Mentre a Bruxelles il livello di agitazione è (comprensibilmente) altissimo per le conseguenze del referendum britannico, al Parlamento Europeo (nell’area JAN 3Q) ha aperto ieri la mostra della Fondazione Avsi “Generare Bellezza. Nuovi inizi alle periferie del mondo”, ospitata dall’eurodeputato italiano Massimiliano Salini, a cui va il merito di aver voluto comunque confermare l’evento.



Ma cosa c’entra la bellezza con la Brexit? 

Le istituzioni europee sono spesso accusate di essere lontane dalla realtà, dalla concretezza quotidiana delle persone, di essere chiuse nel proprio circolo vizioso di una burocrazia impermeabile e autoreferenziale. 

Portare nel cuore del “sistema” esperienze concrete del terreno, “buone pratiche”, esempi positivi che le istituzioni possano guardare, sostenere, “imitare”, è il contributo più costruttivo che un’organizzazione come Avsi, ben radicata sul terreno nei paesi in via di sviluppo, può dare oggi.



La mostra racconta tre realtà esemplificative dell’attività di Avsi in Kenya, Ecuador e Brasile in tre settori cruciali nella cooperazione allo sviluppo: l’educazione, la lotta alla denutrizione, il cosiddetto women empowerment. Realtà dove Avsi accompagna le persone nel cammino della vita producendo frutti durevoli, dando priorità alle relazioni, alla libertà, alla infinita dignità di ciascuno. Il direttore che mette uno specchio all’ingresso della scuola rurale così che le mamme e i ragazzi possano guardarsi e riconoscere se stessi e la propria unicità, la nonna (di 55 anni!) che ha imparato a leggere e scrivere, i bambini che con il recupero della nutrizione ritrovano anche l’affetto familiare… 



Sembra troppo poco, sembra quasi niente, se non che, a ben guardare, tutti i grandi processi nella storia sono stati innescati da piccoli “semi”.

Quando si parla di politiche, strategie, programmi, risultati, però, si prendono altre strade. Con il rischio di finanziare ciò che non è efficace, e di misurare ciò che non è decisivo.

Tante volte, quando a Bruxelles abbiamo parlato della dignità della persona, o chiesto di favorire e sostenere la crescita di soggetti per uno sviluppo veramente sostenibile, ci siamo sentiti dire che erano belle parole ma poi il discorso tornava alle procedure, ai meccanismi, etc. Come se la tecnica fosse neutra, come se scegliere un meccanismo di finanziamento o un altro non dipendesse da ciò a cui si vuole dare valore.

La ricetta vincente per lo sviluppo non ce l’ha nessuno, ma ci sono esperienze positive in atto che le istituzioni devono guardare di più e meglio. Del resto anche Schuman all’inizio della prima comunità europea, invitava a “realizzazioni concrete, creanti anzitutto una solidarietà di fatto”.

I quasi 45 anni di esperienza di Avsi in tutto il mondo documentano che l’unico “sistema” che può funzionare è l’incontro. 

Ogni tentativo di generare progresso, anche il proposito più elevato di uguaglianza, senza questo fallisce. Come ha detto proprio pochi giorni fa Papa Francesco (discorso del 13 giugno 2016 al WFP World Food Programme, Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite): “Le statistiche non ci saziano. Non basta elaborare lunghe riflessioni o sprofondarci in interminabili discussioni su di esse, ripetendo continuamente argomenti già conosciuti da tutti (…). Quando mancano i volti e le storie, le vite cominciano a diventare cifre e così un po’ alla volta corriamo il rischio di burocratizzare il dolore degli altri. (…) Questo ci impone un intervento su scale e livelli differenti in cui venga posto come obiettivo dei nostri sforzi la persona concreta che soffre e ha fame, ma che racchiude anche un’immensa ricchezza di energie e potenzialità che dobbiamo aiutare ad esprimersi concretamente”.

Storie reali, vite radicalmente cambiate, nuovi protagonisti nelle loro comunità, testimoniano che il vero sviluppo umano nasce da uno sguardo umano vero, da persona a persona, generando nel mondo una “contagiosa” bellezza.