— Davide! Stacca dagli occhi da quello smartphone e vieni a tavola: è la terza volta che dico che la cena è pronta!
— Arrivo mamma — sbuffò Davide. — Sai poi che cena…— bofonchiò pensando al surgelato e allo yogurt che lo aspettavano.
Appena si fu seduto, il fratello minore, Luca, gli chiese: — Davide… tu hai mai sentito parlare della macchina del tempo?
— Cos’è, un nuovo videogioco?
— No, è una macchina per viaggiare proprio nel tempo. Ce ne ha parlato stamani l’insegnante di inglese.
Il padre si rivolse a Davide con tono rassicurante: — E’ un’invenzione letteraria. Se ne parla in un romanzo…
— Ah. Forte. No, non se sapevo niente. E sarebbe?
Luca, pieno di entusiasmo, iniziò la descrizione dell’immaginaria macchina per viaggiare nel tempo. Una cosa straordinaria: poter tornare indietro nel tempo anche di secoli!
— Aspetta — fece Davide ingozzandosi la bocca — mi è venuto in mente che ho visto qualcosa del genere una volta in un film. Mi sembra si chiamasse Timeline.
— Sì, l’ho visto anch’io l’anno scorso in televisione — fece la madre.
— Quando la prof ce ne ha parlato, ci ha anche chiesto dove avremmo voluto andare, se questa macchina esistesse davvero e l’avessimo a disposizione.
— Che domanda stupida — commentò freddamente la madre.
— Perché? — disse il padre. — Tutto sommato mi sembra un esercizio di fantasia interessante.
— Tu papà dove vorresti andare?
— Beh, vediamo… fammi pensare. Forse… forse mi piacerebbe tornare ai tempi dell’Impero Romano, nel momento però della sua decadenza. Mi piacerebbe fare qualcosa per impedirlo. Magari servendomi della tecnologia che abbiamo oggi. Diventerei per lo meno imperatore!
— E perché vorresti salvare l’Impero Romano?
— Beh….perché era la più alta forma di civiltà del mondo antico. Una società affascinante.
La risposta non lasciò pienamente soddisfatto Luca.
— E tu, mamma?
— A me non interessa viaggiare nel tempo. Sto bene dove sto. Ho abbastanza da fare qui, e mi va bene così.
— E tu, Davide?
— Io? Non ne ho proprio idea — disse il fratello, pensando ai messaggi di whatsapp che lo aspettavano appena finita la cena”.
— Dai, Davide”
— Ma non lo so! È un’idea così… così… strana!
— E quello che hanno detto quasi tutti i miei compagni di classe. Praticamente solo Giulia e io abbiamo alzato la mano per dire la nostra.
— Ovvio! — rise il fratello maggiore. — I due più strani della classe. Madonna, Luca, ma perché fai queste figure?
— E tu cos’hai detto, Luca? — gli chiese il padre. — Che uso vorresti fare della macchina del tempo?
— Io ho risposto che vorrei andare 2016 anni fa, a Betlemme, in Palestina.
— Ho capito — disse la madre con un sorrisetto. — Probabilmente però resteresti deluso: secondo gli storici più accreditati l’evento cui mi sembra di capire vorresti assistere non accadde in quell’anno esatto.
— Ma sì — disse Luca che sapeva sempre come smontare la pedanteria di sua mamma. — Comunque andrei lì, proprio lì, al momento giusto.
— E perché — chiese Davide.
— Perché è stato il momento più importante di tutta la storia dell’umanità — disse Luca con gravità.
— Sono le suggestioni del periodo natalizio! — esclamò Davide.
— O i condizionamenti di qualche discorso — fece la madre. — L’insegnante di religione vi sta parlando del Natale?
— No. Sta continuando a parlarci dei migranti come fa da tre mesi in qua. A dire il vero ha accennato al discorso del Natale l’altra settimana perché Giulia gli ha chiesto per quale motivo non è stato possibile fare il Presepe a scuola.
— La scuola è laica — sentenziò il padre.
— E’ quello che ha detto anche l’insegnante, che ha precisato che Dio non è cattolico, ma è tutto in tutti —.
— Giusto — osservò la madre.
— Giulia però gli ha risposto che Dio ha deciso di farsi uomo, di entrare nel mondo e nella storia, di diventare un fatto, visibile, incontrabile! E non un imperatore, papà, ma un bambino!
— Strana tipa, questa Giulia. Ma devi proprio continuare ad andare a studiare da lei? — disse la madre.
— Ma’! Le sta facendo il filo, dàì! — esclamò Davide alzandosi finalmente da tavola e dirigendosi verso la sua stanza.
— Bè, quand’è così… — disse la madre che sapeva dalle sue letture di psicopedagogia che non bisogna ostacolare l’affettività degli adolescenti.
Luca sorrise, dicendo che Giulia aveva già un ragazzo. La madre stava per aggiungere un ulteriore commento ma il ragazzo continuò, con una voce bassa che costrinse i genitori a prestargli la massima attenzione.
— Mi sarebbe piaciuto davvero tanto essere lì, quella notte, a Betlemme. Essere lì a vedere. Magari anche a toccare con mano.
— Sai che puzza, tra asino, bue e pure le pecore! — rise il padre.
Luca continuò senza scomporsi: — Essere lì, ad accarezzare quel bambino. A guardarlo negli occhi. Un bambino… il figlio di Dio. Colui che avrebbe detto: “Io sono la Via, la Verità, la Vita”. Lì di fronte a me —. Per un attimo restò in silenzio, e tacquero anche i genitori, perplessi e preoccupati.
— Però — esclamò sorridendo — c’è un modo per vedere e toccare il Bambino, anche senza macchina del tempo!
— Quale? — chiese il padre sempre più preoccupato.
— La Messa.
— Come? — dissero i genitori.
— Giulia dice che attraverso la Messa Egli è qui, con noi, sempre. Mi ha invitato alla Messa di Mezzanotte. Quando ero piccolo mi ci portavate anche voi, ricordate? Penso che andrò alla Messa. E lo incontrerò — disse ripiegando ordinatamente il tovagliolo e lasciando la tavola. — Vado in stanza a studiare. Ciao mamma. Ciao papà.
La madre pensò che dopo le vacanze natalizie avrebbe dovuto prendere informazioni su Giulia e sulla sua famiglia.