Milano, 1951. Nel cuore del capoluogo lombardo accadde un qualcosa che ha lasciato il segno: la grande mostra di opere di Caravaggio a Palazzo Reale. Il milanese Michelangelo Merisi tornava nella sua città, donandosi attraverso i suoi doni. Che si sia trattato di un evento unico lo si deve anche alla maestria del curatore, Roberto Longhi, il più importante critico italiano del ‘900, che si misurò con l’artista in un meraviglioso corpo a corpo iniziato con i primi scritti del 1923. Ora come allora, Milano recupera così tanta bellezza e freschezza con l’esposizione “Dentro Caravaggio”, sempre a Palazzo Reale. E bene ha fatto Andrea Carabelli a riprendere quel Longhi per farne una riscrittura drammaturgica che va dritto al punto. Percorso-incontro che rivive con la voce di Carabelli attore. Mentre sullo schermo passano le immagini dei quadri. Ogni quadro una folgorazione. E’ una luce che si spalanca e riempie; come le ombre; e Longhi incalza stupito e colpito al cuore. Non ci sono buone maniere, non è affar loro. I due hanno altro a cui tendere, qualcosa di vero, illuminato, che li tiene e li sostiene. Così il monologo contiene il dialogo. Incollati uno all’altro, come dirà Giovanni Testori.
Carabelli, cosa ha significato intrecciare la vicenda di Caravaggio a quella di Longhi?
Per me ha significato mettere a tema una parola sola: rivoluzione. Pittorica per il primo, critica per il secondo. Entrambe, rivoluzioni “da uno contro tutti”, entrambe, propositive di un nuovo modo di concepire l’arte. Entrambe infine senza spirito di contraddittorietà aprioristico, ma mosse da amore per la verità. Da amore per la realtà.
Lo spettacolo racconta dunque…
Racconta la rivoluzione di Caravaggio con le parole di Longhi critico d’arte che scrisse una serie di saggi attorno al grande pittore (il primo è del 1923) e il cui studio culminò con l’epocale mostra a Palazzo Reale del 1951, che fece esplodere non solo la conoscenza popolare di Caravaggio ma anche l’eccellenza di quel luogo espositivo. Il contributo di Longhi alla critica d’arte fu ed è tuttora incommensurabile: valorizzò l’arte settentrionale, da Bologna a Ferrara, da Bergamo a Brescia fino ad arrivare appunto a Milano, scrostandola da ogni provincialismo e soprattutto elevandola all’altezza dell’arte fiorentina e veneziana che fino a quel momento erano i due soli ambiti di eccellenza artistica. Caravaggio lo scoprì Longhi, sia nel senso che attribuì molti quadri che fino a quel momento non avevano autore, sia nel senso che ne scoprì la grandezza. Cioè appunto la sua rivoluzionarietà.
Caravaggio vive nel contesto artistico del Manierismo che predilige la maniera aulica e il Rinascimento che mette al centro l’uomo.
Un manierista quando dipinge un cesto di frutta ci mette solo frutti splendidi e perfettamente maturi, Caravaggio accanto alla mela sana non fa mancare mai quella bacata. Esattamente come nella realtà.
D’altra parte il Rinascimento dipinge la luce perché vada a poggiare esattamente sull’uomo raffigurato e ne esalti le sue proprietà.
Caravaggio dipinge la luce casuale, incidentale e non è detto che l’uomo dipinto sia sempre in luce. Ma ecco come lo spiega Longhi: “La vita non ha facoltà di prescegliersi. È anzi sorpresa dalla luce nel suo aspetto di incontro. È la realtà stessa a venir sopraggiunta dal lume; il caso, l’incidente di lume e d’ombra diventano causa efficiente della nuova pittura (o poesia)”. Longhi mostra il percorso che fa Caravaggio nel concepire la luce e per farlo usa due espressioni. Nella prima parte della sua vita pittorica Caravaggio dipinge la “discrezione della luce”, quell’effetto di sorpresa che la luce è capace di cogliere proprio nel momento più eclatante dell’atto rappresentato. Successivamente la sua attenzione diventerà la “descrizione dell’oscurità”, come se fosse l’ombra a sorprendere gli atti, che nel campionario degli argomenti possibili diverranno nel tempo sempre più tragici. In ogni caso sia che si descriva la luce che l’ombra, c’è sempre la volontà di dire quello che vede e sente. Della realtà e della propria vita. L’ombra non è una negazione della luce: l’ombra esiste perché c’è la luce. E la luce non è tutta uguale. Di luci e di ombre ce n’è di infinite tipologie. Nei quadri Longhi ne descrive in continuazione. È come se Longhi dicesse “vi faccio vedere quanti tipi di luce esistono in pittura e quindi quanti modi di respingere, riflettere, quelle luci, attraverso le ombre”.
Qual è l’opera, secondo Longhi, dove questo concetto trova piena espressione?
La vocazione di Matteo. Sentite Longhi: “Non v’è vocazione di Matteo senza che il raggio assieme col Cristo, entri dalla porta schiusa e ferisca la turpe tavolata dei giocatori d’azzardo”.
Come Longhi orienta la rivoluzionarietà di Caravaggio?
Attraverso due strade: quella dello storico, capace di dettagliare attraverso scrupolosa ricerca tutta la vicenda dell’opera e dell’autore attraverso documenti e fonti non solo pittoriche. E dall’altra parte è capace di descrivere. Capacità di descrivere vuol dire apertura lessicale e profondità di sguardo. Le parole si attaccano al quadro, diceva Testori, parlando della critica del suo maestro Longhi. E dopo averle ascoltate, da quelle parole non si può più prescindere. Il nostro lavoro altro non è che un progressivo avvicinamento tra i due sensi della vista e dell’udito.
Vista e udito: lo spettacolo muove da lì. Giusto?
Da lì l’idea coltivata insieme a Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano. Esplicitata fin dal titolo del lavoro: “Ti ho sentito parlare”. Come dire: guardando il quadro ho sentito le parole di Longhi. E da qui alla decisione di immaginare Caravaggio stesso a parlare con le parole di Longhi il passo è stato breve. Il lavoro teatrale che abbiamo fatto altro scopo non ha che quello di introdurre alla mostra. Longhi nel suo metodo induce ad andare a vedere l’opera. E chiunque ha visitato la mostra può testimoniare l’importanza di guardare l’opera coi propri occhi. In fondo la vera rivoluzionarietà di Caravaggio come di Longhi si potrebbe riassumere con l’invito stesso che fa il grande maestro e che nel nostro lavoro coincide con l’augurio finale: “Il pubblico cerchi dunque di leggere ‘naturalmente’ un pittore che ha cercato di essere ‘naturale’, comprensibile; umano più che umanistico; in una parola, popolare”.
(Enzo Manes)
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“Ti ho sentito parlare. Caravaggio e Roberto Longhi”
Studio teatrale di voci e luci; riscrittura drammaturgica da alcuni saggi di Roberto Longhi
di e con Andrea Carabelli
Ore 20.30 Spazio Banterle, Centro Culturale di Milano (Largo Corsia dei Servi, 4)
In collaborazione con:
Palazzo Reale, Comune di Milano, MondoMostreSkira
mercoledì 15 novembre 2017
martedì 5 dicembre 2017
mercoledì 13 dicembre 2017
mercoledì 24 gennaio 2018
Prezzi: intero euro 12,00; ridotto 7,00 presentando il Biglietto Mostra Dentro Caravaggio e Amici CMC
Acquisto biglietti presso tutti gli sportelli Vivaticket e online www.vivaticket.it
Spazio Banterle orari
Prenotazione:
[email protected]
Ritiro biglietto 30 minuti prima dell’inizio
Per informazioni: Centro Culturale di Milano 0286455162