Le migrazioni sono probabilmente il tema più caldo e controverso con cui facciamo e con cui dovremo fare i conti nei prossimi anni. I “fattori di spinta”, le molle che inducono milioni di persone a lasciare le terre in cui sono nati — guerre, dittature, povertà, carestie, mutamenti climatici — esercitano una pressione molto più potente dei “fattori di attrazione”. Si emigra anche se nei Paesi in cui si spera di arrivare la crisi economica non promette nulla di buono. Si parte perché restare è comunque peggio, perché il divario con le mete di destinazione è talmente alto da indurre ad affrontare qualsiasi rischio, fino a sfidare le insidie del mare e i blocchi alle frontiere. 



L’Europa si scopre impotente di fronte a flussi che interessano centinaia di migliaia di persone, e molti governi si illudono che basti alzare nuovi muri per bloccare un movimento che coinvolge intere popolazioni. Dimenticando che, come ha ricordato con un’eloquente espressione papa Francesco, quello che si sta consumando non è un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca. 



Come stare di fronte a questo mutamento? E, al di là degli aspetti legati alle situazioni di emergenza, come si può convivere, come guardare all’altro, al diverso da sé che in molti casi diventa il nuovo vicino di casa, colui col quale misurarsi nella quotidianità? Cosa vuol dire dialogare senza mettere da parte l’identità che ci costituisce, ma facendone lo strumento per realizzare un incontro autentico? Il Centro Culturale di Milano propone un ciclo di incontri che — partendo da un titolo molto assertivo, “L’altro è un bene” — cerca di trovare risposte a questi interrogativi a partire da alcune esperienze già in atto più che da modelli teorici, illuminando persone e iniziative che si muovono nella città più multietnica d’Italia, dove vivono 285mila stranieri su una popolazione di 1milione 300mila abitanti: un punto di osservazione molto significativo anche al di là dei numeri, quello che offre Milano, perché da sempre questa città prefigura tendenze e scenari che poi si realizzano a livello nazionale.



Si parte oggi, mercoledì 3 febbraio (ore 18.15, sala Alessi, Palazzo Marino, Piazza della Scala 2) con un intervento del demografo Gian Carlo Blangiardo che esamina i cambiamenti indotti dall’immigrazione nella vita della metropoli lombarda e insieme evidenzia quanto il radicamento nel tessuto urbano ha influito sulla vita delle comunità straniere. A seguire, gli interventi di Francesco Wu, presidente dell’Unione imprenditori Italia-Cina, e di Mahmoud Asfa, direttore della Casa della cultura islamica, uno degli esponenti più significativi della variegata comunità musulmana. 

Negli incontri successivi saranno l’arte e la bellezza a essere illuminate come cartine di tornasole della convivenza tra identità diverse. Filo rosso dell’iniziativa è la valorizzazione dei tentativi in atto nella città — numerosi, anche se spesso ignorati dal circo mediatico più interessato al sensazionalismo capace di alimentare polemiche e contrapposizioni — di costruire spazi di convivenza e socialità nuova in cui le diverse identità si esprimono e si incontrano. Seguendo il solco tracciato in questa anni da Papa Francesco: “Al principio del dialogo c’è l’incontro. Da esso si genera la prima conoscenza dell’altro. Se, infatti, si parte dal presupposto della comune appartenenza alla natura umana, si possono superare i pregiudizi e le falsità e si può iniziare a comprendere l’altro secondo una prospettiva nuova”. Una prospettiva, quella dell’incontro, che mette alla prova il fascino e la capacità di attrazione delle differenti identità che sono l’anima profonda della convivenza. Perché solo vivendo un’identità aperta e capace di misurarsi con la diversità si può verificare se l’altro è un bene.