L’interpretazione dei sogni è probabilmente il più noto volume di Sigmund Freud. L’opera apparve per la prima volta nel 1899 e dovrà attendere un cinquantennio per vedere luce anche in Italia. Sia chiaro: dal punto di vista metodologico, l’analisi di Freud ha davvero qualcosa di rivoluzionario. Non solo, grazie anche al successo delle tesi freudiane, la psicoanalisi da quel momento in poi verrà riguardata con maggiore rispetto e minori sospetti. Ciò non bastasse, il lavoro sulla formazione onirica rappresenta un guanto di sfida alla scienza contemporanea: la stessa scienza che aveva relegato il sogno nel limbo dell’ascientificità è ora costretta a prenderlo in carico, a farci i conti.
Bisogna sapere distinguere, d’altra parte, i meriti del lavoro di Freud sul piano dei metodi e dei contenuti dalla fondatezza delle sue analisi: non necessariamente ciò che quando appare si dimostra valido e meditato regge all’usura del tempo e al contrasto di nuovi studi, sempre più tecnici e sempre meglio argomentati. In più, tra Freud e freudiani, per una singolare nemesi storica, sembra essersi instaurato lo stesso rapporto che c’è tra Marx e i marxisti. Un conto sono le idee e gli scritti dei pionieri, un conto è il dogmatismo spesso asfissiante dei loro seguaci. Le pretese di nuove metodologie scientifiche, tutte basate — in politica o in medicina — su istanze anticonvenzionali, antiborghesi, antiaccademiche… nello spazio di una generazione ecco che diventano in voga, diventano patrimonio comune degli accademici di mestiere che prima le respingevano. Le nozioni più genuine vengono manipolate, allo studio che si oppone al luogo comune si sostituisce uno studio che diventa esso stesso luogo comune.
Ben al di là della metodologia psicoanalitica e dell’interpretazione dei sogni, ben al di là della stessa vicenda personale (biografica e professionale) di Freud, è la psicoanalisi in sé ad avere per decenni subito questa involuzione: da scienza che si proponeva di costituirsi come tale, liberandosi dal pregiudizio e promettendo di liberare l’inconscio dalle catene, a lettura omologante di quel medesimo inconscio, secondo categorie eteronome e imposte. Alcune intuizioni freudiane sono diventate base del nostro modo di guardare a noi stessi, dell’opportunità di distinguere, nel sogno, ciò che ci appare come immediatamente visibile e ciò che è conseguenza di nostre occupazioni, preoccupazioni, nevrosi quotidiane.
In nome della deriva erotica di molta psicoanalisi, che ha imbrigliato il desiderio nella necessità di dovere rispondere a categorie già scritte, permeate di una razionalità a propria volta arbitraria, abbiamo lasciato fuori dall’analisi comune i due aspetti più interessanti di tutta la costruzione psicoanalitica: le libere associazioni mentali e i lapsus, le sviste, le mancanze. La psicoanalisi ha smarrito il suo sentire di arricchimento esegetico e di emancipazione personale per chiudersi troppo spesso nel recinto maniacale di disvelare il contenuto morboso, erotico e tanatologico di ogni desiderio. Una scienza così costruita non poteva che diventare di moda e, nell’atto di divenire di moda, congeniale e sistematica, ha perso pure ogni autenticità nel proporci sentieri di scoperta, verità e libertà.
C’è da sperare che non sia il destino incombente su tutti gli indirizzi scientifici che indagano i misteri della mente. Partono sempre dall’esigenza umana di allentare le pressioni collettive e convenzionali sul nostro agire e sul nostro credere… e malinconicamente arrivano a divenire la parte nascosta di quelle ingerenze sulla vera libertà delle azioni umane.
I numeri, forse, non sono mai a caso: L’interpretazione dei sogni precede di un anno il XX secolo. Precede di un anno tutta la barbarie di cui quel secolo sarà capace, e poco, ben poco, la psicoanalisi purtroppo riuscirà a fare per alzare un’umanissima e speranzosa diga contro la banalità del male. Che tale è proprio perché i codici che la governano non si arrestano con le formule matematiche o con le elucubrazioni postume, ma, qui e ora, con la fiducia e la testimonianza. Che vengano dalla fede o che vengano dallo slancio di ciascuno, fiducia e testimonianza hanno bisogno di cuori più che di recessi mentali.