi occhioni neri. Amo i piccoli gesti che annullano la distanza fra noi”.
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Marina Ricci, “Govindo. Il dono di Madre Teresa”, Ed. San Paolo 2016, pagine 160, euro 14,50, eBook euro 7,99.