La guerra ai simboli cristiani è una guerra silenziosissima. Nessuno prende a picconate una Madonna del Trecento, una Deposizione, un crocifisso ligneo. Nessuno mette bombe in chiesa o in convento. Hanno capito che, per cancellare il Cristianesimo, non bisogna mettere esplosivo nelle sagrestie e nei luoghi di preghiera (come avvenne in Spagna, nel 1909, durante la “Semana Tragica”, oppure oggi in Nigeria con i terroristi islamici di Boko Haram); non bisogna incendiare cumuli di libri giudicati blasfemi (come accadde nel 1933 nella Germania nazista); non bisogna ridurre in briciole templi, sculture e bassorilievi (come fa l’Isis con le archeologie di Palmira, Aleppo e Mosul). Sono azioni troppo eclatanti. Per cancellare il Cristianesimo, bisogna relegarlo a fatto privato. Credi in Gesù? Bene, è un affare tuo privato, che devi gestire tra le mura domestiche, tra la camera e il sottoscala. Fuori, negli luoghi pubblici, non ci deve essere spazio per simboli religiosi, perché i luoghi pubblici, ovvero piazze, strade, incroci, scuole, ospedali, tribunali, uffici, sono tutti ambienti neutrali, che non devono parteggiare per alcuna religione. 



Così, negli ultimi decenni, si sta diffondendo questa nuova cultura “neutrale” che tende a scristianizzare gli spazi di vita. Perché nelle vetrine dei negozi, nei supermercati, nelle scuole, sono quasi scomparsi i presepi, con Gesù Cristo, Maria e Giuseppe? Perché, appunto, è permeata oramai la convinzione che, anche a Natale, gli spazi di pubblica fruizione non possono avere riferimenti cristiani. Nel 2003 Adel Smith, allora Presidente dell’Unione Musulmani d’Italia, fece una battaglia al Tribunale dell’Aquila per togliere i crocifissi dalle scuole. Ma i veri soldati di questa guerra hanno capito che il clamore è la peggior arma, perché suscita una reazione in chi è contrario. L’arma più affilata sono i guanti bianchi del silenzio. Togli un presepe dalla piazza e, al suo posto, fai un’iniziativa sulla condivisione. Togli un crocifisso da un’aula e ci metti un mappamondo. Togli una recita su Gesù e fai una recita sull’amore. Togli una canzone, tipo “Tu scendi dalle stelle”, e fai cantare ai bambini un ritornello generico sull’amicizia. La guerra europea ai simboli cristiani non ha bombe tra le mani, si presenta sorridente e accogliente, ma con il pretesto di diffondere pace e integrazione, sta cancellando due millenni di civiltà. 



Ma cosa accadrebbe se si desse piena attuazione al volere di quanti affermano, come l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, che “in uno Stato laico la presenza di simboli costituisce un inammissibile privilegio per la religione cattolica”? Cioè cosa accadrebbe se veramente volessimo togliere tutti — tutti! — i riferimenti a Gesù Cristo dagli spazi pubblici, ovvero da piazze, strade, incroci, scuole, tribunali, teatri, ospedali, uffici, cimiteri? Se lo spazio pubblico deve essere neutro, provate a pensare cosa significhi togliere o coprire o cancellare ogni testimonianza espressiva, artistica, storica, linguistica, proverbiale, architettonica, cartacea, documentaria, che abbia un riferimento a Cristo. Ci troveremmo di fronte alla più grande opera di censura mai avvenuta nella storia. Una parte di questa censura sta già avvenendo. Tocca a noi decidere se accettare che prosegua oppure rivendicare con orgoglio che la nostra civiltà, dopo l’ellenismo, è civiltà anzitutto cristiana.

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