Nei giorni che hanno seguito la Brexit e che stanno, come ogni estate, segnando l’arrivo di barconi e gommoni sulle coste della Sicilia, il tema del dialogo interculturale diventa di nuovo, e ancora una volta, centrale nelle discussioni quotidiane.
Ecco perché eventi come la “Quarta giornata Interculturale Bicocca”, che si è svolta alla fine di maggio presso l’ateneo milanese, costituiscono un importante punto di riferimento per la grande quantità di spunti che contengono. Tra i relatori Alessandro Baricco, scrittore, autore e divulgatore, ha saputo stimolare i mille partecipanti con alcune riflessioni interessanti. In primis quella sull’inadeguatezza del sistema scolastico, non solo italiano, ma occidentale, incapace di stare al passo con i tempi e di offrire un modello moderno.
Non bastano personal computer, Lim e innovazioni didattiche. Va proprio cambiato il sistema. Qui si gioca il destino dei nostri figli e del mondo futuro. Ma è il tema dei confini quello che più mi è rimasto impresso. “Noi tutti in questa sala – ha ricordato Baricco – ci immaginiamo un mondo dove i confini non dico che non esistono del tutto, ma sono ‘light’, molto leggeri. Siamo istintivamente per un mondo liquido in cui la gente si incontra e le cose si possono scambiare. Noi sogniamo e vogliamo un mondo del genere”.
E ancora: “L’idea di confine è stata una delle grandi conquiste degli umani dal punto di vista geopolitico (molte persone sono morte per difendere l’idea di confine), ma è stata una conquista psicologica che è costata un sacco di tempo e di intelligenza”. Ed ecco che emerge subito la dicotomia della discussione. Il mondo liquido da una parte e il confine dall’altra. Ma perché è così importante questo concetto? “L’idea di confine – spiega Baricco – coincide con quella di identità. Senza confine è difficile avere un’identità. L’idea di identità partorisce il confine. Gran parte dell’umanità ha pochissimi strumenti per darsi un’identità. Ha un’idea così flebile da sfiorare la scomparsa”.
Identità e voglia di esistere. Desiderio di esprimere se stessi. E quando l’individuo perde se stesso, cosa cerca, cosa lo sostituisce? “La nascita delle nazioni nell’Ottocento – ha ricordato Alessandro Baricco – è stata una straordinaria cura allo smarrimento umano. Noi oggi parliamo di ponti (il titolo dell’incontro in Bicocca era “Building bridges, tra le due sponde, l’educazione interculturale all’epoca dei nuovi fondamentalismi”, ndr) ma veniamo da un passato fatto di confini. Sciogliere un confine per costruire un ponte e lasciare la gente orfana di un’identità non solo è un gesto inadatto, ma è un gesto che ci si ritorcerà contro”.
A distanza di qualche settimana dall’ascolto di queste parole, ho ancora dentro di me viva la reazione che hanno generato. Quella di una finestra spalancata su un nuovo mondo. Quella di una piccola rivoluzione copernicana, dove il centro del mondo non siamo più noi, ma gli altri.
Quella di aver assunto la consapevolezza di una pretesa superiorità intellettuale che spesso porta quelli che vogliono costruire ponti a guardare gli uomini dei muri dall’alto in basso. Ed è evidente, se ci fermiamo un attimo a pensare, che questa contrapposizione non può portare lontano. È una prospettiva che non capisce il punto di vista di coloro che stanno cercando, faticosamente, di costruirsi un’identità.
Ecco perché l’immagine della Grande Muraglia cinese spiega bene questa situazione: “La Grande Muraglia – spiega Baricco – era tecnicamente inutile (i nemici entravano costantemente da tutte le parti) però rappresentava uno strumento, non tanto per tenere lontano il diverso quanto per tenere compatto chi era dentro. Al mondo c’è un sacco di gente che si alza al mattino e non ha un’identità precisa. Queste persone amano i muri e si alzando volentieri con la Grande Muraglia. Non possiamo costruire nessun ponte se ogni volta non mettiamo un mattone di aiuto per coloro che non sono in grado da sé di formarsi un’identità. Se no, li mandiamo allo sbando. Il mondo aperto e liquido lo vogliono quelli più in gamba e il mondo del business. Se vogliamo un campo aperto dobbiamo costruire i giocatori prima del campo, ed ecco, per tornare all’inizio, l’importanza del tema dell’educazione”. Se non lo capiamo, se li emarginiamo e li guardiamo con sufficienza non faremo mai un passo avanti nel dialogo interculturale.
“L’interculturalità – ha concluso Baricco – non è mai un problema se non quando si presenta come confronto tra poveri e ricchi. Il problema nasce quando l’incontro tra le culture diventa necessario per un’incombenza economica. Dobbiamo deciderci per un’idea di giustizia sociale assai diversa da quella che abbiamo oggi. Quella che abbiamo è arrugginita”.
Queste sono le sfide dell’Europa e dell’Occidente di oggi. Parole come confine, identità, muri, ponti, ricchi, poveri, educazione e giustizia sociale devono diventare il centro della discussione vera sia nei palazzi delle Nazioni Unite che ai consigli europei e ai G8. Ma anche nelle scuole e nelle famiglie. Se vogliamo provare a costruire un mondo con meno tensioni, paure, divisioni dobbiamo partire da queste riflessioni per provare ad andare avanti. Per mettere un mattone che consolidi un’identità e allo stesso tempo cominci a costruire un ponte.