Una corrispondenza che credevi interrotta / ritorna con misteriosi legami / considera la tua fedeltà al passato“. Scelsi questi versi di Giampiero Neri come incipit della mia tesi, che davvero poco aveva da spartire con la poesia, dato che si trattava di un saggio di storia militare. 

Eppure, quell’incipit fu per me un riconoscimento naturale alla sua amicizia, un “grazie” per l’incontro con la sua scrittura, così reticente ed evocativa, così attenta ai dettagli come un grande polittico fiammingo. 



Neri (Erba, 1927) è un maestro schivo delle nostre lettere, un “irregolare”, che iniziò a pubblicare tardi, sulla soglia dei 50 anni, dopo una vita passata a lavorare in banca, e che sorprese subito per l’originalità dell’ispirazione. All’uscita della sua opera prima, Laspetto occidentale del vestito (Guanda, 1976), Giovanni Giudici sul Corriere della Sera lo accolse così: “Neri ha scritto pochissime poesie e non sarà mai un autore ‘eloquente’ nel senso della quantità, ma per la densità di esperienza da cui deriva e su cui si apre il suo avaro e austero discorso è come se ne avesse scritte (ne ha scritte) moltissime e infatti il senso più profondo della sua invenzione si svolge piuttosto al come che non al che cosa“. 



Neri scrive poesie come cammei: è interessato alla storia (il tragico biennio 1943-1945), al multiforme volto del male, a custodire il valore della memoria (virtù non indifferente nel nostro tempo così smemorato). Non è un caso, quindi, che uno dei suoi primi riferimenti sia stato Omero, forse più quello violento e “ispido” dell’Iliade rispetto a quello “seducente” dell’Odissea

Un testo decisivo per entrare nel laboratorio di Neri è la poesia che dedicò a Edoardo Persico (“Dallo stesso luogo”, Poesie 1960-2005, Oscar Mondadori):

Come l’acqua del fiume si muove
contro corrente vicino alla riva
si disperde dentro fili d’erba
lontana dal suo centro
la memoria fa un cammino a ritroso
dove una materia incerta
torna con mille frammenti“.



È questa la vocazione di Neri: riattualizzare il passato attraverso frammenti e dettagli che indichino un orizzonte più aperto e magari inaspettato. I personaggi di Neri, come ha sottolineato Maurizio Cucchi, vivono “in atmosfere sospese, fugaci parvenze sembrano già pronte a essere riassorbite nell’oblio, o a dissolversi d’incanto una volta per tutte, come corpi d’improvviso e dopo lungo tempo riportati all’aria e alla luce”.

Neri è poeta del paradosso e dal tono oracolare. Attitudine ereditata dal suo professore più amato, a cui ha dedicato le sue prose più recenti (Il professor Fumagalli e altre figure, Mondadori 2012). Ecco qualche aforisma:

“Ogni rovescio / ha la sua medaglia”; “Chi trova un tesoro / trova un amico”; “La velocità è diabolica”. 

Neri è un autore che continua ad avere fiducia nella poesia. A chi lo interroga sul destino del poeta nella nostra società, risponde: “Un ruolo di voce ascoltata, una voce fuori dal coro, come fu la voce di Giovanni il Battista, voce di uno che grida nel deserto. Un uomo che mangiava il miele selvatico, ma che si nutriva anche di locuste”. 

E di fronte a coloro che hanno profetizzato la “morte” della poesia, ribatte: “La poesia rimane un’esigenza dell’animo umano. Questo consolida l’idea che la poesia sia sinonimo di verità e come tale sarà sempre ricercata dall’uomo”. 

Incontrare Neri significa anche affrontare un diverso Canone letterario. Le sue preferenze non sono mainstream(anche se certamente ama più Dante che Petrarca). Predilige sentieri secondari, forse carichi di asperità, ma che possono portare a vette dall’aria più tersa. Il suo Canone include Fenoglio: “Ha una straordinaria asciuttezza nella narrazione. È una scrittura potente che fa pensare ai classici. E a Tacito in particolare. Nella sua opera si raccolgono insieme l’arte e la filosofia. Il romanzo e il saggio. E lo studio sull’uomo, l’analisi sull’uomo. Questo è Fenoglio”.

E insieme all’ardente Campana assegna un posto di rilievo a Villon: “è il poeta più importante per l’Europa dopo Dante. Ha gettato le basi della nostra cultura contemporanea. Tutti i versi di Villon sono incantevoli dal punto di vista della forma e straordinariamente profondi per quello che riguarda la sostanza della poesia. È un rivoluzionario…”.

Fin dall’infanzia Neri ha scrutato la natura, non a caso il suo primo libro Mondadori è proprio Teatro naturale. Anzi, ha studiato la lezione degli animali per comprendere qualcosa di più del complicato “formicaio” degli uomini: “L’osservazione degli animali conduce fatalmente al suo aspetto mimetico. C’è un mimetismo di difesa e di offesa. Essendomi interessato fin da ragazzo alla vita degli animali sono stato portato a riflettere su questo fenomeno che spiega alcune colorazioni del loro mantello, della loro pelle e che però aggiunge mistero al mistero e si guarda bene dal risolverlo. Perché per esempio alcune specie hanno adottato queste difese e altre no? L’osservazione degli animali, che prescinde dalla psicologia, offre un campo di osservazione più vasto e meno ambiguo di quello umano. Il fenomeno della violenza e dell’aggressività appartiene a entrambe le specie”.

La natura di Neri è così splendida e inquieta, spesso implacabile, come lo sguardo della poiana: 

Dagli spalti del Dosso
il paesaggio si apre sulla pianura
e una lontana linea di alture
ne segna il confine.
A una stessa ora
c’è una macchia più scura
fra le foglie, un battito d’ali
un volo calmo sulle cime degli alberi,
la poiana che si appresta
ai suoi compiti
decide con una sola occhiata.

Oggi a Castel Sismondo a Rimini si aprirà il Festival di Parco Poesia sotto la direzione artistica di Isabella Leardini. Si prenderà il polso ai nuovi orientamenti della poesia italiana. Ci saranno reading e molti approfondimenti e un punto fermo: la serata d’onore per Giampiero Neri. È un’ottima bussola per iniziare a orientarsi.