I giovani giapponesi sono stati definiti negli anni Novanta la nuova generazione perduta, perché sarebbero caduti in una depressione cronica per la quale non nutrirebbero alcuna speranza. In realtà nel tempo si sono sviluppati tre fenomeni distinti, che sono stati analizzati dallo scrittore Yosuke Taki nel libro “Prigionia (in)visibile – l’arte di Samuel Beckett e la Storia“. Nella sua opera ha evidenziato le somiglianze tra questi giovani e le opere di Samuel Beckett. Nella realtà giapponese sembrano infatti muoversi alcune figure beckettiane: alcuni giovani ricordano Estragon di Aspettando Godot, altri Hamm di Finale di partita. L’attuale società giapponese sembra dunque uscita dalla penna dell’autore irlandese. Tutti i suoi protagonisti sono prigionieri inconsapevoli della “tecnica” del bio-potere, da cui sarebbe nata la società contemporanea capitalista industriale. Nel mondo beckettiano la macchina domina l’uomo, proprio come accade ai giovani giapponesi, che sono rinchiusi anche nella prigione dell’efficienza. Tutti sono obbligati ad agire velocemente nella loro routine quotidiana.
IL DOMINIO DEL BIO-POTERE SOFISTICATO
In Quad, ad esempio, Samuel Beckett aveva parlato della mancanza di una visione generale del quadro, la stessa di cui soffrono i giapponesi, che eseguono impeccabilmente il loro compito, ma non possono influenzare l’intero apparato. Anche Gunter Anders parlava d una forma di lavoro per la quale l’uomo non agisce col proprio pensiero, ma eseguendo solo ciò che gli viene ordinato. Questo tipo di sistema, però, limita l’atteggiamento attivo, e quindi il pensiero soggettivo. Nessun tipo di anarchia è tollerata. Agli studenti, infatti, non viene richiesto pensiero critico e creativo, ma capacità mnemonica e velocità di risposta. Il sistema scolastico però forma dei “guerrieri”, perché addestra i giovani alla competizione più spietata. L’isolamento sicuramente non ha aiutato: in questo mondo globalizzato la società nipponica è rimasta chiusa. In questo modo è diventata l’unica possibile per i suoi cittadini, che peraltro non sentono alcun senso di oppressione. Sia chiaro: non c’è alcuna dittatura, né ci sono restrizioni di libertà, ma in fondo è questa la caratteristica del bio-potere sofisticato. Ciascuno prova l’illusione di libertà senza accorgersi che quel desiderio era programmato dal regime tecnico.
IL LENTO RISVEGLIO DOPO LA LUNGA AFASIA
All’inizio degli anni Novanta è crollato il sistema: disillusi e depressi, reagiscono in diversi modi. Alcuni si trasformano in “angeli tragici“, esprimendo la loro protesta con il loro look. Il rifiuto dell’identità giapponese è partito per molti “fisicamente”. Altri si sono autoimprigionati per lanciare una protesta silenziosa: questo è il fenomeno degli hikikomori, che si rinchiudono in casa e tagliano i contatti con la società esterna per mesi. In alcuni casi, quelli peggiori, interrompono i rapporti con i familiari e si rifiutano di uscire dalla stanza anche per bisogni corporali o lavarsi. L’autosegregazione nei casi peggiori dura anche per anni. Ci sono però dei giovani che hanno recuperato la propria voce: non essendo stati assorbiti completamente dal sistema, si sono accorti delle sue crepe e hanno cominciato a protestare. L’opinione pubblica, fino ad allora atrofizzata, si è risvegliata attraverso molteplici manifestazioni. Questi giovani studenti non devono vestirsi in modo stravagante, né rinchiudersi in casa, ma far sentire la loro voce. Rimasti a lungo in afasia, stanno recuperando pian piano le forze per scrivere la loro storia. Le loro voci possono diventare così forti da distruggere le prigioni invisibili nelle quali erano intrappolati.