In questo tempo di Natale — che è sempre occasione di bilanci del passato e di propositi per il futuro — vediamo intrecciarsi i discorsi sulla crisi economica e sul suo relativo superamento con quelli su un esame critico della stagione che lo ha preceduto e sui cambiamenti che si sono prodotti. Da un lato cioè abbiamo il panorama di una Milano che è in ripresa e — anche per lo stato critico in cui si trova per varie ragioni Roma — si pone come effettiva “capitale” italiana sulla scena europea. Dall’altro non è minoritaria la consapevolezza che vanno superati certi miti coltivati all’inizio degli anni Novanta quando si immaginava una globalizzazione indolore nel segno di una crescita economica con “il pilota automatico”. Dall’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, è venuta l’esortazione ad affrontare la nuova stagione in modo diverso, non nel segno di individualismi paralleli e a compartimento stagno, ma del “buon vicinato”.



E’ in questo quadro che giunge a proposito il libro di Benito Perrone Il cibo, respiro dell’anima, energia per la vita, nutrimento della pace. I lasciti di Expo 2015 (Rubbettino, 2017).

Perrone, direttore di “Iustitia”, la rivista dei Giuristi Cattolici Italiani, torna su Expo nel senso che offre una riflessione sulla manifestazione che è stata il simbolo della fuoriuscita di Milano da uno stato di crisi ricordando però come la sua specificità fu, rispetto a edizioni precedenti, proprio l’essere stata un’assise di riflessione critica e morale con l’obiettivo di mettere a fuoco interventi di risanamento.



Perrone parte dalla rievocazione di come anche Expo nacque e si sviluppò come evento che celebrava l’analogo della “globalizzazione” nella seconda metà del  XIX e all’inizio del XX secolo: il progresso tecnico-economico. Da Londra nel 1851 come vetrina dell’energia fornita dalla macchina a vapore più potente mai costruita (capace di stampare un giornale e insieme far funzionare una serie di telai) a Parigi nel 1889 con la costruzione della Tour Eiffel e i padiglioni con l’energia elettrica di sera (che la battezzarono come “Ville Lumière”) e poi all’Expo 1906 di Milano con al centro (dopo l’apertura del traforo del Sempione) il funzionamento della prima linea ferroviaria diretta tra Milano e Parigi fino a Bruxelles 1958 con il monumento all’energia atomica.



Ma l’Expo 2015 di Milano ha segnato una svolta significativa in quanto, ancor più rispetto alle precedenti edizioni di Hannover 2000 e di Shanghai 2010, ha promosso non una celebrazione acritica del progresso tecnico, ma — con alle spalle gli anni della crisi finanziaria esplosa nel 2008 — ha fatto appello a diffidare del “pilota automatico” e a mettere al centro il tema del cibo inteso anche come emergenza umanitaria, “nutrimento della pace”.

L’Expo di Milano è quindi vista da Perrone smitizzata dal carattere di mero evento mediatico. Come sottolinea nell’introduzione Remo Danovi, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, Benito Perrone mette a fuoco “il vero lascito di Expo” con la Carta di Milano, la legge 166/2016 sulla limitazione degli sprechi alimentari e dei farmaci e il “Milan Center for Food Law and Policy” creato, appunto, da Comune e Regione con la Camera di Commercio su impulso di Expo e presieduto da Livia Pomodoro, già presidente del Tribunale di Milano.

Il tema dell’Expo, “Il Cibo” e il diritto all’alimentazione, è così rivisitato come rilettura critica della globalizzazione attraverso un excursus storico e giuridico che poggia sui fondamenti del pensiero cristiano di filosofi e politici con riferimento soprattutto a Paolo VI, Giovanni Paolo II e Papa Francesco.

Nel duplice aspetto in cui è stato affrontato il tema del Cibo, “energia per la vita”, sia come “food safety” (respiro dell’anima) sia come “food security” (libertà dalla fame) Benito Perrone passa in rassegna l’intera vicenda dell’Expo e dei suoi testi più rilevanti prodotti in quell’occasione, dal Messaggio del Papa ai “Manifesti dell’Avvocatura”.

Come sottolinea Livia Pomodoro, dall’Expo milanese viene l’impulso a mettere a fuoco “obiettivi comuni” in un contesto drammatico che è quello — per usare le parole di Papa Francesco — di “un nuovo conflitto globale, ma a pezzetti”.

Il libro di Benito Perrone su Expo e la sua tematica è quindi un invito non a adagiarsi su messaggi rassicuranti, ma a prendere coscienza di un brusco risveglio che richiede riflessione critica e rinnovata solidarietà.

La globalizzazione intesa come scenario di omogeneizzazione rassicurante si dissolve, quella che era stata cantata come “società liquida” si rivela irta di irriducibili scogli e imprevedibili iceberg. I saggi boriosamente intitolati “Fine della storia” che prefiguravano un avvenire pacificato si vedono ora sostituiti da quelli inquietanti su “La trappola di Tucidide” che tratteggiano il conflitto inevitabile (e devastante) tra gli Stati Uniti in crisi e la Cina in ascesa come novelle Sparta e Atene. Il monito del libro è la denuncia di un “contesto esasperato dalla martellante stimolazione all’acquisto anche se non necessario di ogni bene disponibile sul mercato” che ha come risultato “uno scandaloso spreco di alimenti e un sempre più aggravato stato di indigenza dei soggetti deboli”. In modo non utopistico dalla lezione di Expo 2015 si tracciano così possibili azioni concrete da mettere in atto a livello locale, nazionale e tra gli Stati.