Damián Lobo è un normalissimo uomo di mezz’età. O forse no. Perché, se non avremmo alcuna difficoltà a definirlo tale in virtù del fatto che ha perso il lavoro dopo anni di onorato servizio, altrettanto non si potrebbe dire del fatto che a presentarci le sue disavventure è un programma televisivo immaginario e che il suo conduttore, un tale Sergio O’Kane, risulta essere la causa della disavventura più grande e incredibile. Nel tentativo, infatti, di procurarsi, in un mercatino, un bel fermacravatte da regalare al suo insolito compagno di chiacchierate, Damián viene sorpreso dalla sicurezza e, in preda al panico, si rifugia in un vecchio armadio. Non facendo, però, in tempo ad uscire rimane intrappolato all’interno del mobile, imballato e inscatolato per essere inviato presso l’abitazione dei nuovi acquirenti.
Prende avvio così la vicenda di Dall’Ombra, brillante, visionaria e imprevedibile opera di Juan José Millás (Einaudi, 2017). Imprevedibile come il suo protagonista che, invece di trovare una via di fuga dalla nuova realtà, decide di fare dell’armadio il suo nascondiglio e di diventare un vero e proprio fantasma. Comincerà così a sbirciare la vita di Lucía e della sua famiglia, a mettere a posto la cucina o a rifare i letti, ad ascoltare tutte le conversazioni e perfino i litigi. Il tutto, rigorosamente, dall’interno dell’armadio, luogo ai limiti del mistico che sembra proiettarlo, e con lui tutti i lettori, in un’altra dimensione.
E’ come se Damián, chiuso dietro le ante di un mobile, si aprisse per la prima volta alla vita; è come se dopo le frustrazioni di un’asfittica esistenza, rinascesse con un nuovo, inedito spirito. Dal silenzio della sua nuova condizione, egli può studiare e scavare nel profondo dei sentimenti di quella famiglia inconsapevolmente ospitale e, dunque, aiutarla: Damián riesce a trasformare un’insensata prigionia nella ricerca di uno scopo, l’invadenza in assistenza. Quasi per magia potrà riscattare le delusioni di un passato di solitudine e di inadeguatezza,di complicati rapporti sociali e di traumi mai del tutto superati. Nella nuova dimensione dell’armadio, dove il tempo sembra seguire criteri diversi, dove passato, presente e futuro si saldano fino a diventare non distinguibili, Damián giungerà a provare il vero amore, a sperimentare un istinto paterno che mai aveva ritenuto di possedere, a sviluppare una forza di volontà e una determinazione senza precedenti. Per il nostro protagonista, la reclusione nell’armadio assurge a vera a propria epifania, ad acquisizione di una nuovo punto di vista e di una nuova consapevolezza: quella che la chiave di lettura delle cose si cela dietro il mistero di una prospettiva inimmaginabile.
Come un novello personaggio calviniano, Damián coglie il senso del suo agire da una prospettiva trasversale, quasi capovolta: l’isolamento lo mette in connessione con il mondo, il non poter vedere acuisce il resto dei suoi sensi, il non poter agire in presenza di altri lo pone in condizione di operare silenziosamente e concretamente come mai gli era capitato. Con lo stratagemma letterario dell’intervista immaginaria, in cui il protagonista si autoanalizza, l’autore ci permette di aprire il baule dei ricordi dell’infanzia e seguire il percorso di Damián verso una desiderata quanto insperata liberazione.
Oscillando tra l’irriverente e il surreale, Dall’ombra mette al centro lo scandaglio dell’animo umano e la ricerca di un significato della realtà più profondo, pronto ad emergere non appena la patina superficiale venga grattata. Emerge, così, la possibilità che la svolta possa arrivare solo tramite il coraggio di lanciarsi nel vuoto, osservando ciò che ci circonda da uno spiraglio. Ma, soprattutto, ciò che Damián comprende e trasmette ai lettori è che si può apprendere la libertà anche nel claustrofobico contesto di un vecchio armadio, che le cose possono cambiare solo se è il nostro sguardo verso di esse a cambiare per primo, che c’è più verità nell’essere un fantasma e nel parlare da soli che nel recitare la parte di uno dei tanti. Che è normale, quindi, vivere dentro un armadio. O forse no.