“Il Natale quest’anno non si sente proprio”. Dopo la decima volta che mi è capitato di udire quest’affermazione, fatta sempre suppergiù con rammarico dall’interlocutore, ho deciso sotto l’insegnamento di Hans Christian Ørsted di proporre un esperimento mentale. Nessun rischio pertanto, righe innocue in cui si viaggia con l’immaginazione.
Pensate se esistesse una terra come la nostra, la chiamerò MagnificaTerra, con i medesimi problemi e le stesse atroci guerre ma i cui abitanti non dispongono di speranza. Audaci e instancabili lavoratori al risveglio non nutrono speranza alcuna ritrovandosi a seguire la medesima routine giorno dopo giorno, senza però potere sperare nulla. Insomma una MagnificaTerra in cui non vi è alcuna nota positiva, alcuna speranza che tutto quanto si è sofferto, patito e pianto sia un giorno riscattato, in cui quello che si è perso lo si è perso per sempre, in cui non è possibile sperare che la contraddizione di questa vita abbia un senso, che dopo la vita vi sia qualcosa. Una MagnificaTerra cioè senza nulla da festeggiare la notte del 24 dicembre.
Eppure paradossalmente sulla nostra Terra la percentuale degli abitanti delle società benestanti basa le proprie ferie, il consumo delle vivande più ricche, l’acquisto di beni materiali proprio a partire dalla festività del Santo Natale. Senza sentirlo, senza conoscerlo. Come se il Natale fosse una volta all’anno.
In un periodo di confusione completa della storia dell’Europa, dell’identità dell’Occidente cristiano, parlare di sacra famiglia sembra quasi un permesso che ci si prende dinnanzi al potere imperante, all’ombra, quasi di nascosto — possiamo oggi dirlo — di chi detta le regole in materia di educazione, istruzione, formazione, insomma una sorta di congedo esclusivo per la Santa notte. In un periodo così buio per la fede cristiana nel mondo ci si sente quasi in imbarazzo nel mostrare pubblicamente un Presepe, perché forse non di rispetto innanzi ad altre religioni, gli auguri di Natale sono sussurrati, e tutto è trasformato in un grande ed immenso commercio. È così che l’Occidente vive il suo Natale. L’Occidente oggi è come un ragazzo cresciuto in cattive compagnie, oramai adulto, formato, che per far torto a suo padre poiché ancora abbraccia i valori di una volta, distrugge la sua stessa casa paterna. L’Occidente è divenuto una MagnificaTerra senza speranza, disperato.
Il Natale invece è la forza della Terra, è uno scrigno di speranza. Senza Natale non vi è speranza, poiché solo uno è stato l’uomo che ha sconfitto la morte, che è morto e risorto per ciascuno di noi. È per questo che ad esempio Chesterton si trovò quasi paradossalmente ad affermare di sposare sua moglie ogni giorno, di nuovo.
Oggi invece si canta “A Natale puoi fare quello che non hai fatto mai”, quasi si avesse l’esclusiva di un giorno magico, invece quello che accadde quel giorno duemila anni fa nel tepore di una grotta è la novità che sorprende la vita di un cristiano ogni giorno, dangogli tutta la forza di cui disporre per costruire, per fare della propria vita un capolavoro e per rendere una MagnificaTerra senza speranza, un Paradiso, reale, esperito, vissuto, custodito, amato. Come affermò il Servo di Dio don Luigi Giussani anni fa durante una delle sue lezioni in classe a una manciata di studenti: “Ma ragazzi, fin quando ve ne infischiate della vita eterna vi capisco perché non avete ancora sufficiente forza di immaginazione, di serietà; ma se vi infischiate del centuplo quaggiù siete proprio dei fessi”.
Vivere con la consapevolezza che ogni giorno è Natale è quanto per grazia occorre per tornare a una società in cui il bene trionfa, poiché senza la certezza di un Amore concreto non è possibile amare, cioè costruire con la certezza di una speranza che reggerà e trionferà nella storia tutta.