Sullo sfondo di un angolo della provincia piemontese in cui la grande storia si intreccia con tante piccole storie, la scrittrice Isabella Garavagno, al suo terzo romanzo edito per l’ArabaFenice, narra la vita e la vicenda di Giovanna Gramaglia, andata sposa trentenne nel 1907 a Cesare Mancini, originario di Ascoli Piceno, promettente scienziato che si è stabilito a Racconigi nei primi anni del Novecento ed è diventato titolare della Nuova Farmacia Mancini. Il matrimonio rientra nell’ordine naturale delle cose per entrambi, ma qualcosa non va nel verso giusto fin da subito e la storia s’ingarbuglia.



In realtà Giovanna, protagonista indiscussa del romanzo che si snoda dai primi anni del ‘900 sino al secondo dopoguerra, si ricorda legata ai due aggettivi che la qualificano e l’accompagnano per buona parte della sua esistenza: è rigida e altera, poco propensa a cedere al sentimento dell’amore, per nulla disposta a rispettare i doveri coniugali. Di norma, i personaggi femminili collocati all’inizio del secolo scorso si caratterizzano per la loro ribellione totale o per la loro sottomissione assoluta. Invece Giovanna rivendica la propria libertà negandosi al marito, compiendo a suo modo una rivoluzione interiore. D’altra parte, verso suo marito non prova né affetto né trasporto: nessuno mai le aveva chiesto cosa passasse nel suo cuore di sposa, tutti avevano dato per scontato che a lei il matrimonio andasse bene.



Intorno ai due coniugi, che vivono uno accanto all’altra senza riuscire a costruire un legame autentico e profondo, tante altre vicende di vite a volte incompiute o mancate a causa dei condizionamenti ambientali creati da pregiudizi e dagli eventi storici che li travolgono e che attraversano una gran parte del ‘900.

Al fianco di Giovanna e Cesare, che si innamora perdutamente di una giovane donna che il caso gli ha fatto conoscere, vive un’umanità complessa, socialmente inferiore, ma non per questo priva di sentimenti profondi e autentici. Norina e Ninin, a servizio in casa Mancini, sono più sincere nel loro affetto di quanto lo siano le amiche altolocate di Giovanna; le ragazze della Maison Josette, la casa di tolleranza torinese di cui Cesare era e torna ad essere affezionato frequentatore, hanno spesso un vissuto tragico alle spalle che vogliono evitare alle loro figlie affidandole, ad esempio, a persone come la maestra Teresa Montechiaro, capace di dar loro un riferimento materno; Michele e Battista, i fratelli di Ninin, riusciranno a ritagliarsi onestamente e caparbiamente un posto in una realtà non certo facile da vivere.



L’autrice, con molta delicatezza e sapienza psicologica, ha dato vita a una grande varietà di personaggi che formano un ambiente umano e sociale di cui si avvertono non soltanto il colore e il disegno, ma si coglie addirittura un profumo inconfondibile, il profumo di un’epoca. Conoscitrice della storia, può muoversi con sinuosa disinvoltura tra verità e finzione, tra vita vissuta e racconto inventato: tratteggia i grandi avvenimenti, li suggerisce, lascia tracce disseminate nel romanzo affinché sia il lettore a comporre la sua lettura dei fatti.

Alla fine, l’autrice congeda i lettori con una Giovanna finalmente raddolcita, meno rigida e austera di un tempo, consapevole di avere alcuni rimpianti, ma anche di essere stata una ribelle, per nulla disposta a cedere se stessa contro la sua volontà, capace di tollerare, giustificare e perdonare. E proprio nella vecchiaia, quando uno meno se lo aspetta, Giovanna ha un rincuorante e definitivo scatto di libertà (quella libertà che ogni lettore vorrebbe trovare almeno una volta nella sua esistenza): una vita, per essere vera, non può essere semplicemente accanto. Perciò invita la giovane Caterina, in qualche modo legata a quella che era stata l’amante di suo marito, a scegliere una vita diversa che valga davvero la pena di essere vissuta: se vuoi stare con chi ami… vallo a cercare.

Tutti i fili narrativi, e sono tanti, alla fine si intrecciano, lo scorrere del tempo ha messo a posto tutti i tasselli, e lasciano al lettore un senso di completezza, di appagamento letterario, con il piacere che si ricava ogni volta dalla lettura di una storia, di una bella storia come quella scritta da Isabella Garavagno.

Luisa Perlo