Da molto tempo si osserva nel campo dell’arte contemporanea un abbandono di quelli che per millenni sono stati valori basilari della pratica artistica: la ricerca della bellezza, l’eccellenza tecnica del manufatto, la realtà come punto di riferimento per l’ispirazione creativa (da non confondersi con il realismo). Le opere moderne dei fauves, dei cubisti, dei surrealisti, pur mettendo in discussione l’oggettività della visione, partivano da una concezione classica interpretata con la massima libertà ma rispettosa del codice convenuto nel travaglio secolare dell’arte. E la pittura astratta di grandi maestri come Willem De Kooning o Afro Basaldella era pur sempre una rielaborazione o una sintesi di immagini e colori provenienti dal mondo reale.
Paola Marzoli, Monte delle Beatitudini, 2015, olio su tavola
Tra qualche giorno apre a Milano una nuova fiera (Grand-Art, 10-12 novembre presso The Mall, Piazza Bo Bardi) che si rivolge a una domanda di arte contemporanea che sia facilmente comprensibile, bella nel senso più ovvio e classico del termine, ed eseguita da artisti dotati di talento e tecnica indiscutibili, sviluppati in anni di studio e di lavoro. Questo senza negarsi la libertà e l’originalità che oggi sono condizione irrinunciabile per parlare di arte.
La fiera presenta gallerie provenienti da ogni parte d’Italia che hanno mostrato attenzione al figurativo, scontando magari un’esclusione da un circuito fieristico o “biennalistico” sempre più allineato su un neo-accademismo internazionale che alla maggior parte delle persone appare oscuro e cervellotico.
Ma che cosa distingue un’attuale visione del reale dal realismo del secolo scorso?
Uno sguardo più consapevole, passato attraverso la surrealtà e la metafisica, attraverso la scomposizione dei contorni fatta dalle avanguardie del novecento, attraverso la dissoluzione della materia della pittura informale; uno sguardo introspettivo, che penetra in ciò che vede, indagando il segreto che lo pone in essere.
William Congdon, Rocce deserto Yemen 7, 1971, olio su faesite
Da quest’anno la galleria Rubin, attiva nel contemporaneo dal 1997, proporrà una piccola sezione di moderno. A Grandart verrà data particolare evidenza all’artista americano William Congdon, maestro dell’action painting, capostipite e inventore di uno sguardo insieme penetrante e introspettivo sul reale, maturato attraverso e oltre l’avanguardia, presente con alcuni oli magistrali degli anni 60 e 70. Condurrà inoltre alla riscoperta di Guido Pajetta, ultimo di una dinastia di grandi pittori veneti e di Giuseppe Ajmone, che può essere considerato antesignano di molta giovane figurazione italiana, in particolare lombarda.
Tra i contemporanei saranno presenti i pittori milanesi Letizia Fornasieri, Paola Marzoli e Francesco Santosuosso, il fiorentino Massimo Giannoni, e tra gli scultori la napoletana Paola Margherita.
Letizia Fornasieri, Grande roggia, 2017, olio su tela
Letizia Fornasieri, approdata ad uno sguardo stupefacente sul mistero della natura vivente, dopo il suo passaggio graffiante e ferito sul conflitto della città, riprende il tema del paesaggio agreste, su cui si concentra da alcuni anni e che ha avuto il suo culmine con la personale al Museo Diocesano del 2015, seguito nel 2016 da uno stand personale alla Fiera di Bologna. Paola Marzoli dopo anni di osservazioni sui frammenti di un’antichità monumentale e corrosa cerca e coglie luci e colori improvvisi nelle foglie della Terra Santa proseguendo il lavoro con una pittura analitica e secca che indaga rapporti inediti nel reale, oltre la prevedibilità della rappresentazione su base fotografica.
Francesco Santosuosso porta in fiera un furioso mare in tempesta di grande formato, che oltre la visione di Friedrich e di Kiefer diventa un paesaggio totalmente interiore, pur nella sua sorprendente evidenza quasi tangibile di realtà, mentre Massimo Giannoni, in un enigmatico interno di biblioteca, sfonda la dimensione della cultura e dell’architettura con la pienezza materica che lo ha fatto conoscere ben oltre i confini nazionali.
Francesco Santosuosso, Tempesta sull’oceano primordiale, 2015, tecnica mista su tela
Paola Margherita, infine, introduce un nuovo sorprendente lavoro in fusione di alluminio, un progresso tecnologico rispetto alla classica statua di bronzo. I soggetti fanno pensare a una rivisitazione molto audace dei bambini di Vincenzo Gemito, alle prese con attuali e temerarie evoluzioni di parcour, uno sport praticato nelle periferie e che consiste nel superamento acrobatico di tutti gli ostacoli.
Massimo Giannoni, Biblioteca Teresiana, 2017, olio su tela