Mark Twain come una sorta di boss della droga di fine 1800? Non è proprio così, ma l’avventurosa vita del romanziere, umorista e saggista che influenzò in modo decisivo la cultura americana a cavallo tra il Diciottesimo e il Diciannovesimo secolo continua a rivelare aspetti inediti e curiosi aneddoti, tanto che qualcuno ha azzardato una sorta di parallelismo tra il personaggio di Huckleberry Finn e l’autore dell’omonimo romanzo, a causa di quelle avventure picaresche in giro per gli States e di cui lo stesso Twain fu protagonista. Questo è infatti quanto emerge dalle pagine del libro “The Financial Misadventures of Mark Twain”, saggio pubblicato per i tipi di Houghton Mifflin Harcourt e scritto dall’autore e giornalista Alan Pell Crawford: anche se ovviamente ancora non localizzato in lingua italiana, dalla “preview” di alcuni passaggi dell’opera realizzata da uno dei maggiori studiosi dei primi due secoli di vita degli Stati Uniti, dal punto di vista sociale, letterario e politico, emerge una figura inedita di Samuel Langhorne Clemens (vero nome di Twain), a partire dai suoi primi anni a scuola fino ai dissidi coi genitori: infatti, l’autore di “Tom Sawyer” sembrava odiare l’istituzione scolastica come “poche altre cose sulla terra”, tanto che il suo percorso educativo classico si interruppe già all’età di 12 anni.
LA LETTURA DEL VOLUME DI HERNDON
A tal proposito, pare essere emblematico un episodio legato alla morte del padre, avvenuta nel 1847. Stando a Crawford, la madre infatti trascinò il suo discolo figliolo dinanzi al letto dove giaceva privo di vita il genitore, implorandogli di diventare un bravo ragazzo e la risposta di Twain fu di questo tenore: “Ti prometto ogni cosa, a patto che non vada più a scuola” (giurando anche che non avrebbe più ecceduto nemmeno con l’alcol). Nonostante questo, il romanziere fu un avido lettore e attorno ai 20 anni si avvicinò al mondo dell’editoria grazie al lavoro come compositore tipografico nel negozio di suo fratello. E fu in quel periodo che Twain si imbattè nel volume “Exploration of the Valley of Amazon 1851-1852” che racconta del viaggio lungo il Rio delle Amazzoni dell’esploratore William Herndon che lo colpi profondamente, non tanto per le descrizioni quanto per gli effetti che certi tipi di piante parevano avere sugli Incas delle Ande: questi ultimi sembravano essere degli instancabili lavoratori grazie a massicce riserve di Erythroxylum Coca, oggi conosciuta perché dalle sue foglie si ricava il noto stupefacente, che venivano masticate durante le loro attività quotidiane e ne miglioravano anche l’umore.
UN BUSINESS DELLA COCAINA ANTE LITTERAM
Insomma, secondo Crawford, Twain fu ancora più impressionato da Herndon dai “miracolosi poteri” di queste foglie, ovviamente non potendo conoscere ancora le proprietà negative della pianta e la sua tendenza a creare dipendenza in coloro che ne fanno uso: soprattutto, lo scrittore ne intuì (in netto anticipo rispetto a molti suoi contemporanei), le possibilità di guadagni legate a una eventuale commercializzazione. Anzi, lo stesso Twain si disse i più di un’occasione “bramoso” di risalire anche lui il Rio delle Amazzoni per dare vita a un grande commercio della cocaina in tutto il mondo. “Per vari mesi ebbi quel sogno” racconta il diretto interessato che diede vita anche a una piccola impresa assieme a degli esperti di chimica e tossicologia per riuscire nel suo piano, dal momento che lui era poco ferrato in materia. Assieme ai suoi soci, Twain raggiunse inoltre un’intesa in base alla quale nessun altro avrebbe dovuto fare parte di quell’improvvisata società, nemmeno suo fratello maggiore Orion che pure aveva espresso interesse nel progetto.
L’ABBANDONO DELL’IMPRESA
Dalle pagine del libro di Crawford si intuisce come l’obiettivo di Mark Twain fosse di recarsi in Brasile nello stato di Parà per rendersi conto meglio delle opportunità economiche della sua idea direttamente sul posto e dare vita al business della cocaina in poche settimane: tutto questo all’oscuro proprio di Orion, il cui piano era probabilmente quello di mandare in avanscoperta il fratello minore in una terra sconosciuta e piena di insidie, per poi seguirlo una volta che l’attività avesse preso piede. Tuttavia, per motivi che nel saggio del giornalista americano non vengono ben spiegati, i soci di Twain persero improvvisamente interesse nel progetto, lasciando così il romanziere a capo di una società in cui figurava solo lui nelle vesti di CEO: addirittura, pare che nel periodo che trascorse a New Orleans lo stesso Twain visse di espedienti e vagabondò per le strade della città, pur non perdendo interesse nel business della cocaina e informandosi sulle navi che partivano per il Brasile. “Scoprii che non c’era nessuna nave in partenza per lo stato di Parà e che non ve ne sarebbero state per secoli” dice lo scrittore: secondo Albert Bigelow Paine, tra i suoi principali biografi, uno dei limiti di Twain fu sempre quello di pensare di raggiungere certi obiettivi (partire per il Brasile e risalire il lunghissimo corso del fiume) con una facilità che spesso lo accecava. O, come ha ammesso lo stesso Twain molti anni dopo ripensando a quell’impresa mancata, “non sono mai stato bravo nel considerare i dettagli”.