LIPSIA — È notizia recente che il cardinal Karl Lehmann (Magonza), una delle più famose personalità ecclesiali del mondo tedesco, abbia chiesto ed ottenuto da Roma la possibilità di andare in pensione in occasione del suo ottantesimo compleanno. 

Il cardinale, nato nel 1936, ha scritto una dissertazione nel 1962 sul tema “Vom Ursprung und Sinn der Seinsfrage im Denken Martin Heideggers” (sull’origine e il senso della domanda sull’essere nel pensiero di Martin Heidegger), a partire dal 1971 è stato coeditore della rivista teologica fondata da Hans Urs von Balthasar, Communio, dal 1987 al 2008 è stato presidente della Conferenza episcopale tedesca ed infine è stato creato cardinale nel 2001 da Giovanni Paolo II, anche se proprio con quest’ultimo non vi è stato sempre pieno consenso (per esempio sulle questioni legali che interessano i consultori cattolici a proposito  dell’aborto, che in Germania è esento da pena fino alla dodicesima settimana, o sulla questione della comunione ai divorziati risposati). Si tratta insomma di una visione cattolica culturalmente molto elevata, certamente fedele a Roma nell’essenziale, ma che vede e difende una “specificità tedesca” nell’appartenenza alla Chiesa (da non confondere però con la versione di destra, espressa da Alternative für Deutschland, di questa specificità tedesca). 



A proposito del grande successo in alcuni regioni del nuovo partito tedesco AfD il cardinale si è espresso in questo modo: “pensando alla mia età e al fatto che sono nato nel 1936 ho ancora nella mia memoria la disponibilità della gente” ad accettare le tendenze nazionaliste di allora. Per questa similitudine con il passato nazionalsocialista il cardinale non ritiene possibile un dialogo politico con AfD. Si potrebbe rispondere che la storia non si ripete mai identica e che ci sono tante persone che certamente non sono naziste ma che si sentono escluse dalla politica dei partiti dominanti e desiderano qualcosa di nuovo, che per l’appunto vedono nell’AfD.  



Ha reagito alle parole di Lehmann la vicepresidente di AfD, Beatrix von Storch, parlamentare europea, chiedendo alle chiese tedesche di rinunciare al privilegio delle tasse obbligatorie che i credenti tedeschi devono corrispondere se vogliono essere membri di una chiesa. In un video su Facebook von Storch dice con ragione che questi privilegi nascono dal concordato della Santa Sede con Adolph Hitler. Un modo per dire che anche la AfD non ha dimenticato i crimini del nazionalsocialismo. “A settanta anni dalla fine di quest’epoca — ha detto la Storch — la Chiesa approfitta ancora oggi del concordato che Hitler aveva stipulato con la Santa Sede nel 1933” e ha aggiunto, rivolgendosi indirettamente a Lehmann: “Sarà sicuramente d’accordo con me che un’istituzione alla sequela di Gesù Cristo non debba basare i suoi privilegi statali su un concordato fatto con il nazismo”.



La vicepresidente dell’AfD sì è richiamata espressamente al famoso discorso di Friburgo del 2011 di papa Benedetto XVI, che in quell’occasione non aveva parlato esplicitamente delle tasse regolate dal concordato, ma aveva detto con chiarezza che la comodità e i privilegi non fanno bene alla Chiesa. La parola usata dal papa era stata “Entweltlichung”  (demondanizzazione), questa secondo la leader di AfD non può che significare “superamento dei privilegi politici per concentrasi sulla fede” (Storch). Secondo la von Storch ciò è possibile in Germania solamente con la rinuncia ai privilegi previsti dal concordato con Hitler: “una chiesa indipendente dallo stato è meglio di una chiesa dipendente dai privilegi concessi dallo stato, diversamente non può che essere che un  portavoce del governo. Le chiese dovrebbero stare dalla parte dei fedeli e non dei potenti”.  

Che Beatrix von Storch si richiami a papa Benedetto XVI e non citi mai Papa Francesco, che avrebbe anche da dire alcune cose sul tema “mondanità” della Chiesa, esprime la sfiducia che il mondo conservatore luterano (von Storch è luterana) e cattolico tedesco hanno nei confronti del papa argentino accusato di essere a sua volta mondano e politicamente corretto. 

Questa continua contrapposizione di Benedetto XVI a papa Francesco, come ho avuto modo di sottolineare più volte, è una costruzione che non corrisponde al vero. Il papa emerito, in una lunga intervista con il padre gesuita Jacques Servais, ha espresso ultimamente e in modo chiaro la continuità tra gli ultimi pontefici sul tema centrale della misericordia, che politicamente — e ciò non piace a von Storch — significa anche solidarietà con tutti quei profughi ai quali la cancelliera Merkel ha permesso l’entrata in Germania, anche se ciò le costa critiche sia all’interno della Germania che all’esterno di essa.

Ciò detto, rimane vero il fatto che la sfida lanciata da von Storch tocca un tema cruciale della Chiesa tedesca, che sembra spesso essere più ricca di denaro che di un vero interesse alla fede in Cristo. Le discussioni all’interno del cattolicesimo tedesco riguardano spesso questioni clericali (Perché le donne non possono diventare sacerdote? Si deve rinunciare al celibato obbligatorio dei sacerdoti?) e quasi mai riguardano la domanda di cosa significhi oggi vivere, non discutere, la fede in Cristo presente, che vuole raggiungere tutto dell’uomo e tutti gli uomini. Tanti dei corsi di formazione per gli insegnanti nelle scuole, organizzati dagli ordinariati, specialmente nei vecchi Länder, mettono per esempio in dubbio la rilevanza pedagogica di un tema come la risurrezione di Cristo, sulla base della convinzione che sarebbe irresponsabile promettere ai giovani come un fatto reale ciò che invece è solo una dimensione simbolica della fede. 

La sfida di Beatrix von Storch non è tanto interessante per la sua concentrazione su una fede non mondana, che presumibilmente ritiene frutto del “politically correct” la coniugazione di essa alle domande sociali posta da papa Francesco nella Evangelii gaudium (a proposito di un’economia che uccide) o nella Laudato si’ (a proposito del legame tra ecologia e questione sociale dei poveri) su problemi non solo tedeschi, ma di tutto il mondo. Essa è però interessante per vedere se la domanda principale della fede cristiana, quella che Cristo pone a Pietro nel capitolo 21 del Vangelo di Giovanni: “mi ami, tu?” abbia una forza tale da essere il vero cuore della Chiesa, anche senza le entrate garantite da credenti che, ancora oggi, devono obbligatoriamente pagare per appartenere ad essa.