Il filosofo e giornalista olandese Rutger Bregman è tra coloro che, da anni, propugnano delle idee a metà tra l’utopia e la provocazione intelligente al fine di trovare delle soluzioni non solo alle disparità esistenti tra i popoli, ma anche per delineare un nuovo modello di società in cui non vi sia spazio per la povertà o le “barriere” tra classi. E proprio partendo dal titolo di uno dei suoi libri più celebri, “Utopia per realisti” (pubblicato per i tipi di Feltrinelli Editore), è possibile capire i fondamenti di quello che oggi, nonostante la giovane età, è considerato uno dei principali esponenti del pensiero positivo che predica l’avvento di una società nuova, senza la necessità di ricorrere a delle rivoluzioni violente o all’avvento del cosiddetto “uomo forte al comando”. A tal proposito, è interessante analizzare quelle che sono, a suo giudizio, le tre utopie realiste che costituiscono i capisaldi del pensiero di Bregman, vale a dire “l’eliminazione della povertà”, la “creazione di un reddito di base” e, infine, “un tetto per tutti”.
LE PRIME DUE UTOPIE DI BREGMAN
Ognuna delle utopie… realizzabili proposte da Rutger Bregman si fonda su uno schema che parte da una idea, mostra un’esperienza concreta a supporto di quell’idea e infine presenta quelli che sono i possibili risultati. Per quanto riguarda la possibilità di “estirpare” la povertà, il filosofo crede che i poveri siano “i migliori esperti di ciò che hanno bisogno” e cita il caso del governo ugandese che nel 2008 ha donato 400 dollari a 12mila persone dopo che queste avevano presentato un progetto d’impresa e altri 150 dollari a ciascuna donna povera delle regioni del Nord del Paese: facendo così, cinque anni più tardi i beneficiari sono riusciti a migliorare i propri livelli occupazionali di quasi il 60% e le donne i propri guadagni del 100%. Insomma, dare il denaro direttamente a chi ne ha bisogno aiuta ad andare più facilmente incontro alle vere necessità. La seconda utopia riguarda invece l’idea di dare a tutti la sicurezza di un reddito di base, affinché ognuno possa realizzare il proprio progetto di vita e liberandoli dall’imbarazzo di ricevere le vecchie forme di assistenzialismo. Bregman cita quanto accaduto in Canada nel 1973 a Dauphin, dove l’esperimento sociale “Mincome” destinò un reddito base a tutti gli abitanti affinché nessuno vivesse al di sotto della soglia di povertà. Risultato? Il tempo di lavoro di ciascuno non è comunque diminuito e si è constatato anche un bassissimo livello (8,5%) di ospedalizzazioni, oltre che un notevole incremento delle performance scolastiche.
IL DIRITTO DI TUTTI A UN TETTO
La terza utopia realista proposta da Rutger Bregman riguarda invece la necessità di garantire una casa per tutti. L’idea di base dello scrittore olandese è quella di fornire appartamenti gratuiti ai senzatetto: “Avere un tetto deve diventare un diritto” spiega Bregman che, in questo caso, cita l’esperienza che, nel 2005, ha visto protagonista a Utah (Stati Uniti) tale Lloyd Pendleton, direttore di un gruppo di lavoro sugli homeless che aveva deciso di offrire un appartamento a 17 persone, allargando in seguito il suo programma. Dopo alcuni anni, i risultati dicono che lo Utah è diventato il primo Stato americano a essere davvero prossimo ad eliminare completamente il problema degli homeless, realizzando anche dei profitti: infatti, una persona che vive per strada costerebbe circa 16.670 dollari al Governo (tra servizi sociali, costi derivanti dai problemi con la giustizia, ecc.), mentre la fornitura di un appartamento e un programma di inserimento personalizzato solamente 11mila dollari a persona. Insomma, un’altra utopia ampiamente alla portata di mano di qualsiasi governo o amministrazione che davvero voglia intraprendere questa strada.