I Fiori del male” di Charles Baudelaire sono stati deturpati il 20 agosto 1857, quando sono state censurate sei liriche delle tredici incriminate. Il poeta fu condannato, inoltre, a pagare un’ammenda di 300 franchi per aver oltraggiato la morale pubblica, la religione e i buoni costumi: secondo il procuratore imperiale della Senna Ernest Pinard, l’opera in questione portava «all’eccitazione dei sensi». Le carte inedite di quel processo sono state pubblicate da Il Fatto Quotidiano, che ha ricostruito la vicenda. I guai per Baudelaire cominciano dopo la pubblicazione del volume: comincia, infatti, una campagna denigratoria da parte dei giornali conservatori, che mettono in dubbio anche lo stato mentale del poeta. «Qui l’odioso rasenta l’ignobile, il ripugnante va a braccetto con il fetido», scrive ad esempio Le Figaro. L’editore allora decide di ritirare le copie dalle librerie e i due articoli che d’Aurevilly e Asselineau avevano scritto in difesa dell’opera. Il primo aveva definito «incontestabile» il talento del poeta, i cui versi vengono paragonati a quelli di Dante: l’opera di quest’ultimo «viene dall’inferno, mentre quella di Baudelaire ci va». I contemporanei, però, sono sconcertati dallo spirito tormentato del poeta, che ha saputo esprimere nelle sue poesie la sensazione dell’abisso che ha sempre avuto. Il processo e la condanna vennero considerati da Baudelaire un «malinteso molto strano»: il poeta non solo si aspettava l’assoluzione, ma avrebbe voluto anche le scuse per la mutilazione de “I Fiori del male“. Il fedele Asselineau comunque nella biografia postuma riscriverà la difesa, con cui consiglia anche di non scoraggiare i poeti: «Ne avete uno, state attenti a non umiliarlo». Le liriche censurate vennero reintegrate solo nella terza edizione de I Fiori del Male, un anno dopo la morte di Baudelaire. La condanna venne annullata nel 1949 su istanza della “Socie´te´ de gens des lettres”. Interessante la difesa di Baudelaire: «Il Libro deve essere giudicato nel suo insieme, solo così se ne può trarre una terribile moralita`», scrisse il poeta, il cui «unico torto è stato di fare affidamento all’intelligenza universale, e di non progettare una prefazione in cui avrei posto i miei principi letterari e fatto luce sulla questione così importante della Morale». Baudelaire ha poi spiegato che la scelta di fissare un costo elevato per l’acquisto dell’opera aveva un obiettivo ben preciso: «Ciò è già una garanzia importante, che attesta che non mi rivolgo alla folla». E poi un interrogativo: «Da circa trent’anni, la letteratura ha assunto una tale libertà che di colpo si vuole punire in me. È giusto questo?»



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