Marina Lenti, per oltre quattro anni la Guida Harry Potter del portale Supereva/Dada, nonché redattrice di Fantasty Magazine, grande esperta della saga del maghetto allievo di Hogwarts, con J.K. Rowling. L’incantatrice di 450 milioni di lettori (Edizioni Ares, 384 pp., 18 euro), offre, come dice il sottotitolo del volume, un “Saggio biografico non ufficiale sulla creatrice di Harry Potter”. Non ufficiale, appunto: ma tanto approfondita è la conoscenza della creatrice del maghetto inglese, tanto accurata e fine l’analisi, che J.K. Rowling apprezzerebbe certamente questo volume che non è una mera “biografia”. Piuttosto, il libro di Marina Lenti rappresenta un esperimento di genere ibrido: anche, ma non solo attraverso le vicende biografiche, viene infatti analizzata la storia del successo della saga di Harry Potter, con una ricostruzione minuziosa della sua vicenda editoriale, dei retroscena legati alla produzione dei film tratti dai romanzi, a partire dalla genesi — che si legge come un’avventura — di Harry Potter e la pietra filosofale



Il libro di Marina Lenti si legge quindi d’un fiato, e ci fa ammirare non solo il talento e l’abilità narrativa della Rowling — uno dei pochi autori, con Tolkien, Lewis e non molti altri — che davvero si può vantare di aver “creato un mondo” con i suoi racconti — ma anche la sua tenacia e la sua forza d’animo davvero ferree: in effetti sembra incredibile la parabola di una donna che, in una dozzina di anni, è passata, con un’incredibile curva ascendente, dall’essere una divorziata con un sussidio di disoccupazione di 278 sterline al mese a diventare una scrittrice di fama mondiale, fenomeno editoriale, culturale, cinematografico e mediatico con una fortuna stimata, nel luglio 2011, a 530 milioni di sterline. E quindi, come afferma Lenti nel Prologo, “o la Rowling è davvero una strega in incognito, come quelle di cui ci parla nelle pagine di Harry Potter (…), oppure è la dimostrazione vivente che i sogni si possono effettivamente avverare e che se li si persegue anche il denaro arriverà. Un’evenienza che, agli occhi cinici e disincantati della nostra società, può apparire retorica, illusoria, sciocca”. 



E dunque, si chiede l’autrice: J. K. Rowling è “un autentico genio letterario o solo un’ottima scrittrice?”. Al di là dei convincimenti personali, è interessante rilevare come il metodo di lavoro della creatrice di Harry Potter riveli comunque le caratteristiche che M. Michalko, in “How geniuses think” (The Creativity Post, 24.08.12) ritrova come tratto comune nel modo di pensare dei geni, ovvero, in primo luogo, la capacità di rendere visibili i propri pensieri (attraverso grafici, simboli, mappature e diagrammi, con cui il linguaggio basato su parole e numeri viene coadiuvato da quello spazio-dimensionale e visuale). 



Una seconda caratteristica propria dei geni è l’immensa produttività: la Rowling, in effetti, in diciassette anni di lavoro, ha prodotto sette romanzi (per oltre 4mila pagine), tre pseudobiblium (cioè quei libri che vengono citati in un romanzo, come se fossero realmente esistenti, con, ad esempio, i libri di testo usati a Hogwarts), oltre a scatoloni pieni di quaderni, notes, appunti, disegni, schizzi relativi al suo mondo magico. Il che denota un’ulteriore caratteristica propria dei personaggi dotati di genialità: la capacità di concentrarsi quasi ossessivamente e selettivamente su un certo tema, ottenendo risultati di altissimo livello proprio in virtù della capacità estrema di focalizzazione. E così, infatti, ha agito la Rowling, che ha tratto da ogni occasione e da ogni esperienza linfa e ispirazione per aggiungere episodi ed elementi alla sua saga; ma si pensi anche solo alla sua capacità di sfruttare ogni attimo libero (fossero stati anche solo i pisolini della figlia Jessica) per lavorare ai libri. Inoltre, un’altra caratteristica tipica degli individui che hanno rivelato genialità in vari campi, rilevata da Dean Keith Simonton (professore di psicologia nell’Università della California e autore di un saggio dal titolo Scientific genius), è la capacità di realizzare sempre nuove combinazioni di dati noti, in quantità enormemente superiore rispetto a quanti sono semplicemente talentuosi. 

J. K. Rowling, infatti, non è stata la prima nè sarà l’ultima autrice ad avere parlato di maghi e di scuole di magia, e le creature che popolano i suoi romanzi (ippogrifi, basilischi, etc.) erano già familiari ai suoi lettori, né certo è l’inventrice del genere del romanzo di formazione (quale, di fatto, è la saga di Harry Potter); tuttavia, innegabilmente, ha saputo dare a tutto questo una forma nuova, inedita, coesa, coerente, creando un sistema; di più: creando un universo. In questo, dice simpaticamente Martina Lenti, ha agito “alla stregua di una cuoca che, pur usando sempre burro, zucchero, uova e farina, le combini in quantità e in modalità diverse rispetto alla ricetta base, creando un differente tipo di torta”: perché, se vogliamo innalzare un po’ il tono rispetto a questa immagine gastronomica peraltro assai icastica, e se ricordiamo le parole di Foscolo, le idee sono limitate e definite per numero e, di fatto, tutte già toccate e usate in questa o in quell’epoca, da questo o quell’autore. Lo scrittore di vaglia, però, deve sapere combinare, e chi meglio sa combinare (lo scrittore di genio) meglio scrive. Di fatto, se volessimo usare un’espressione astratta, potremmo dire che il lavoro della Rowling non è stato mai meramente derivativo, ma, piuttosto, trasformativo, e questo è uno dei suoi punti di forza, insieme alla sua capacità di pensare in forma metaforica: il mondo magico di Harry Potter, per ammissione stessa della sua creatrice, non è altro che la trasposizione di quello reale, ma con un pizzico di distorsione. 

Insomma, il volume di M. Lenti verrà letto con piacere e interesse non solo dai fan di Harry Potter e dei suoi amici, poiché si tratta anche, e forse soprattutto, di un saggio sul successo e sulla perseveranza, come ribadisce l’Epilogo (La maestra di Pozioni) che ci dà una sorta di guida ragionata e analitica agli elementi costitutivi del “metodo” di uno scrittore, e, in generale, di un creativo, convinto del valore del proprio lavoro e che mira a ottenere per esso il dovuto riconoscimento.