Il lungo post di Mark Zuckerberg su Facebook del 16 febbraio scorso è interessante per capire quale direzione sta imboccando il mondo. È stato ovviamente ripreso anche dalla stampa e più di un commentatore vi ha letto una sorta di manifesto politico, in funzione di una probabile futura candidatura. Tuttavia, non sono convinto che tale interpretazione ne colga a fondo il significato, rappresentato, a mio avviso, dalla domanda assai semplice che l’autore si pone all’inizio del post. Nel mondo interconnesso dei (dai) social media si discute di prodotti, di affari, di tante cose, senza però affrontare la questione principale: stiamo costruendo il mondo che noi tutti vogliamo? — “are we building the world we all wont?“
Il Mondo senza frontiere generato dai social media si autogenera; e questo enorme potere, di cui Zuckerberg è consapevole, detterà il passo verso nuovi orizzonti: “Ciò che non posso creare, non lo posso capire” diceva Richard Feynman, Premio Nobel per la fisica nel 1965.
Il post si sviluppa prendendo in considerazione cinque aree tematiche relative alla formazione di comunità solidali, sicure, informate, politicamente impegnate ed inclusive.
Senza entrare troppo nel dettaglio, mi soffermerei brevemente su due aree, quelle relative all’informazione e alla politica, ispirate certamente dalle recenti elezioni americane.
Come costruire una comunità ben informata (“informed community“)? Moltiplicare i punti di vista — dice Zuckerberg — porta in ogni caso ad un arricchimento sicuro, a condizione di mitigare il sensazionalismo al quale si è spesso portati nell’ambito dei social media. L’obiettivo è quello di formare un quadro complessivo delle vicende analizzate, componendo i diversi punti di vista per evitare ogni tipo di estremismo, che impedisce di avere un impatto positivo sul mondo. Il controllo degli estremismi potrà essere agevolato dall’uso dell’Intelligenza Artificiale, che, raffinando progressivamente la capacità di comprendere il materiale pubblicato, sarà in grado di intercettare, ad esempio, espressioni di violenza e di odio. Data la potenzialità intrinseca dei (social) media che, come molto acutamente aveva notato McLuhan fin dagli anni Cinquanta, sono essi stessi il messaggio, non sorprende che non affiori mai il termine verità: è qui semplicemente scomparso il nesso tra informazione e ricerca della verità, quella signora “decisamente invecchiata” per dirla con il filosofo Carlo Sini. Per questo il confine tra “bufale”, satira e opinioni è spesso labile, come Zuckerberg non manca di sottolineare.
Anche la visione della comunità politica è interessante. Zuckerberg distingue due compiti dei social media: il primo è di risvegliare, diciamo, la coscienza civica intervenendo sugli attuali processi politici: stimolo al dibattito, al voto, alle elezioni, ecc., vincendo l’ormai palese riluttanza dell’uomo contemporaneo agli affari politici, come dimostra il fatto che soltanto la metà dei cittadini americani con diritto di voto ha partecipato alle elezioni.
Tuttavia, l’impatto più dirompente è quello di creare processi che consentano di partecipare direttamente in tempo reale e senza soluzione di continuità alla formazione delle decisioni politiche: in una comunità politica globale il concetto stesso di rappresentanza si trasferisce sul piano virtuale, diventando individualistico, senza legami fisici con la comunità locale e minacciando l’esistenza di strutture parlamentari ed elezioni politiche, come l’avvento del bitcoin, la moneta virtuale, potrebbe minacciare in futuro l’esistenza degli istituti centrali.
Potrà la globalizzazione, di cui i social media sono alfieri per definizione, essere veramente inclusiva di tutti, obiettivo dichiarato da Zuckerberg? Tanto sarà affidato all’intelligenza artificiale, che svolgerà un ruolo cruciale anche per la sicurezza delle persone, consentendo di comprendere meglio la vita delle comunità e prevenire rischi (come la “precrimine” del film Minority Report). Non saprei; finora abbiamo visto più disparità che altro e il proliferare di populismi in tutto il mondo ne è un po’ la conferma. Certo, è impossibile andare contro la storia.