Pamežža tradotto dal bielorusso significa “terra di confine”, ed effettivamente la terra bielorussa è da tempo luogo di incontro fra diverse culture e religioni. Nel paese vive una buona percentuale di cattolici, sebbene la maggioranza della popolazione sia ortodossa, ad eccezione della zona nord-occidentale del paese, la regione di Grodno, dove la religione predominante è la cattolica. Anche geograficamente la Bielorussia si trovava al crocevia tra due imperi, la Confederazione polacco-lituana da un lato e l’Impero russo dall’altro.



La posizione chiave della Bielorussia, tra Oriente e Occidente, l’ha trasformata più volte nel teatro di sanguinosi conflitti bellici e religiosi. Ciò nonostante, la vicinanza agli altri paesi non ha portato solo a continue collisioni, ma anche ad un arricchimento culturale reciproco. In questo senso la Bielorussia tutta è un grande festival di culture a cielo aperto, in cui si susseguono castelli feudali lituani e sinagoghe ebraiche, chiese ortodosse, moschee e chiese cattoliche. Neppure la lingua bielorussa sfugge a questa varietà: oltre al cirillico, infatti, vi compaiono anche caratteri latini.



Ma Pamežža è anche il tutolo di una una manifestazione organizzata da un gruppo di amici ortodossi e cattolici la cui ultima edizione si è svolta a Minsk nell’aprile scorso. Il poeta bielorusso Dimitrij Strocev, uno degli organizzatori, ha deciso di proseguire questa tradizione dopo aver incontrato gli amici italiani di Comunione e liberazione e aver visitato il Meeting di Rimini.

Non è un caso che l’evento si sia svolto in continuità con la mostra del Meeting dedicata al metropolita Antonij di Surož. Nelle tre giornate del “Crocevia” quanti lo desideravano hanno avuto la possibilità di visitare l’esposizione dedicata alla vita del metropolita — l’uomo dell’incontro — nella galleria d’arte del grandioso Palazzo della Repubblica, nel centro della città, costruito sul luogo di un monastero domenicano fatto saltare negli anni 50. Antonij Bloom nacque alla vigilia della prima guerra mondiale a Losanna; in seguito alla rivoluzione la sua famiglia emigrò e dopo lunghe vicissitudini si stabilì in Francia, paese che Antonij considerava la sua patria intellettuale. Tuttavia egli passò gran parte della sua vita in Inghilterra, quindi sono tre i paesi che si intrecciano nella sua vita: la Russia, che amava appassionatamente, la Francia, dove trovò la fede e la propria vocazione, e la Gran Bretagna, dove fondò la diocesi di Surož.



Nel presentare il catalogo della mostra, Aleksandr Filonenko ha notato come l’esposizione non sia stata frutto di un progetto, ma di un’amicizia viva. Il metropolita amava dire che l’incontro è sempre un momento di gioia, perché ogni incontro è un dono di Dio. Per questo motivo gli autori della mostra hanno cercato di organizzarla non come un racconto storico, ma come una sequenza di incontri che hanno cambiato la vita del metropolita.

Anche Alessandra Vitez, presente a nome del Meeting di Rimini, ha ricordato che se non si guarda a Colui che ci mette insieme, si perde le bellezza dell’evento accaduto. Il suo invito agli organizzatori dell’iniziativa bielorussa è stato proprio quello di dialogare, per comprendere sempre di più il significato dell’incontro per ognuno di noi.

Il “Crocevia” è continuato con una lezione di Mariella Carlotti, alla galleria Tut.By al nono piano di un grattacielo in vetro da cui si spalancava il panorama di tutta la città. In questa cornice futuristica, Carlotti ha svolto una sorta di visita guidata virtuale agli affreschi sul Buon e Cattivo Governo in città e in campagna del Palazzo Comunale di Siena, illustrandone i contenuti allegorici e trasportando gli spettatori sulla celebre piazza del Campo. Nel Medioevo il ciclo di affreschi che decora la Sala dei nove, dove si riuniva il governo della città, prendeva il nome di Allegoria del Bene Comune, o della Pace e della Guerra. Questo titolo venne cambiato, non a caso, durante l’Illuminismo. Se la denominazione precedente sottolineava la dimensione comunitaria della Siena medievale, il “buon e cattivo governo” rimanda all’idea dello Stato come istituzione politica, cioè a una concezione che nasce solo con l’avvento dell’età moderna.

Il giorno dopo il filosofo francese Jean-Noël Dumont è tornato sul tema della dimensione politica del cristianesimo attraverso una lezione sul libro del teologo americano William Cavanaugh, Torture and Eucharist (Tortura ed Eucarestia). Secondo Cavanaugh la tortura è la violazione dell’integrità del corpo, e la Chiesa è il corpo di Cristo. Sin dall’inizio del cristianesimo la liturgia eucaristica si è proposta come gesto pubblico e le stesse parole di Cristo, “il mio Regno non è di questo mondo”, hanno una valenza politica. Per questo motivo i cristiani hanno il dovere di partecipare alla vita politica, per quanto lo Stato cerchi di confinare il sacro nella sfera della vita privata. Portando come esempio il Cile, Dumont ha mostrato come lo Stato sia ricorso alle torture, mentre i cristiani cercavano di resistere a questa violenza secondo il principio che, «se soffre un membro, tutto il corpo soffre».

Le tesi di William Cavanaugh trovano conferma anche nell’esempio di alcuni martiri bielorussi del XX secolo, Serafim Žirovickij, Antonij Lešcevic e Jurij Kašira, che hanno dato la propria vita per Cristo durante gli anni delle tragiche persecuzioni contro la Chiesa. A raccontarci della loro vita e morte sono stati studiosi e credenti bielorussi che tengono viva la memoria del loro sacrificio.

Il “Crocevia” si è concluso con una serata dedicata alla memoria di Nikita Struve, una delle ultime figure di rilievo della prima ondata dell’emigrazione russa. Per illustrarla sono intervenuti Aleksej Sigov, padre Aleksandr Šramko, Jean-Fraçois Thiry e Aleksandr Filonenko. Dinanzi agli uditori è balzata viva questa figura di patriota russo che, dalle rive della Senna, ha saputo preservare la cultura russa classica dopo la rovina dello Stato che l’aveva generata. Un altro modo per ritornare ai temi principali proposti: l’incontro tra Stato, comunità e persona.

Vladimir Stepanov