Don Julián Carrón è, come spesso gli accade, illuminante nelle sue disquisizioni di ambito religioso e sociale. L’occasione per godere del punto di vista della guida di Comunione e Liberazione l’ha fornita Sayed Mahmoud, editorialista del maggiore quotidiano egiziano, che ha formulato una serie di domande a Carrón a margine del Meeting di Rimini per l’Amicizia tra i popoli. Un contesto in cui l’importanza del dialogo interreligioso viene puntualmente riaffermata e in questo senso non può passare inosservata l’opera di Papa Francesco, che nel suo recente viaggio in Egitto ha posto un piccolo mattoncino nella costruzione di un rapporto più disteso tra Islam e Cristianesimo. A lodare l’iniziativa di Francesco è stato lo stesso Carrón, che ha spiegato:”Guardiamo che cosa ha fatto papa Francesco venendo in Egitto: la sua stessa presenza è stata uno spazio di dialogo, secondo la cultura dell’incontro che costruisce ponti invece di innalzare muri. La religione o l’uso strumentale e politico di essa? Le parole e i gesti del Papa durante il suo viaggio in Egitto sono stati la testimonianza disarmata di un uomo che non usa la religione per imporre qualcosa agli altri. E mi ha colpito che parlando ai cristiani d’Egitto, abbia detto chiaramente che «l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità; qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui!». È questo tipo di testimonianza che può favorire la convivenza tra persone di diversi credi religiosi. D’altra parte, non è casuale che papa Francesco abbia scelto l’Egitto per testimoniare la cultura del dialogo e dell’incontro, perché la vostra storia è segnata da tanti esempi di convivenza pacifica tra cristiani e musulmani”.

LIBERI DI AMARE DIO

Una delle riflessioni più interessanti di Don Julián Carrón nel suo dialogo con Mahmoud è quella riguardante il libero arbitrio. Parte proprio dalla libertà di amare Dio, la sfida più grande lanciata dal Cristianesimo:”Quando qualcosa ci attira non c’è bisogno di imposizioni. Siamo noi a non voler perdere la cosa che ci attrae. Perciò l’unica regola è seguire il fascino che ci attrae. I discepoli di Gesù erano così stupiti di vedere questa vita piena di attrattiva in Lui, che esclamavano: «Non abbiamo mai visto niente di simile!». E più stavano con Lui più veniva loro la voglia di quella vita. E Gesù, vedendo questa voglia di vita, dava loro l’unica regola per poter partecipare: seguire. «Chi mi segue avrà il cento per uno in questa vita e poi la vita eterna». Chi si rende disponibile a questa sequela può verificare, allora come oggi, la verità di queste parole. Perciò ha perfettamente ragione Charles Péguy, quando scrive: «A questa libertà ho sacrificato tutto, dice Dio, al gusto che ho di essere amato da uomini liberi, liberamente». Pensiamo alla chiamata di Abramo, il nostro comune padre nella fede. Dio aveva messo in conto che avrebbe potuto rispondere di no. Ma Abramo, liberamente, ha accolto l’invito del Signore a lasciare la sua terra… Quel metodo non è cambiato. Ricordo il dialogo con un autista di taxi che stava leggendo un libro di teologia; a un certo punto, mi ha detto di essere scandalizzato che succedessero certe cose perché Dio aveva dato la libertà all’uomo. Allora gli ho domandato: «Lei preferisce avere una moglie che l’ami liberamente oppure che le voglia bene meccanicamente per non correre rischi?». «Preferisco una moglie che mi ami liberamente». E io ho aggiunto: «E pensa che Dio abbia meno gusto di lei?». Quel tassista era consapevole che un istante di amore libero di sua moglie valeva tutto l’universo. Il lungo cammino compiuto dalla Chiesa per chiarire il concetto di «libertà religiosa», fino al Concilio Vaticano II, l’ha portata a dichiarare che «la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa». Non è stata una scelta di compromesso, dal momento che la Chiesa non era riuscita a convertire tutti gli uomini. Lo ha fatto, invece, perché si è resa più consapevole della natura della verità e dell’unica strada attraverso la quale si può raggiungere: «La verità non si impone che per la forza della verità stessa». Per questo i cristiani hanno rinunciato alla violenza che pure ha segnato momenti della storia passata“.

IL TERRORISMO E LE COLPE DELL’OCCIDENTE

Una delle doti principali di Don Julián Carrón risiede nella sua onestà intellettuale. Il leader di Comunione e Liberazione non ha intenzione di negare gli errori dela sua comunità, né di provare a cancellare i peccati di un popolo con un tratto di penna. Ecco perché, quando si parla di terrorismo, Don Carrón ammette – richiamando di nuovo quel concetto di libertà – che anche l’Occidente è in parte responsabile del fatto che nuovi terroristi si radicalizzano ogni giorno:”Molti attentatori non vengono da fuori, sono immigrati di seconda generazione, sono nati in Europa, hanno studiato nelle nostre scuole e università. Per questo la nostra responsabilità è grande. Che cosa incontrano questi figli di immigrati che sono a tutti gli effetti italiani, francesi, inglesi? Vedono qualcosa di bello che li attrae, qualcosa di vero che sfida la loro ragione e la loro libertà? Questo vale anche per i nostri figli, dopo averli messi al mondo, che cosa offriamo loro? L’ansia di una vita agiata o qualcosa che sia all’altezza della domanda di significato che hanno? Spesso i nostri giovani vedono il vuoto di una vita senza senso, che li lascia soli e disperati. Per questo non mi stupisce che scelgano la violenza. Questa è una sfida epocale: come rispondere al vuoto che corrode i giovani fino a far loro desiderare la morte invece della vita? Non bastano i richiami etici, devono sentirsi accompagnati per scoprire che possono cambiare vita, come il ragazzo del centro di aiuto allo studio che ne è diventato il responsabile. Appartengono alla stessa generazione di coloro che praticano la violenza, ma hanno incontrato qualcosa che ha cambiato la vita, che li ha resi dei musulmani migliori, come dichiarano alcuni di loro. Per questo parlando ad Al-Azhar, papa Francesco ha invitato tutti, cristiani e musulmani, a «educare all’apertura rispettosa e al dialogo sincero con l’altro, riconoscendone i diritti e le libertà fondamentali. Occorre accompagnare e far maturare generazioni che rispondano alla logica incendiaria del male con la paziente crescita del bene: giovani che, come alberi ben piantati, siano radicati nel terreno della storia e, crescendo verso l’Alto e accanto agli altri, trasformino ogni giorno l’aria inquinata dell’odio nell’ossigeno della fraternità. Per queste ragioni, oggi specialmente, la religione non è un problema ma è parte della soluzione“.