Ci risiamo: è rispuntata la vecchia, vecchissima, storia di Walesa collaboratore dei servizi segreti polacchi, di nuovo si torna a parlare dell’agente “Bolek”, lo pseudonimo sotto cui avrebbe agito Lech Walesa negli anni 70.

Già nel 2009, in occasione del ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, ebbi occasione di intervistare il presidente Walesa e la mia prima domanda fu proprio sull’agente “Bolek”. 



La sua risposta fu molto decisa e netta: «Oggi nella società polacca c’è molta insoddisfazione, soprattutto per gli effetti della crisi, e i fratelli Kaczynski, gettando fango sugli altri, cercano di raccogliere ogni tipo di insoddisfazione per sopravvivere. Mi auguro che arrivi il giorno in cui anche loro dovranno fare i conti con tutto questo fango, perché la verità vincerà di sicuro. E allora non vorrei essere al loro posto, perché il giudizio su quello che hanno fatto e sulle loro persone sarà terribile».



Oggi la storia si ripete, ma il contesto è diverso: il partito di governo, il PiS (Diritto e Giustizia guidato da Jaroslaw Kaczynski) sta perdendo consensi dopo la doppia vittoria dello scorso anno che lo ha portato alla presidenza della repubblica e alla maggioranza di governo. Soprattutto nelle città cresce il malcontento per le politiche xenofobe e razziste del governo, che buona parte dell’opinione pubblica non condivide, anche perché molti ricordano bene la solidarietà internazionale che ha sorretto la Polonia negli anni 80, durante lo stato di guerra e dopo la caduta del Muro, e sono sempre di più coloro che temono derive autoritarie ed antidemocratiche, timori sostenuti anche dagli interventi del governo nei confronti della Corte costituzionale e della televisione di Stato.



In Italia non se ne parla, ma ogni mese il sabato in tutte le maggiori città polacche scendono in piazza decine di migliaia di persone che protestano contro le politiche del governo, e cresce la forza anche numerica del movimento Kod, Comitato di difesa della democrazia, e recentemente, oltre mille intellettuali e uomini di cultura polacchi hanno firmato una lettera di protesta contro le manovre governative.

Il PiS sta cercando, inoltre, di cambiare la narrazione della storia polacca degli ultimi trent’anni presentando la transizione del 1989, la Tavola Rotonda e il governo Mazowiecki da essa nato, non come un passaggio non violento da un regime totalitario alla democrazia, ma come un complotto ordito dai comunisti e dai loro agenti che si spacciavano per oppositori. In tal modo cerca di sostituire la figura di Lech Walesa, padre della patria, con quella degli oppositori alla Tavola Rotonda con i fratelli Kaczynski  in testa e non dobbiamo dimenticare che se Jaroslaw Kaczynski è il leader attuale del PiS, il fratello gemello Lech è stato presidente della repubblica ed è morto nella catastrofe aerea di Smolensk del 2010, in cui precipitò l’aereo presidenziale, sulla quale il PiS solleva molti dubbi, cercando di dimostrare che non si è trattato di un incidente, ma di un complotto ordito da Putin e Tusk (all’epoca primo ministro polacco ed oggi primo ministro del Consiglio dell’Unione Europea) per uccidere Lech Kaczynski. 

Nel 1970 durante un fermo di polizia, mentre sua moglie dava alla luce il loro primo figlio, e mentre nelle strade di Danzica l’esercito sparava sui manifestanti, Walesa ha firmato la dichiarazione di collaborazione con i servizi? Lo si vede anche nel film di Wajda “Walesa l’uomo della speranza”, ma forse val la pena riportare le parole di Wadyslaw Frasyniuk, una vera “leggenda” dell’opposizione, uno dei padri di Solidarnosc, che è stato in carcere dal 1982 al 1984 e dal 1985 al 1986 per aver “tentato di sovvertire l’ordine costituito”. 

«Tutti questi documenti dovrebbero essere attentamente verificati e controllati. Ma a quelli che non vogliono aspettare e vogliono fare subito i conti con Lech propongo un esame di coscienza. Sono passati dal percorso della salute? (Definizione ironica di una forma di tortura adottata dai Servizi polacchi: si faceva correre il prigioniero tra due file di agenti armati di manganello che lo colpivano alla schiena e alle gambe, ndr). Hanno mai avuto a che fare con i servizi? La maggioranza se ne stava zitta o se la faceva addosso. Davanti a me un agente tirò fuori la pistola, la caricò e mi disse: “Frasyniuk hai fatto il servizio militare, quindi sai che questa è un’arma pesante”. Poi me l’appoggiò alla tempia e mi fece vedere la foto dei miei figli mi disse che qualcuno stava andando da loro per violentarli. Per questo anche se non ho mai creduto che Lech abbia collaborato, posso capirlo se ha firmato qualcosa negli anni settanta».

Walesa ha firmato una qualche dichiarazione? Potrebbe essere, ma forse più di una firma su un pezzo di carta valgono le azioni, ciò che ne consegue per la propria vita personale e per la storia. Personalmente credo che la storia stessa abbia già dato un giudizio chiaro su Lech Walesa che nessun revisionismo dettato da ragioni di basso opportunismo politico può mettere in discussione.