Un libro ben documentato aggredisce il modo comune di leggere l’economia in evoluzione del 21° secolo. Il titolo è eloquente: Flourishing within limits to growth (“Fiorire entro dei limiti alla crescita”, ed. Routledge). Per gli autori l’economia non può più accettare il mito di crescita illimitata del Pil; non può nemmeno rassegnarsi ad un’improbabile e impopolare “decrescita felice”. Gli autori (Sven Erik Jørgensen, Brian D. Fath, Søren Nors Nielsen, Federico M. Pulselli, Daniel A. Fiscus, Simone Bastianoni) fanno una proposta: copiare la natura. L’economia deve imparare dagli ecosistemi ad autoregolarsi e a seguire delle regole proprio come l’ecologia non può permettere un illimitato sfruttamento delle risorse della natura. Come in natura nulla va perso o sprecato perché secondo gli autori “in natura non ci sono bidoni della spazzatura”, e come tutto è interconnesso, così anche l’economia deve imparare dalla natura a sfruttare le “tre R”: riuso, riciclo, recupero. Gli autori del libro propongono e documentano che l’uscita dalla crisi non è in una decrescita, ma in una crescita qualitativa, ben lontana però dalla crescita quantitativa della spesa, inflazionistica, gonfiata, imposta dalla cultura occidentale. 



Cultura che è in piena crisi economica proprio per il mito della crescita indefinita del prodotto interno lordo come parametro e per la corsa ai beni posizionali, all’indebitamento e all’arricchimento, pur sapendo che oltre un certo livello di ricchezza il benessere percepito non aumenta. 

Gli autori entrano nel campo della crescita della popolazione e qui c’è qualche intoppo: sembrano abbozzare a favore di politiche di contenimento demografico dei paesi poveri del tipo “top-down”, cioè calate dall’alto; ma in questo devono fare i conti con due questioni. La prima è quanto loro stesso documentano, cioè che esiste un rapporto naturale tra crescita economica e contenimento della spinta demografica: al crescere del reddito si autolimita l’esplosione demografica, perciò lavoriamo per aumentare il benessere e diminuire le disuguaglianze e vedremo anche un freno alla crescita, se ce ne fosse bisogno. Secondo punto, bisogna domandarci quanto debba far realmente paura la crescita demografica e se non sia più auspicabile una migliore ridistribuzione delle ricchezze: la rivista Science inserisce la crescita demografica “fuori controllo” e ingestibile come uno dei miti postmoderni da rivedere. Nel libro significativamente troviamo citato Gandhi: “le risorse bastano per i nostri bisogni ma non per la nostra avidità”. Oltre un certo reddito procapite, spiegano gli autori del saggio, la felicità non aumenta più progressivamente. 



Questo significa anche che il mito della crescita infinita non può reggere; difficile tornare indietro, ma si può convertire il “troppo” in “meglio” passando dalla quantità alla qualità. L’economia mondiale è basata sullo spreco edonistico per vendere, ma può cercare nuove basi: sempre fondandosi sulla sicurezza sociale, ma lasciando più spazio all’estetica e mettendo argini alle derive espansionistiche del consumo. Come dice il titolo del libro: “fiorire”, cioè migliorare la qualità, ma “dentro limiti”. 

Gli autori (il primo autore è Sven Erik Jorgensen, docente di chimica ambientale all’università di Copenaghen, ma ritroviamo gli italiani Federico Pulselli e Simone Bastianoni) vengono da varie parti del mondo e da varie esperienze accademiche (chimica, sociologia, economia) convergendo nella critica al sistema culturale basato “su un’enfasi esagerata sulla crescita e sulla competizione, sul darwinismo sociale usato per giustificare pratiche economiche ipercompetitive, basate sulla fiducia cieca nell’economia trickle-down che beneficiando le classi alte finirebbe per avvantaggiare necessariamente e automaticamente le più deboli, e infine sulla lotta tra poveri e ricchi”. 



E’ importante un testo di economia che parli di ecologia; e che tratti l’argomento non solo da un punto di vista quantitativo, cioè della fine delle risorse; perché la grande sfida è un passo ulteriore, cioè che non si tema più solo “che le risorse finiscano”; ma che si inizi a rispettare l’ambiente “per il dovere intrinseco di rispettarlo”, perché anche se le risorse fossero illimitate è ingiusto e immorale sprecare. E’ un testo impegnativo ma utile per capire come sia possibile tentare di costruire in modo realistico un’economia dal volto umano.