La Presidenza del Consiglio dei ministri ha di recente istituto il Comitato storico-scientifico per gli anniversari di interesse nazionale, un coordinamento che valuterà a breve i progetti di ricerca che gli saranno presentati sui seguenti temi: il referendum istituzionale del 1946, l’accesso al voto delle donne nel dopoguerra, e infine l’Assemblea costituente, decidendo così quelli a cui assicurerà il patrocinio e un finanziamento.
Dato l’orizzonte temporale interessato dai suddetti eventi, oggetto di studio per un inquadramento nelle feste nazionali, gli storici dell’età contemporanea costituiscono evidentemente il gruppo disciplinare naturalmente più interessato da questa “call” ministeriale, aperta peraltro a tutta la comunità scientifica. In particolare, l’associazione professionale che li raggruppa, la Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea (Sissco) ha subito reagito costruttivamente allo stimolo del Governo, e il suo presidente, il professor Fulvio Cammarano dell’Università degli Studi di Bologna ha incontrato il sen. Franco Marini, presidente del Comitato, registrando l’apprezzamento per l’attenzione della società alle proposte del Comitato medesimo.
Pertanto la Sissco ha deciso di favorire l’aggregazione dei soci interessati a dar vita a gruppi di ricerca che intendono lavorare specificamente su quei temi. Tra i contemporaneisti si sono offerti, come coordinatori dei tre diversi ambiti di ricerca, per il “Voto alle donne” Elisabetta Vezzosi dell’Università degli Studi di Trieste, per il “Referendum” Maurizio Ridolfi dell’Università degli Studi della Tuscia, per la “Costituente” Giovanni Orsina dell’Università Luiss Guido Carli di Roma.
In particolare, il percorso coordinato dal professor Ridolfi, “Il referendum del 2 giugno 1946: la nascita, le storie e le memorie della Repubblica”, appare collegato anche al dibattito politico odierno, trovandosi il nostro Paese in vista dell’imminente celebrazione del referendum costituzionale confermativo. Quella prima consultazione referendaria infatti è da considerarsi direttamente collegata alla nascita della democrazia italiana, ponendosi in discontinuità con i precedenti plebisciti monarchici e fascisti. Il referendum fu così l’istituto che chiuse la transizione dopo la fine della dittatura e legittimò la “nuova Italia” nel contesto internazionale. Da esso sorse la repubblica parlamentare, attraverso i lavori dell’Assemblea costituente e nel solco dei valori espressi dalla Costituzione.
Come sottolinea il manifesto di questa linea progettuale, “lo scioglimento del dilemma istituzionale si svolse allora nel vivo del confronto tra piccole e grandi formazioni politiche, nella ‘tensione’ tra progetto nazionale e rappresentazione delle identità ‘di parte'”. Il discorso pubblico che animò quella transizione democratica fu attraversato da storie del passato, di carattere nazionale e locale, e da memorie culturali collettive e individuali. Si venne così a produrre una “territorialità civica”, definita dalle ideologie politiche e dalla cultura storica, contrassegnando così fin dagli anni di fondazione della Repubblica le diverse “Italie politiche” del secondo dopoguerra.
Bisogna ammettere che a tutt’oggi la storiografia ha riconsiderato solo in parte quel tornante della storia nella sua valenza italiana e pure internazionale. Non è stato ancora prodotto un approccio complessivo, capace di approfondire sia il contesto post-bellico che la presenza dell’istituto referendario (partendo naturalmente da quello del 2 giugno) nella vicenda e nella memoria pubblica dell’Italia democratica. Se con l’opera istituzionale dell’Assemblea costituente si posero le premesse per la cosiddetta “prima repubblica” (rivelatasi duratura fino agli Novanta), per la prima volta questo progetto propone di interrogarsi sul lascito di quel processo fondativo anche in termini comparativi — ad esempio, attraverso il confronto con l’analogo processo in Francia —, nella declinazione di molteplici forme di cittadinanza (civile, politica e sociale).
Occorre oggi ripensare e mettere in correlazione le diverse memorie delle forze politiche con le narrazioni civili, istituzionali, letterarie e comunicativo-mediatiche. L’intento pertanto del percorso sul referendum è anche quello di promuovere una raccolta di testimonianze orali e un monitoraggio di fonti scritte coeve, recuperando le voci e le emozioni dei protagonisti di quelle “memorabili giornate” (il 2 e il 3 giugno 1946). Attraverso l’incrocio tra fonti orali e cinematografiche si ritiene di sviluppare anche una modalità di conoscenza propria della Public History, volta in particolare a mettere in evidenza la ritualità civile e il discorso pubblico.
Al fine di sviluppare questo ambizioso progetto, previsto nel triennio 2016-2018, si è così costituito un nutrito gruppo di ricerca, con il concorso di numerose università italiane, il quale intende procedere nella ricerca attraverso il confronto con gli studi esistenti, e mediante anche la valorizzazione di fonti inedite, nel quadro di un programma di natura comparativa e interdisciplinare.
In ultima analisi, si porrà in essere un lavoro di approfondimento della memoria, il quale, affrontando le vicende collegate a quella prima stagione referendaria della nostra storia repubblicana, potrebbe pure offrire utili elementi di analisi e riflessione rispetto al percorso di rinnovamento istituzionale attualmente aperto nel nostro paese.