Clive Staples Lewis, uno dei più singolari intellettuali dell’Inghilterra del suo tempo, uno dei più celebri convertiti del suo tempo: approdato al cristianesimo, dopo una lunga militanza atea e scientista, aveva scritto opere storiche e libri in difesa del cristianesimo in un mondo che vedeva scivolare inesorabilmente verso l’indifferentismo religioso.
Ma l’autorevole professor Lewis — per gli amici Jack — era anche un sognatore, fin da quando era bambino in Irlanda, e i suoi sogni a volte erano strani, in particolare quando venivano a visitarlo dei leoni.
“Tutti i miei sette libri su Narnia e i tre di fantascienza — scrisse nel suo volume Altri mondi — sono cominciati vedendo delle scene nella mia testa. In principio non erano un racconto, ma solo dei quadri. Il Leone la strega e l’armadio ebbe inizio con la scena di un fauno che portava un ombrello e dei pacchetti in un bosco candido per la neve. Questa scena era stata nella mia mente da quando avevo circa 16 anni. Poi un giorno, vicino ai quaranta, mi dissi: ‘Cerchiamo di tirarne fuori un racconto’. All’inizio avevo una pallidissima idea di come sarebbe andata la storia. Poi improvvisamente vi saltò dentro Aslan. Penso di aver sognato in quel periodo una buona quantità di leoni. A prescindere da ciò, non so da dove venne il leone e perché venne. Ma una volta lì, trascinò tutto il racconto, e presto si tirò dietro gli altri sei della serie di racconti di Narnia”.
Così nacque Narnia, la terra che ha fatto sognare milioni di lettori, uno dei più affascinanti tra i mondi fantastici inventati dall’immaginazione degli scrittori. Il sogno di Jack si trasferì sulla carta, con tutti i ricordi dei suoi sogni di bambino, con gli animali parlanti, con i cavalieri, con le streghe, i nani, i fauni. E soprattutto con un leone, quel leone del sogno che prese il nome di Aslan, un incredibile personaggio che è il vero principale protagonista delle Cronache, il “filo rosso” che tiene insieme tutti gli episodi iniziati con Lucy che entra nell’armadio e incontra il fauno sotto la neve.
Così, nell’estate del 1948, il professor Jack Lewis cominciò a scrivere un racconto fantastico che intitolò Il leone, la strega e l’armadio.
Quando il libro uscì, fu un successo incredibile, anche piuttosto inaspettato. Un libro che era uscito da un sogno, dai ricordi dell’infanzia e dal suo amore per la Bellezza e per la Verità, divenne l’inizio di un ciclo, che ebbe termine esattamente sessant’anni fa, il 4 settembre 1956, con la pubblicazione del settimo volume, L’Ultima Battaglia. I lettori si trovarono di fronte non semplicemente all’episodio conclusivo della saga di Aslan e dei fratelli Pevensie, ma alla rappresentazione dello scontro finale che attende il mondo, una visione del l’Apocalisse dove Satana lancia la sua ultima sfida contro la visione cristiana del mondo, contro l’idea dell’uomo fatto ad immagine di Dio, e vuole affermare un potere che prevarica norme e leggi di natura per assecondare empi desideri e ambizioni.
Tutti i personaggi incontrati nei sei romanzi precedenti vengono alla ribalta: il Professor Kirk, Edmund, Peter, Lucy, gli gnomi, il topo Ricipì… Ma i veri eroi di questo atto finale sono Tirian, ultimo discendente dei re di Narnia, e i due bambini Eustachio Scrubb e Jill Pole, che devono smascherare un assurdo impostore. Si dà il caso, infatti, che lo scimmione Shift abbia travestito da leone l’asino Puzzle, cercando di farlo passare per il leggendario Aslan, e che qualcuno ci abbia creduto. E’ ancora una volta l’allegoria cristiana che traspare: la scimmia che vuole usurpare il posto di Aslan è l’Anti-Cristo, che la Scrittura definisce “la scimmia di Dio”, una tragica parodia. Contro le forze della magia il bene mette in campo la verità che smaschera la menzogna, la fedeltà che si oppone al tradimento, il valore che surclassa la viltà, il bene che sconfigge il potere malefico.
E alla fine tutto è compiuto, e Aslan può rivelare a ciascuno il proprio destino, invitando a non avere paura, e a tornare definitivamente nel nostro mondo, il Paese delle Ombre.
Concludendo la vicenda di Narnia, Lewis ci ricorda che l’uomo è fatto per la verità, che può raggiungerla. e tale ricerca non è vana. Basta tornare bambini, e “chiedere ancora”, cioè vivere con intensità la dimensione della domanda e del desiderio.