Luca Doninelli, uno dei nostri più grandi, classici e stimati scrittori, sabato a Soul (12.15 e 20.30) ci parla del suo ultimo libro, Le cose semplici, un’opera di stampo classico ,oltre 800 pagine,. cui ha lavorato per dieci anni, una pazza impresa, per raccontare la storia di un amore lacerato che non si attenua, nonostante il tempo e i tempi da Apocalisse. Ma non è fantascienza, la devastazione dell’umano è già qui, presente, nelle nostre città. “Una disgregazione della persona che nasce dalla perdita della fiducia, la grande energia della nostra vita quotidiana, la certezza che la vita anche così com’è continua ad avere un senso, appunto nelle cose piccole, che hanno una forza immensa”.
“Viviamo nell’epoca delle depressione, che è l’incapacità ad avere stima di sé. Ma la stima deriva da un rapporto con Qualcuno più grande di noi, un Altro che stabilisce l’ordine e perfino l’umore delle giornate”. Con Doninelli si parla di desideri e bisogni veri, i soli che muovono l’uomo e danno slancio alla sua vita. Per questo lui scrive, “per dare testimonianza delle esigenze fondamentali, non per misurare quel che funziona e conviene nella letteratura contemporanea. Bisogna raccontare storie che promettano un compimento”.
Non gli piace la definizione sottilmente critica e irridente che gli è appiccicata addosso, di “scrittore cattolico”. “Un idraulico cattolico è diverso dagli altri nel suo lavoro? Il problema è se sei scrittore o no. L’aggettivo diminuisce, è riduttivo. Io sono felice di essere cattolico, e sono felice di essere uno scrittore. Uno scrittore bravo poi non può che finire a parlare di Dio. Per il disagio sociale ci sono i sociologi, per quello intimo ci sono gli psicologi… C’è sempre una responsabilità a scrivere, a parlare, a vivere. Ma pensiamo alla Chiesa: ci ha indicato sant’Agostino come esempio di responsabilità pubblica, e insieme ha santificato sua madre, Monica. Anche la sua testimonianza aveva e ha una forza universale. Qualsiasi malato inchiodato al suo letto ha una responsabilità, dà la sua testimonianza, non meno del più grande scrittore”.
“La paura di questo tempo, ma in ogni tempo dell’uomo è inevitabile. Che cattedrali stiamo costruendo? Le cattedrali sono il punto in cui un uomo, una comunità rimette in gioco la totalità di sé. Il dramma dell’ideologia è che riduce sempre l’uomo, il suo desiderio. Ma le cattedrali rinascono sempre, basta saperle cercare e vedere. Il popolo rinasce sempre, perché non è solo, per sua natura. La paura è inevitabile, si mente a negarla. La si può usare bene, però. Proprio perché ho paura capisco quanto sarei vigliacco se non mettessi in gioco quello in cui credo. Per paura si chiede aiuto, si chiede di sostenere insieme la speranza. Il vero orrore della paura è lasciarsi chiudere in un riparo apparentemente sicuro. E perché se il male c’è, ti viene a cercare ovunque”.