Giudicare la realtà del mondo e decidere come collocarsi nel presente che ci ospita è la sfida fondamentale per tutti. Anche il soggetto cristiano ha dovuto misurarsi con questo passaggio obbligato. Ma sulle direzioni da prendere si è creata una varietà caotica di ipotesi in conflitto: dalla polemica aggressiva contro le storture di una modernità immaginata corrotta già dalle sue origini si è andati fino all’esito opposto della volontà di abbracciare senza riserve le circostanze dell’oggi in cui si vive, anche a costo di vanificare la novità irriducibile di una fede incarnata e missionaria, capace di sostenere il cammino di ogni singolo io.



Lo spirito apocalittico venato dal rifiuto intransigente del volto problematico dell’avvento del mondo moderno ha dominato la reazione di difesa della cristianità, che se ne sentiva minacciata. Per resistere, il potere spirituale ha cercato di frenare l’alluvione e si è rinserrato nel recinto dei suoi antichi bastioni, esasperando la contrapposizione alle linee di tendenza della storia degli ultimi secoli. L’anti-illuminismo ha aperto la strada al tradizionalismo conservatore dell’Ottocento e ai suoi tanti eredi attuali. Il senso di accerchiamento ha generato la pastorale della paura. La dottrina si è cristallizzata in un sistema immodificabile, supportato nei suoi esiti pratici da un moralismo spesso costrittivo e di corte vedute.



In senso diverso, la volontà di andare comunque incontro all’uomo in perenne ricerca ha aperto una breccia sempre più larga nel solco del rinnovamento cristiano dopo il crollo dell’Antico Regime. I grandi papi che si sono succeduti, i movimenti di riforma del mondo ecclesiastico e monastico, i carismi fioriti attraverso le reti associative del laicato, i nuovi modelli di santità, il bisogno di ritorno alle fonti sancito dal Vaticano II: tutto ciò è servito a predisporre il terreno per spingere la forza persuasiva di una fede vissuta in modo radicale a coniugarsi con le attese che fermentavano nel cuore dell’esperienza di cui si è reso protagonista l’uomo contemporaneo.



A questa svolta hanno contribuito in modo rilevante due figure pur così diverse per storia, scelte di vita e temperamento come quelle di Hans Urs von Balthasar, tra i massimi esponenti del pensiero teologico “riformatore” del Novecento, e don Luigi Giussani, il sacerdote milanese consacrato all’educazione dei giovani nel cuore del boom economico dell’ultimo dopoguerra e promotore dell’avvio di Comunione e Liberazione dentro la tempesta del post-68. Davvero felice è stata l’idea della casa editrice Jaca Book, che ha voluto riproporre in una nuova veste L’impegno del cristiano nel mondo, il prezioso volumetto che raccoglie i testi delle lezioni da loro tenute, nel 1971, a un raduno di studenti delle università svizzere svoltosi a Einsiedeln, ora arricchito da una densa prefazione di don Julián Carrón.

Carrón si propone il compito di attualizzare il messaggio dei due maestri di vita cristiana, mettendolo in rapporto con la situazione in cui ci troviamo immersi a quasi cinquant’anni di distanza. Per prima cosa sottolinea che il teologo illustre e il sacerdote fondatore sono stati accomunati dalla scelta esplicita di non sottrarsi alle provocazioni della modernità. Per loro si è trattato di un esito in pratica inevitabile: se il fatto cristiano non si incarna nella realtà del presente, cessa di essere vivo. Si atrofizza ripiegandosi sterilmente su di sé, diventa pura tradizione ideologica. Invece, la sfida centrale con cui von Balthasar e Giussani hanno avvertito di doversi confrontare è stata quella dell’aspirazione alla libertà, che poi è un modo moderno di declinare il bisogno di salvezza, della conquista del senso ultimo della vita: ma nello spazio della modernità alla salvezza non si può che accedere sul filo vertiginoso del rischio della libertà, perché non c’è più nessuna tradizione condivisa alle spalle, nessun potere religioso onni-inglobante, tanto meno nessun conformismo irrigidito che accompagni l’uomo automaticamente verso l’approdo della scelta cristiana. Tutto è da riconquistare dalle radici, scegliendolo per sé come scommessa, “nello spazio di libertà assoluta, nel quale soltanto si può dispiegare la libertà umana”.

La comunità cristiana è il soggetto attivo di una presa di iniziativa rivolta alla libera adesione dell’uomo che accetta di credere. Per questo l’atteggiamento fondamentale con cui la Chiesa deve far coincidere la sua natura ultima non può che essere quello dell’apertura. Il soggetto cristiano è una presenza che si comunica, e la sua comunicazione non è assolutamente riducibile a un annuncio verbale, alla pura trasmissione di uno schema intellettuale di visione del mondo: von Balthasar, seguito e rafforzato in questo da Giussani, concepisce la presenza cristiana come un fatto di vita, come l’insorgere di un “vero cristiano” che si documenta “irradiandosi” dentro il tessuto della vita del mondo. È una “irradiazione” che trova il suo prototipo stupefacente nell’evento del miracolo: i miracoli di Cristo sono i segni visibili di una “pienezza esemplare per tutti” , che si propone affascinando, attraverso la testimonianza, di contagio in contagio.

Al servizio della presenza cristiana che fermenta dentro la pasta della vita del mondo, come un seme di assoluta alterità divina destinato a fondersi con la realtà dell’esperienza dell’uomo, deve essere piegato tutto l’apparato di strutture, di culti e di quadri gerarchici che la Chiesa visibile ha edificato nel corso dei secoli. Ma la sfida è che dentro l’impianto della struttura visibile resti sempre acceso il fuoco della sorgente originaria: l’innesto concreto e vitale nella realtà di Cristo vivo, presente in mezzo agli uomini attraverso il suo corpo comunitario. Bisogna restare sempre tenacemente attaccati alla fonte per entrare in modo autentico, in una vera povertà di spirito, dentro il flusso della storia del mondo, scrive Carrón citando von Balthasar e Giussani (ma ricollegandosi anche al magistero attuale di papa Francesco). Al cuore della fonte però non sta lo sforzo del progetto umano, la semplice volontà di seguire e imitare il Maestro: all’inizio di tutto sta il dono della “grazia” che si espande, la libera iniziativa di Dio che chiama dimostrando il suo amore di preferenza infinita. L’uomo risponde con il suo “impegno”, ma è dalla grazia che l’impegno scaturisce come possibilità di restituzione gratuita. E tale impegno non può che essere per la vera libertà propria e di tutti i fratelli uomini. “Essere per” è la cifra dell’esistenza del cristiano nel mondo, in una prospettiva di “uscita”, di autodonazione continua, che prolunga la misericordia amante del vero bene dell’uomo di cui è intessuto il mistero divino rivelato nella figura storica di Cristo.

“L’impegno del cristiano nel mondo” di Hans Urs von Balthasar e Luigi Giussani, prefazione di Julián Carrón (Jaca Book 2017) sarà presentato domani, giovedì 12 ottobre 2017 ore 21 nella sala S. Antonio di via S. Antonio 5, Milano (MM 1 Duomo – MM3 Missori). Intervengono Stefano Alberto, docente di Teologia, Università Cattolica di Milano; frà Paolo Martinelli, vescovo ausiliare della Diocesi di Milano; Claudio Mésoniat, giornalista. L’incontro è organizzato dal Centro Culturale di Milano.