Dal 12 ottobre, Galleria Rubin riapre con una personale dell’affermata pittrice romana Alessandra Giovannoni. Negli spazi di via Santa Marta 10 a Milano, la mostra “Ombre scure” apre la stagione autunnale con un ritorno alle calde giornate estive. L’esposizione provoca l’incontro di due mondi paralleli, le cui storie si svolgono nel medesimo contesto marino. Da un lato i bagnanti, nel loro annuale esodo dalle città verso le coste italiane, e dall’altro i migranti africani e mediorientali, che ricercano nelle nostre spiagge le porte per l’Europa. Entrambe sono storie di fuga, eppure tanto diverse e distanti. Come un accostamento per contrasto, la mostra si pone il difficile compito di avvicinare realtà discordanti che fanno ormai parte della nostra quotidianità. 



(Il drammatico taglio controluce delle opere di Giovannoni assimila bagnanti e migranti in un dittico paradossale)

Alessandra Giovannoni vanta una lunga esperienza nel mondo dell’arte nazionale, in cui riscuote successi sin dagli anni Ottanta. Famosa per le sue intime vedute di Roma, dove è nata nel 1954, Giovannoni ha conquistato spazio nelle più importanti vetrine artistiche d’Italia: la partecipazione a due edizioni della Quadriennale di Roma (1996, 2005) e alla 54esima Biennale di Venezia (2011) nel prestigioso set dell’Arsenale evidenziano la continua volontà di mettersi in gioco. Questo impegno è valso all’artista anche il riconoscimento pubblico e la possibilità di esporre in sedi istituzionali quali il palazzo di Montecitorio (2011, 2016) e il palazzo della Farnesina (2011, 2003). A tutto questo si aggiungono le numerose personali, segno di una carriera che ha saputo evolversi nel corso di decenni di solida pratica artistica.



Il ritorno della pittrice a Milano, dove ha già esposto per Galleria Rubin nel 2006 e nel 2012, segna dunque un evento di rilievo nella stagione espositiva milanese. D’altro canto, il tema scelto per l’esposizione è curioso. Bagnanti e migranti, questi i principali soggetti delle opere esposte, si sono spesso trovati a condividere i medesimi approdi negli ultimi mesi (basti pensare al caso eclatante di Cadice dove ad agosto un gommone carico di migranti è sbarcato su una spiaggia turistica). Così, le due parti trovano nuova vicinanza nelle opere di Giovannoni. Dopo lunghi mesi appesantiti dal ridondante dibattito politico sul tema dell’immigrazione, Giovannoni rompe gli schemi offrendo un punto di vista fresco, che documenta la coesistenza di realtà non affini toccando grandi modelli dell’arte occidentale: le atmosfere oblunghe e desolate della Metafisica italiana, la solitudine delle figure di Edward Hopper e il dramma epico della Zattera della Medusa di Théodore Gericault, la cui tragedia è replicata nella vicenda dei migranti contemporanei. 



(Giovannoni predilige visioni di spiagge nel tardo pomeriggio “quando la sabbia e le persone sono arroventate dal sole della giornata”)

La mostra includerà otto dipinti ad olio su tele di formato medio e grande. E’ questo il genere attraverso cui l’artista ha acquistato la sua notorietà, benché la sua formazione artistica sia eclettica. Dopo aver studiato architettura negli anni Settanta, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma, diplomandosi nel 1982 in scultura. Solo allora ha abbracciato la pittura, con risultati eccellenti. Giovannoni impiega pennellate ampie e pastose per far risaltare l’aspetto materico dei propri quadri in cui dominano gli orizzonti lunghi e profondi, abitati dalle ombre scure degli uomini, presenze inquiete che esprimono un dramma silenzioso e raccolto. E’ questa attenzione alla materialità che fa capire come l’intuito della pittrice penetri oltre i limiti bidimensionali della tela, tradendo così una formazione di ampio respiro.

(Giovannoni guarda alla figurazione del Novecento, virando dai colori bruni di Sironi e Carrà ad azzurri e turchesi più squillanti e contemporanei)

L’inaugurazione della mostra avverrà a Milano il 12 ottobre alle ore 19.00. Si tratta di un’occasione per lasciarsi alle spalle retoriche sterili, che spesso hanno offuscato il dibattito sul tema dell’immigrazione. Nemmeno il mondo dell’arte è immune da interventi di dubbio gusto, che ricercano attenzioni effimere senza esprimere un pensiero dotato di profondità (basti pensare alla fotografia, tra lo scandalistico e il kitsch, di Ai Weiwei che posa imitando il famoso scatto del bambino siriano affogato in Grecia). “Ombre scure” intende allontanarsi da questo tipo di strumentalizzazioni: Giovannoni documenta una realtà drammatica, lasciando che a parlare sia l’umanità delle sue figure. E’ questo il cardine che unisce bagnanti e migranti in un’unità profonda e impensata. 

(Alessandro Rubin)