Farhad è afgano, ha solo 30 anni, ma negli occhi neri una storia da film, da romanzo, e la Storia del suo paese e di un mondo lacerato. Ex capitano dell’esercito, è il figlio di un importante generale dei mujaheddin, braccio destro del leggendario Massoud, “il leone del Panshir” che ha sconfitto i russi e che ha lottato contro i talebani. Incarcerato, torturato, fuggito rocambolescamente mentre la sua famiglia segretamente sopravviveva sotto la follia del fondamentalismo. Oggi Farhad non fa più il soldato, vive in Italia e lavora come mediatore culturale a Roma, è un rifugiato politico, che ha visto la guerra, la corruzione, la violenza e l’odio insensato. E’ cresciuto in un Afghanistan dove sembrava non esserci futuro, speranza, e che rimane un paese dilaniato dalla guerra e dalla violenza. Proprio in Italia incontra qualcosa che trasforma radicalmente la sua vita, scopre che gli infedeli sanno essere generosi, accoglienti e attraverso la loro compagnia riscopre il suo Dio. “Io ero musulmano come centinaia di milioni di persone, ma ho riconosciuto il vero islam quando sono entrato in dialogo con i cristiani”.



Per raccontare la verità sul suo paese, l’Afghanistan, ha scritto e pubblicato L’ultimo lenzuolo bianco, edito da Guaraldi, un libro duro, scomodo, che ha la prefazione di un grande giornalista, Domenico Quirico. Un libro che grandi editori non hanno voluto pubblicare perché sconvolge per la schiettezza della verità, che non fa comodo alle sottigliezze della diplomazia e del politically correct. Eppure Farhad gira l’Italia tra associazioni, movimenti, scuole, teatri, parrocchie a raccontare la sua storia. Minacciato, condannato da più fatwe come nemico dell’islam dai fanatici, non ha paura perché “chi ha paura non è libero, e io voglio essere un uomo libero. Vengo da un passato dove tutti i giorni  ho visto morti davanti ai miei occhi e il vero Dio mi ha salvato. Se arriverà il momento che qualcuno mi ucciderà ci saranno altre persone che seguiranno la strada che ho tracciato”. 



Nel suo libro racconta atrocità terribili a cui non solo ha assistito ma ha anche partecipato e che rappresentavano le regole di vita di un devoto seguace dell’islam fondamentalista: lapidazioni, torture, divieti. Per alcuni, però. I potenti le trasgredivano senza remore. “Io sono cresciuto nel fondamentalismo, conosco tutti i capi fondamentalisti, conosco i loro figli e gli uomini al potere, con molta sicurezza dico che nessuno di loro segue il vero Dio: sono tutti affaristi che usano il nome di Dio per il loro interesse. Se vivi in mezzo agli animali diventi un animale, ma dico sempre che esiste un Dio che ci ha creato e uno che creiamo noi. La causa delle guerre nel mondo è il dio che creiamo noi. Quando dopo la guerra contro i russi in Afghanistan sono arrivati i mujaheddin, grazie alle potenze internazionali che li hanno finanziati, si sono divisi in tanti gruppi, e ogni gruppo si è creato un dio e hanno cominciato a sottomettere la gente al proprio dio. Questo può succedere nell’islam perché l’islam non ha un riferimento, come per i cristiani è il Papa, e così tu puoi interpretare il Corano come vuoi”. 



“Il Dio che mi avevano insegnato era un Dio per il quale io facevo la giustizia, Dio mi aveva creato per giudicare e punire gli altri: Dio invece mi ha creato per la bellezza del mondo, Dio mi ha creato per percorrere una strada, camminare ed arrivare a lui. Prima del 2008 io ero una persona che odiava, non stringevo neanche la mano di un cristiano, perché per me era un infedele; quando vedevo due ragazzi che si baciavano sputavo e dicevo questi sono infedeli che devono morire, ma l’incontro con piccoli gesti quotidiani, con l’umanità mi hanno spinto a cambiare”.

Lui conosce bene i talebani, sa cos’è lo stravolgimento di una religione che diventa potere oppressivo. “Appena arrivati hanno chiuso le scuole e hanno sottomesso le donne perché sottomettendo le donne colpivi la libertà educativa della mamma sul figlio. Noi da piccoli potevamo andare solo nelle scuole coraniche, dove ci insegnavano che se partecipi ad una lapidazione Dio ti diminuisce i peccati. Allora tutti noi bambini andavamo a vedere questi spettacoli di morte. Io credo profondamente che ognuno di noi nasce con un cuore totalmente bianco. Ma quando nasci in un paese violento, come è avvenuto a me, il tuo cuore diventa nero. Ma il vero Dio lascia un punto bianco nel tuo cuore. Quel punto bianco ti fa chiedere: perché? L’ultima volta che sono andato allo stadio, dove venivano trascinate sempre tante persone che venivano lapidate o alle quali tagliavano teste o mani, un marito ha portato sua moglie perché fosse lapidata come adultera. Aveva due bambine per mano, una di 9 e un’altra di 10 anni, perché voleva che vedessero la lapidazione della loro mamma e questo servisse loro da esempio per il futuro. La mamma sotto il burqa circondata dalle guardie cercava di abbracciare le bambine ma non la lasciavano, e a loro volta le bambine volevano abbracciare la mamma e il padre le tratteneva. In quel momento io non ho pensato alla pietà o alla giustizia, non conoscevo quelle parole, in quel momento mentre vedevo quelle bambine mi hanno ricordato la mia mamma. Per questo dico che ognuno di noi nel proprio cuore ha un punto bianco, e bisogna conoscere e allargare il punto bianco che abbiamo nel cuore. Sono arrivato in Italia pieno di odio, ma piccolissimi gesti quotidiani mi spingevano a domandarmi: perché? Ad esempio nel 2008 durante le vacanze di Pasqua un mio amico mi ha chiesto di essere ospite a casa sua. Io ho pensato: A casa di un cristiano, come posso condividere la vita con un infedele? Eppure sua madre ha apparecchiato e non ha messo vino a tavola per rispetto alla mia religione e ho pensato: perché quest’infedele rispetta la mia religione? Sono rimasto ospite a casa loro dieci giorni e una notte ho avuto la febbre: la madre del mio amico è entrata alle tre del mattino e ha toccato la mia fronte con lo stesso gesto che quando stavo male faceva la mia mamma. Questi piccoli gesti, ogni volta che incontravo il diverso mi aiutavano a riconoscere ancora di più la mia vera fede”. 

E’ proprio in Italia che Farhad legge per la prima volta il Corano. “Ce lo facevano solo leggere in lingua araba, che non è la mia lingua, perché al tempo dei talebani era vietato tradurre il Corano: tu dovevi memorizzarlo in arabo e ascoltare il mullah che ti insegnava. In Italia per la prima volta ho letto il Corano in lingua persiana, e mi sono reso conto che tutto quello che mi avevano insegnato non c’era. Nel Corano è scritto ‘prendere la vita e dare la vita è solo nelle mani di Allah, nessun umano può prendere la vita di un altro uomo, è parola di Allah’ eppure in questo momento tagliano la testa nel nome di Allah. Nel Corano è scritto: ‘non sei musulmano se non credi a quattro libri mandati da Allah’ e fra questi quattro libri c’è la Bibbia. Quindi il rispetto della Bibbia è obbligo per un musulmano”.

Da come racconta il suo paese, in cui si può esser nati e morire senza aver visto la pace, pare che non ci sia speranza per l’Afghanistan, dove dal 1979 ad oggi sono morte tre milioni di persone. “E’ una terra della quale nessuno ha raccontato quello che succedeva veramente. La speranza per l’Afghanistan siamo noi, la speranza sono i piccoli gesti, le persone come me che hanno visto il bello attraverso l’altro. Dobbiamo lavorare sui giovani afghani che saranno una grande speranza per l’Afghanistan”.

Si possono nascondere le responsabilità dell’Occidente in quel pezzo di mondo? “La politica occidentale è sbagliata: ha dato il potere prima ai mujaheddin contro i russi, poi ai talebani contro i mujaheddin e nel 2001 ai mujaheddin contro i talebani. Quella degli americani è stata una falsa liberazione. Quelli che ci raccontavano come buoni hanno ucciso due milioni di persone. Noi abbiamo ministri, parlamentari che sono criminali di guerra. E l’occidente cosa ha fatto? Dal 2002 ha inviato 120 miliardi di dollari all’Afghanistan: più di metà dei soldi sono andati nelle tasche dei fondamentalisti. Facciamo una ricerca sugli appalti e sugli studenti che vengono in Europa: tra di loro non ci sono figli di persone normali, tutti sono figli di potenti. Ma l’Afghanistan strategicamente è un posto importantissimo ed è diventato un campo di gioco per i poteri internazionali, per mostrare la loro forza nella nostra terra, non per la libertà o per la democrazia”.

State attenti, insomma. I fondamentalisti li cercate voi, li allevate voi. “Se guardiamo  agli attentati avvenuti in Europa vediamo che i terroristi erano persone che si drogavano, che non andavano mai in moschea, erano abbandonate, in una società che toglieva il nome di Dio dalla loro vita. Quando uno vive nel nulla per me diventa un fondamentalista”. 

Lo spiega con drammatica limpidezza, Farhad: anziché tirare su muri dovremmo lavorare su chi siamo noi, sulla nostra identità cristiana. “Se voi ci mostrate la vostra identità per noi è più facile riconoscere la nostra. Per questo dico che sono fortunato: perché ho conosciuto tantissimi cristiani e attraverso i cristiani ho riconosciuto la mia identità di musulmano”. 

Sa bene che abbiamo paura, lui che la paura ha dovuto cacciarla via dal cuore, per tropi anni, lui che sa come vincerla: come possiamo vincere la paura di attentati, del terrorismo? “La paura la fomentano purtroppo tantissimo i media. L’Isis non è così grande come immaginiamo, ma ogni anno muoiono decine di migliaia di persone perché abbiamo una politica estera sbagliata, perché noi li finanziamo, perché rispondiamo alla violenza con la violenza. Quanti bombardamenti succedono in quel paese, quante persone innocenti muoiono? Non si può usare la guerra per portare la democrazia. Si deve costruire l’Afghanistan, costruire la Siria, costruire la Libia attraverso gli afghani, attraverso i siriani, i libici”.

Dire la verità brucia, e fa rischiare la vita. Lui sa bene che se torna nel suo paese, dove vivono fratelli che non lo riconoscono, che non vogliono incontrarlo; dove suo padre l’ha rifiutato, l’ha disconosciuto, lo ammazzano appena passato il confine, come traditore dell’islam. Ma non si nega mai la verità. “La verità è il racconto di tutto quello che vedi senza mascherarlo, la verità viene da Dio, il vero Dio che ci aiuta ad arrivare a Lui. La verità è anche il rispetto per l’altro che si ha raccontando quella verità”.

Farhad Bitani domenica 12 febbraio alle ore 12.15 e 20.20 sarà ospite di Soul, su Tv2000 (28 del digitale terrestre, satellite al canale 140 di Sky, piattaforma satellitare TvSat canale 18, streaming www.tv2000.it)