Non ci sono novità particolari dal punto di vista critico che motivino la nuova mostra milanese del Caravaggio (ne era stata fatta una appena dieci anni fa). A Palazzo Reale sono arrivate ben 20 opere da mezzo mondo che sono state poi assemblate con il criterio di un probabile percorso cronologico: ma anche sulla cronologia di molte opere il dibattito è aperto. Si è seguita la logica giusta di portare solo quadri la cui attribuzione a Caravaggio è condivisa, evitando così diatribe e polemiche com’era accaduto in occasione dell’esposizione alla Pinacoteca di Brera di quella che avrebbe dovuto essere la seconda versione della “Giuditta e Oloferne”, ritrovata in Francia e in possesso di un mercante parigino. L’unico quadro la cui autografia è discussa è la “Incoronazione di Spine” di proprietà della Banca Popolare di Vicenza: ma è un dibattito aperto che si è sempre mantenuto su toni civili. Non è invece arrivata la “Maddalena” rintracciata lo scorso anno e attribuita a Caravaggio da una delle massime autorità in materia, Mina Gregori. Ma è stata una scelta giusta di prudenza, vista le divisioni che quell’attribuzione ha sollevato e visto che il quadro appartiene a un privato.



Insomma, è una mostra pensata soprattutto per il pubblico. Per il grande pubblico vista l’incredibile risposta che le persone stanno dando, con prenotazioni praticamente full per le visite di gruppo (la mostra starà aperta sino a fine gennaio). Alle nove di mattina, mezz’ora prima dell’apertura, si vede già la coda davanti a Palazzo Reale di chi cerca di entrare non avendo trovato posto nelle prenotazioni. Insomma, c’è una incredibile fame di Caravaggio, a cui gli organizzatori vengono incontro offrendo un percorso lineare e semplice, grazie anche all’allestimento semplice ed elegante progettato da Studio Cerri & Associati: grandi totem a cui sono appese le opere, ben illuminate; sul retro un video, che non disturba, con un riassunto sui rilievi diagnostici realizzati sull’opera, grazie al contributo del gruppo Bracco.



A livello di ricerche, forse la novità più importante è quella di una biografia del Caravaggio contenuta in un manoscritto del 1614, le “Vite degli artisti” di Gaspare Celio. Il ritrovamento è stato fatto da un giovane studioso, Riccardo Gandolfi, che a breve la pubblicherà e contiene una notizia che non può non sconcertare ulteriormente rispetto al profilo umano di Caravaggio: l’artista sarebbe venuto via da Milano a causa dell’omicidio di un amico. Era una notizia che qualche fonte riferiva, ma non se ne capiva l’origine. Ora si è capito che viene dal manoscritto di Celio. Non ci sono altre controprove di questo che sarebbe il secondo delitto commesso da Caravaggio nella sua vita. Un fatto che ci fa riflettere: straordinario genio a livello artistico, era un personaggio violento, intollerante, rissoso nella vita. Gran parte di chi si mette in coda per vedere le sue opere oggi (onestamente, noi per primi) si terrebbe certamente alla larga da un personaggio così. Eppure una volta davanti ai suoi quadri non si viene neanche sfiorati da questo pensiero. Anche davanti ai quadri in cui la sua pittura si esercita con più violenza come la meravigliosa “Giuditta e Oloferne” del Museo Barberini di Roma, non siamo catturati dall’idea che in fondo Caravaggio dipinge con tanta forza la scena di un delitto anche perché lui ne sapeva qualcosa…



Davanti a Caravaggio scatta in modo irresistibile l’attrazione della bellezza. Una bellezza reale, non sognata. Una bellezza da toccare come verrebbe voglia di fare davanti al “San Giovanni” arrivato da Kansas City, con quella materia così vera e così fisica. Una bellezza che evidentemente eclissa davanti ai nostri occhi, davanti agli occhi di tutti, qualsiasi riserva rispetto alle colpe di Caravaggio. La bellezza può più della colpa…