Che la natura sia una nozione, oltre che scientifica, anche metafisica è una verità certamente non nuova: visto che, ad esempio, Immanuel Kant, quando alla fine del XVIII secolo, sostenne che all’idea di mondo non corrispondeva una realtà, aveva comunque in mente (seppur come obiettivo critico) una nozione metafisica di natura. Lo stesso dicasi del capostipite dell’Ottocento filosofico europeo, Friedrich Hegel, il quale, per giustificare la dottrina dell’Idea che diventa Spirito, dovette spiegare che l’Idea, per diventare Spirito, deve prima diventare Natura: a dispetto della lettera maiuscola, in Hegel la natura, essendo ridotta a un momento della vita dello Spirito, perdeva qualsiasi carattere di sostanzialità.  



Tracciare alcune linee guida che, procedendo a ritroso dalla stagione dell’idealismo hegeliano e del razionalismo kantiano, consentano un recupero dell’originaria valenza metafisica della nozione di natura potrebbe risultare quindi decisivo per il pensiero contemporaneo: è quanto si propone di fare il Convegno internazionale di studi sulle “Dimensioni metafisiche della natura”, promosso a Roma dalla Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce, in collaborazione con la statunitense University of Notre Dame (South Bend, Indiana) da giovedì 23 a sabato 25 febbraio. Nella consapevolezza che sono proprio alcuni caratteri assunti dai principali filoni della filosofia odierna a rendere, a volte, urgente un ritorno alla metafisica. Se allora la prospettiva oggi dominante nella riflessione non solo scientifica ma anche filosofica sulla natura privilegia la dimensione epistemologica, il Convegno discuterà le dimensioni metafisiche della natura, attraverso il dialogo tra filosofi di diverse aree e di diverse tradizioni: filosofia della scienza di tradizione analitica, filosofia della mente e filosofia aristotelica e tomista. 



Non va infatti dimenticato che, da Kant e da Hegel in poi, le descrizioni filosofiche della natura non avrebbero saputo fare altro, in nome del presupposto anti-metafisico, che riproporre l’approccio scientifico-sperimentale della prima età moderna, intendendo il mondo come una macchina e, aggiungendo (su suggerimento di Charles Darwin), in evoluzione. 

Ma è altrettanto vero che oggi (soprattutto in filosofia della mente e in ambito bioetico) non risulta affatto facile disfarsi di un approccio metafisico all’essere umano che, ad esempio, non abbia timore a sostenere che il pensiero non può venire spiegato esclusivamente come un fenomeno fisico che accade nel cervello. O che il dinamismo interno della natura non solo non esclude, ma presuppone l’esistenza di una legge naturale, della quale aveva parlato Aristotele e che si sarebbe ritrovata in Tommaso d’Aquino: tutto ciò che esiste si muove e agisce in vista di un fine immanente e non (come sta avvenendo in alcuni sempre più pervasivi aspetti della tecnologia soprattutto virtuale) “imposto” da decisioni esterne. 

I lavori si apriranno giovedì mattina con le relazioni di Enrico Berti (Università di Padova) e di Michel Ghins (Università Cattolica di Lovanio) su Aristotele e di Stephen Brock (Pontificia Università della Santa Croce) su Tommaso d’Aquino, per poi proseguire, nel pomeriggio e il giorno successivo, con la filosofia della mente, la nozione di causa e la questione del realismo. Il tutto si concluderà, nella mattinata di sabato, con il workshop in inglese sulla questione dell’ilemorfismo: Hylomorphism: Classical and Contemporary Views.