Paolo Cirino Pomicino, indiscusso protagonista democristiano della “prima repubblica”, abbandona per una volta il suo combattivo pseudonimo di Geronimo, con il quale ha scritto libri molto importanti, e firma un testo con il suo vero nome.

E’ un atto di accusa, documentato, serio, ma nello stesso tempo anche carico di umorismo contro questa cosiddetta seconda repubblica che lui, in modo irriverente, definisce La repubblica delle giovani marmotte (Utet, 2015).



Aveva probabilmente in mente l’esperienza dei giovani cattolici impegnati nelle associazioni e anche in politica, Pomicino: gli “aquilotti”, gli scout, le “marmotte” e lo spirito “rottamatore” e innovatore che li animava. Ma alla fine, il “democristiano di lungo corso”, come si autodefinisce Pomicino, deve arrendersi di fronte al fallimento di una politica che è priva di grandi visioni, di forti culture di riferimento e di autentiche capacità riformatrici.



Questo di Paolo Cirino Pomicino non è certo il primo libro di denuncia che fa un raffronto tra i risultati della prima e quelli della cosiddetta seconda repubblica. Un raffronto tra gli spazi di democrazia e di tenuta democratica, tra il parlamentarismo anche esasperato della prima e la “sbrigatività democratica” della seconda.

L’esperienza di Cirino Pomicino, la sua capacità giornalistica lo mettono nella condizione, al contrario di altri, di fare un racconto stringato e incalzante, con una documentazione e dei riferimenti politici e istituzionali che sono difficili da smontare.



Emerge così, dalle pagine di Pomicino, l’impalcatura fragile e contraddittoria della nuova repubblica che ancora si sta formando e che sembra un coacervo improvvisato di dilettanti allo sbaraglio. Anche se animati da buona volontà, non superano lo spirito, appunto, delle giovani “marmotte”.

Alla fine il libro, che pure ha un titolo quasi scanzonato, è un testo che sembra scritto con sgomento e preoccupazione per gli errori politici, per quelli di scelta economica, per quelli di carattere istituzionale che l’Italia sta facendo in questi anni.

Tocca tutti gli argomenti principali Cirino Pomicino, quelli che sono da anni sul tappeto. Il debito pubblico, in genere descritto come un’eredità del passato, è in realtà triplicato dal 2001 e ha battuto ogni record nel 2015 con 2.200 miliardi di euro. Eppure, per questioni di sperperi, era stata smantellata in modo giudiziario la prima repubblica.

Pomicino contesta questa versione e intanto vede che la politica italiana sembra voler rinunciare alle idee, annacquando e riducendo al silenzio la propria cultura di riferimento. Vede che è stato letteralmente smembrato il sistema di partecipazione e investimenti pubblici, svenduti alle multinazionali o ai fondi di investimento.

Poi, a far compagnia a questa vacanza della politica, c’è il quadro delle grandi famiglie industriali italiane, quelle che un tempo venivano definite il “salotto buono”, che si sono liberate delle loro imprese, tagliando parti importanti dell’apparato produttivo italiano e che, si potrebbe dire con poco patriottismo, hanno soprattutto badato a fare grandi plusvalenze. Cioè una barca di quattrini.

Alla fine, Pomicino dipinge un’Italia irresponsabile nel suo complesso, ma dove la politica rinuncia alle idee, alla sua tradizione e si impegna anche in un piano di riforme istituzionali che riducono di fatto gli spazi di democrazia, rappresentatività e partecipazione. Dove, mentre l’apparato sia pubblico che privato viene smantellato, dilaga imperturbato anche in Italia il potere della finanza.

Anzi, per raccontarla esattamente, Pomicino delinea un mostruoso capitalismo finanziario, con rappresentanti anche italiani in varie “istituzioni internazionali”, che divora letteralmente l’economia reale, e prepara il disastro economico e sociale a livello planetario, con l’impoverimento di masse di persone, bassa crescita, ricchezza concentrata in poche mani e diseguaglianze sempre più crescenti.

A questo declino sembra che non ci sia proprio risposta. Magari ci sarebbe anche voglia di fare bene, di riguadagnare spazio per la politica. Ma, quando tutto questo è interpretato da una “Repubblica di giovani marmotte”, l’operazione di rilancio politico, di riscatto di un Paese e di contenimento del moloch finanziario appare veramente problematica.

Paolo Cirino Pomicino riesce a scrivere tutto questo in modo documentato e preciso, con grande preoccupazione, ma anche, ripetiamo, da combattente della vita e della politica, che sa affascinare il lettore con una ventata di umorismo. Non per nulla Pomicino è un “trapiantato di cuore” combattente, che ha ancora la forza di difendere le sue idee.

Ora, ci vorrebbe una riposta forte e argomentata a Paolo Cirino Pomicino. Se il “democristiano di lungo corso” difende i risultati della prima repubblica, che ha vinto la guerra fredda e ha ricostruito l’Italia nel dopoguerra, bisognerebbe che qualcuno rispondesse elencando i progressi di questa seconda (o di qualche altro numero) repubblica in cui viviamo. Sinora una risposta convincente non è arrivata. Si parla piuttosto di una continuità di “malaffare”. Può anche darsi. Al momento comunque, i famosi tesori di Bettino Craxi e di Giulio Andretti, fa notare Pomicino, non sono stati trovati, mentre Milena Gabanelli, in televisione, ha elencato i difetti nella “gestione abitatativa” del massimo accusatore della prima repubblica, l’ex pm Antonio Di Pietro con il suo movimento.