È “Youthqualke” la Parola dell’Anno 2017, almeno stando alla classifica resa nota nelle ultime ore da parte dell’Oxford Dictionary: infatti, coloro che stanno dietro il più celebre dizionario storico della lingua britannica che viene pubblicato dalla casa editrice Oxford University Press, come oramai è tradizione, nel mese di dicembre ha pubblicato una vera e propria “shortlist” di tutti quei termini che, in un modo o nell’altro, hanno accompagnato i principali avvenimenti sociali e politici o che sono stati usati in modo significativo e massiccio, anche ovviamente sui social network. E al primo posto ecco quindi “Youthquake” una parola che non è direttamente traducibile in italiano, dal momento che è formata da “Youth” (ovvero giovinezza) e da “Quake” (abbreviazione di “Earthquake”, il classico terremoto) e sta a indicare un cambiamento culturale e sociale che nasce dall’azione e dall’influenza delle persone più giovani. In particolare, essendo le parole ovviamente scelte soprattutto all’interno del vocabolario inglese, l’Oxford Dictionary l’ha selezionata per il fatto di essere stata una dei capisaldi della campagna elettorale del leader laburista Jeremy Corbyn, capace di mobilitare di milioni di giovani la scorsa primavera.



LA SCELTA DI “YOUTHQUAKE”

Stando ai dati comunicati dallo stesso Oxford Dictionary, infatti, l’uso del termine “Youthquake” ha visto un incremento del 401% nell’arco di soli dodici mesi, segno anche del sempre maggiore protagonismo dei cosiddetti “millennials” nel fare da propulsori e catalizzatori dei cambiamenti, specie a livello politico, soprattutto nel Regno Unito e in Nuova Zelanda. Come è noto, inoltre, quella che viene nominata Parola dell’Anno viene poi inserita nello stesso vocabolario, ma nel caso di “Youthquake” si tratta di un termie che era già presente dal momento che è stato “coniato” negli Anni Sessanta da Diana Vreeland, una redattrice di Vogue che intendeva descrivere il modo in cui i giovani britannici stavano influenzando le mode in fatto di musica e abbigliamento e facendo quindi da modelle per le nuove generazioni di tutto il mondo.



IL RESTO DELLA “SHORTLIST”

Secondo la lessicografa Susie Dent, la “shortlist” del 2017 ha denotato comunque una mancanza di termini dal significato “luminoso”, dal momento che anche parole quali “Antifa” (una di quelle a cui si è fatto più ricorso) fa comunque riferimento a un contesto di utilizzo legato alla frustrazione e alla sfiducia: a suo dire, invece “Youthquake” fa eccezione dato che invece evoca soprattutto la speranza nel potere di cambiare le cose e, cosa non secondaria, porta con sé anche un gioco linguistico non disprezzabile: “Si tratta di un bel modo di chiudere un anno difficile e divisivo” ha spiegato ancora la Dent. Infine, per quanto riguarda le altre parole presenti nella classifica stilata dall’Oxford Dictionary vanno annoverate la già citata “Antifa” (abbreviazione appunto di “anti-fascist”), ma anche “Kompromat” (l’azione di raccogliere informazioni per ricattare, compromettere o screditare qualcuno), “Unicorn” (denotare qualcosa che ha i colori dell’arcobaleno) e “White fragility” (disagio di una persona di razza bianca che si trova di fronte a informazioni sulle differenze e le ingiustizie razziali).

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