Jesse: Io… Io non so come altro dirtelo, signor White. Cinque milioni di dollari non sono “niente”.
Walt: Hai sentito parlare di una compagnia chiamata Grey Matter?
Jesse: No.
Walt: Be’, l’ho cofondata ai tempi della specializzazione con un paio di amici. Per la precisione l’ho chiamata io così. Allora era solo una cosa dilettantesca. Avevamo un paio di brevetti in corso di registrazione, ma niente di sconvolgente. Eravamo consapevoli però del suo potenziale. Sì, avremmo conquistato il mondo. Questo pensavamo. Poi questa… Be’, successe qualcosa fra noi tre e, non scenderò in particolari, ma per motivi personali decisi di lasciare la compagnia e vendetti la mia quota ai due soci. Accettai una buonuscita di ben cinquemila dollari. Ah, be’, a quel tempo si trattava di un sacco di soldi. Indovina quanto vale adesso la compagnia?
Jesse: Eh… Milioni?
Walt: Miliardi. Mi spiego? 2,16 miliardi fino a venerdì scorso. Controllo tutte le settimane. E io ho venduto la mia quota, il mio potenziale, per soli cinquemila dollari. Ho venduto il futuro dei miei figli per qualche mese d’affitto.
Jesse: Non è la stessa cosa, però.
Walt: Jesse, ricordo che mi hai chiesto se il nostro scopo fosse produrre metanfetamina o fare soldi. Nessuno dei due. Costruire un impero è il mio scopo.



(Stagione 5, episodio 6, “Buonuscita”)

Per commentare Breaking Bad (2008-2013) c’è anche chi come Movieplayer.it ha scomodato Dostoevskij. Paragone fin troppo lusinghiero ma non inappropriato per Vince Gilligan, autore, regista e produttore della premiatissima serie americana. Va infatti ricordato come anche l’autore di Delitto e castigo (1866) e dei Demoni (1873) fosse una brillante mente criminale prestata alla letteratura — Freud lo evidenziò in Dostoevskij e il parricidio (1927) — che ancora cattura i lettori attorno alle vicende dannate di Raskolnikov e Stavrogin, protagonisti rispettivamente dei due romanzi. Vince Gilligan è riuscito a stregare milioni di fan in tutto il mondo con la discesa agli inferi di Walter White e l’incontro-scontro con la mente luciferina dell’insospettabile Gus Fring. Un indizio, forse non trascurabile, di una parentela con il genio mefistofelico dello scrittore russo.



Padre e marito, Walter White è un insegnante cinquantenne e chimico di valore che si scopre malato di cancro; molto competente, ma con scarsissimo seguito tra i suoi studenti è costretto ad arrotondare il magro stipendio con lavoretti umilianti in un autolavaggio.

Il cancro entra in scena nei primi episodi della serie come fosse un personaggio e ne diventa il motore trainante per le prime due stagioni. Con i giorni contati, angosciato per le sorti economiche della famiglia, White intravvede nella produzione e nello spaccio di metanfetamina l’unica possibilità di riscatto.

Lentamente ma inesorabilmente si trasforma in Heisenberg: il nome di battaglia che indica la sua nuova identità di avido criminale, ispirata a Werner Karl Heisenberg (1901-1976), il fisico tedesco padre della fisica quantistica e del principio di indeterminazione, premio Nobel nel 1932. Heisenberg era rimasto in Germania anche dopo l’avvento del nazismo mettendo la sua scienza al servizio del progetto perverso di Hitler, cosi come White metterà la propria al servizio del progetto criminale che persegue attraverso il suo alias.



Passo dopo passo Heisenberg avrà il completo sopravvento su White, nel frattempo impegnato nell’elaborazione di una coscienziosa morale famigliare il cui asserto fondamentale — lo faccio per la famiglia — ripete continuamente alla moglie Skyler, al giovane complice Jesse Pinkman e soprattutto a se stesso. Milioni di spettatori hanno così assistito alla creazione di ciò che in psicoanalisi si chiama “discorso ufficiale”: il discorso che il soggetto costruisce per giustificare la propria situazione e per alleviare la propria sofferenza. “Il discorso ufficiale” non è un discorso veritativo, ma di pura apparenza che è bene saper riconoscere per non farsi trarre in inganno.

Le cinque stagioni di Breaking Bad sono sotterraneamente collegate tra loro da alcuni flashback del protagonista. I riferimenti al passato sono però scarni e lasciati dal regista volutamente nell’indeterminatezza. Solo pochi minuti dei sessantadue episodi sono dedicati a far conoscere al pubblico Elliot e Gretchen Schwartz, l’amico d’un tempo e la fidanzata con i quali White ha fondato la Grey Matter Technologies, una start-up di successo, destinata a diventare un “impero” economico. White aveva lasciato entrambi all’improvviso, uscendo anche dalla società. Gilligan, che non ama spiegare le sue scelte come regista, lasciando libero il pubblico di simpatizzare per White o per i coniugi Schwartz, non ha mai nascosto che la “svolta dark” del protagonista non andasse ricercata principalmente nella malattia, ma piuttosto nel feroce risentimento di White, dovuto a un senso di inferiorità nei confronti di Gretchen e della sua famiglia. 

Il regista è tornato su questa suggestione a tre anni dalla conclusione della serie in un’intervista all’Huffington Post (Usa, 18 marzo 2016), nella quale ha invitato il pubblico a rivedere con attenzione il sesto episodio della seconda stagione: Vivi libero o muori. In particolare il dialogo tra Gretchen e White, dove lei lo accusa di averla lasciata un 4 luglio di molti anni prima, abbandonando la sua casa e la sua famiglia senza alcuna spiegazione. “La situazione è questa — spiega Gilligan agli attori prima di girare il dialogo —: lui non si è reso conto che la ragazza che sta per sposare è molto benestante e che proviene da una famiglia di spicco. Questa situazione lo stupisce molto, facendolo sentire inferiore. Così White reagisce in maniera eccessiva. In qualche modo molla la presa. (…). Credo che le persone tendano a vedere Gretchen e Elliot come i cattivi della situazione perché sono una coppia ricca e felice e sembra si siano scagliati contro il nostro eroe Walter White. Ma la verità potrebbe non essere così semplice”.

Il motore del racconto diviene l’incomprensibile e immotivata rinuncia che ha modificato per sempre la prospettiva della vita del protagonista. È una scelta sulla quale White fa calare un’impenetrabile censura, che nella serie trova espressione nella quasi totale assenza di informazioni su quel periodo. 

Il sentimento di indegnità che aveva allontanato White dal proprio successo con Gretchen e con Elliot, ritornerà nella sua esistenza — innescato dal cancro — come incoercibile istanza di rivalsa e come collera invidiosa per il destino toccato in sorte ad altri, censurando che lui stesso se ne era distolto con sgomento: è la descrizione (da manuale) della dinamica inconscia che presiede alla formazione del sintomo, che Freud ha chiamato “ritorno del rimosso”. La conferma ci viene dallo stesso White che in un dialogo con Jesse Pinkman (sesto episodio della quinta stagione: Buonuscita) afferma di non essere interessato né al denaro, né alla droga e che il suo vero interesse è costruire un impero. Un progetto criminale nelle pieghe del quale si intravvede il risentimento per “l’impero” della Grey Matter: la vera meta dell’ambizione e del desiderio di White da cui fu separato da un ostacolo impalpabile, proprio quando era a portata di mano.

È il contro-potere invisibile dell’inibizione. Un’impotenza attiva, come volontà che nulla di veramente buono accada, che si esplicita nel potere di negare ciò che si desidera, rinunciandovi. Banalità del male quotidiano. Ma l’uccisione del proprio desiderio, nella storia individuale come nella fiction, non è mai banale: semmai criminale.

L’onore di tirare le somme lo lascio volentieri a Bill Bradley, l’autore dell’intervista scoop a Vince Gilligan, che in modo semplice e brillante così conclude: “Quindi è così Walter White. La ragione per cui hai lasciato la Grey Matter ha a che fare con un complesso di inferiorità. Ammetterlo è il primo passo verso la guarigione”.